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Due giorni in galera ingiustamente, l’imperiese Vincenza Piccinini: “Un incubo che non auguro a nessuno”

12 agosto 2015 | 18:56
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Due giorni in galera ingiustamente, l’imperiese Vincenza Piccinini: “Un incubo che non auguro a nessuno”

Detenuta in cella con una donna accusata di estorsione, libera dopo 48 ore. Un trauma difficile da superare

Imperia. E’ la mattina del 16 aprile scorso. Alle 11 due agenti si presentano nel negozio di Vincenza Piccinini e si chiudono la porta alle spalle. In  mano hanno un mandato d’arresto con il suo nome scritto sopra.

E’ l’inizio di una odissea che la segnerà per tutta la vita. Vincenza Piccinini per due giorni è rimasta in carcere a Pontedecimo e quelle 48 ore l’hanno traumatizzata.“Ingiustamente”, dice il suo avvocato Mario Leone che ha chiesto un risarcimento di 50 mila euro anche per i danni psicologici subiti.

“Mi chiamo Vincenza Piccinini, ho 33 anni, vivo col mio compagno e sono incensurata – lo dice sottolineandolo più volte accettando di parlare col cronista di Riviera24 – Mi hanno sbattuta in galera senza motivo e forse questo pasticcio si poteva evitare. Un dramma per me e la mia famiglia che non auguro a nessuno e che vivo sullo mia pelle come un incubo”. Il racconto della commerciante onegliese è degno di una storia da libro.

Riavvolgiamo il nastro. Che cosa è successo quella mattina? “Dalle 11 alle 13,30 sono rimasta chiusa in negozio. Quei poliziotti mi facevano domande, tante domande. Mi tremavano le gambe. Ho potuto chiamare il mio avvocato solo in tarda mattinata quando in tribunale non era più possibile fare nulla, altrimenti tutta questa faccenda avrebbe preso una piega diversa e invece mi è crollato il mondo addosso”.

Fino alle 19,30 del 16 aprile è rimasta negli uffici della questura quindi? “Anche nel pomeriggio, mentre sbrigavano le ultime pratiche, mi hanno fatto domande. Poi mi hanno trasferita in auto a Pontedecimo in carcere – continua il racconto la commerciante – La prima notte l’ho trascorsa in isolamento. Era buia ed avevo un gran freddo. Ho chiesto una coperta visto che la roba che mi ero portata da casa è rimasta nella guardiola”.

Come ha trascorso quella prima notte? “Non ho chiuso un occhio e non ho mangiato. Pensavo e ripensavo al perché ero finita dentro. La mattina dopo mi hanno portato da mangiare, ma ho rifiutato il cibo. Non avevo fame. Mi hanno dato delle gocce per tranquillizzarmi e sono stata trasferita al piano superiore. Sono finita in una cella dove c’era una donna di Genova detenuta per estorsione”.

Di che cosa avete parlato? “Mi ha raccontato tutta la sua vita. Io ho evitato di raccontare la mia. Ero ancora sotto choc, avevo paura anche di lei e quella notte non ho né dormito né mangiato. Alle 11 di sabato mattina una guardia del carcere arriva e la cella si apre: ero libera e potevo tornare a casa”.

Quando la commerciante onegliese è uscita dal penitenziario femminile non le sembrava vero: “Assaporavo il profumo della libertà a pieni polmoni sapendo che non avevo fatto male a nessuno. Ho camminato tantissimo. Poi, in treno, ho raggiunto Genova e Savona. Lì è venuto il mio compagno e sono potuta tornare a casa”.

La settimana dopo il suo negozio di telefonia è rimasto con la saracinesca abbassata perché? “Non avevo voglia di incontrare nessuno. Ero ancora traumatizzata per quello che era successo. Non avevo la forza di reagire e mi sono messa nel mani del mio avvocato Mario Leone che ringrazio per la sua professionalità e pazienza. E’ stata dura, difficile. Ma grazie all’amore del mio compagno, della mia famiglia e di quegli amici che sapevano del grosso equivoco, ho ripreso  lavorare. Prima due giorni, poi tre giorni la settimana. Dovevo fare qualcosa altrimenti impazzivo”.

Lei, che non aveva mai conosciuto il carcere e che non augura a nessuno quella esperienza ora vive con un trauma che spesso non la fa dormire. Come trascorre le sue giornate? “Sono in cura da uno psicologo dell’Asl. Ogni giovedì vado nel suo studio a Diano Marina. Farmaci e pazienza, tanta pazienza mi aiuteranno, spero, a riprendermi la vita che si era spenta quella mattina del 16 aprile scorso”.

Rimpianti? “Nessuno, la giustizia farà il suo corso. Tanti mi hanno criticata, ma tanti mi hanno sostenuta in questa battaglia per la verità. A tutto il resto ci penserà l’avvocato Leone”.

E proprio pochi giorni fa il suo legale ha avanzato una richiesta danni al ministero di Giustizia per un importo di 50.000 euro per ingiusta detenzione. “Il danno – precisa il legale – è stato calcolato non solo per l’ingiusta detenzione, ma anche per le conseguenze psicofisiche subite dalla mia assistita”  

La richiesta è stata depositata presso la Corte d’Appello di Genova che ora dovrà decidere se accogliere o meno la richiesta di risarcimento del danno.

LA VICENDA. Tutto comincia lo scorso ottobre quando il tribunale condanna la donna, difesa dall’avvocato Mario Leone, a 3 anni di carcere per una vicenda di ricettazione risalente al 2006 di un telefono che aveva preso da un albanese arrivato nel suo negozio a Oneglia.

Il giudice si riserva sessanta giorni per il deposito della sentenza. Che arriva a dicembre, ma viene materialmente iscritta nella banca dati a gennaio. Non viene inviata alcuna comunicazione all’avvocato difensore della commerciante che avrebbe potuto presentare ricorso in appello.

Un bel giorno e siamo ad aprile alla porta del negozio della commerciante bussano i poliziotti. In mano hanno un ordine di carcerazione. La sentenza era passata in giudicato e per lei si profila un lungo periodo di detenzione. L’avvocato però si accorge del pasticcio e dopo due giorni in galera, era la prima volta che la commerciante finiva dietro le sbarre, é riuscito a dimostrare che era stata vittima di un clamoroso errore giudiziario. La donna viene scarcerata.

Era stato il pm Lorenzo Fornace a sottoscrivere il provvedimento di carcerazione sulla base dei documenti trasmessi dalla cancelleria penale, ma si è subito reso conto della gravità della situazione.

“Si è quindi provveduto a richiedere al giudice dell’esecuzione Domenico Varalli l’immediata scarcerazione stante l’omessa comunicazione da parte della cancelleria penale del tribunale di Imperia dell’avvenuto deposito della sentenza –aveva sottolineato l’avvocato Leone – tra l’altro lo stesso magistrato ha disposto, ravvisando la possibile fondatezza del ricorso del difensore, la remissione in libertà fissando l’udienza per la discussione che si é svolta questa mattina dandomi ragione”.

E’ stata quindi scritta la parola fine a questo grave errore giudiziario anche grazie all’intervento del presidente del tribunale Donatella Aschero.

Probabile che venga avviata anche un’inchiesta interna. Nel frattempo l’avvocato della commerciante ha giá annunciato che ricorrerá in Appello ora che la sentenza é stata registrata e chiederá pure i danni al Ministero della Giustizia per i due giorni che la sua assistita ha trascorso in carcere.