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Bambino operato dal padre per una peritonite grave a Imperia senza dover essere trasferito al Gaslini

26 settembre 2015 | 19:00
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Bambino operato dal padre per una peritonite grave a Imperia senza dover essere trasferito al Gaslini

Necessario rivedere l’assistenza per gli adolescenti per evitare costi e disagi per i loro genitori

Imperia. Domenica scorsa gli avevano diagnosticato una peritonite grave da appendicite acuta e il papà chirurgo dell’ospedale di Imperia lo ha dovuto operare d’urgenza senza alcuna esitazione.  L’operazione è andata bene e da venerdì Michele, 12 anni, è a casa.

Questa è la storia di un bambino che, trovandosi in una situazione di maggiore fortuna, ha potuto essere curato vicino a casa per una patologia grave ma comune,  mentre chiunque altro avrebbe dovuto rivolgersi al Gaslini di Genova ad oltre cento chilometri di distanza con disagi e costi non indifferenti per tutta la sua famiglia. Tutto questo senza contare il fatto che non è assolutamente detto che in quell’ospedale sarebbe stato operato da un chirurgo con maggiore esperienza.

Il papà chirurgo, in servizio all’ospedale di Imperia, ha ritenuto in scienza e coscienza di poterlo operare  perché in sala operatoria non manca nulla sia dal punto di vista della struttura,  delle professionalità,  soprattutto degli anestesisti che lavorano al suo fianco  e dell’apporto umano che è fondamentale nell’ambiente ospedaliero,  ancora di più quando si parla di bambini.

Va anche detto che qui nell’Imperiese i è deciso di non trattare più i bambini per patologie comuni come l’appendicite acuta.  E così tutti i bambini della provincia di imperia devono rivolgersi altrove per ricevere le cure che potrebbero ricevere a casa loro con tutti gli standard di cura adeguati. A Imperia fino appunto ad alcuni anni fa,  i bambini al di sopra della prima infanzia (8-9 anni) sono sempre stati operati nell’ambito di un ottimo rapporto di collaborazione con il reparto di Pediatria, che tra l’altro da quando non si operano più i bambini, ha avuto un netto calo del numero di ricoveri con lo spauracchio che il reparto possa essere chiuso da un giorno all’altro.

Vero anche che, nonostante il “divieto” di operare i bambini, tuttavia oggi le emergenze intrasportabili devono essere comunque trattate nei nostri presidi (pur non facendo più la routine) e questo significa una certa perdita in “abitudini” da parte di tutti gli operatori che devono comunque garantire il massimo. Forse sarebbe necessario rivedere i piani operativi per fornire una adeguata assistenza anche agli adolescenti. Viceversa i loro genitori saranno sempre costretti a sostenere costi rilevanti per soggiornare vicino ai loro figli in ospedali a centinaia di chilometri di distanza.