Noi sappiamo che il Signore ha un progetto unico per ognuno, ma siamo anche consapevoli che a noi, come Chiesa, è affidata la responsabilità e la gioia di un annuncio che ha cambiato la nostra vita
Questa mattina al campo, durante una riflessione dedicata al tema della fede (che nasce dal l’ascolto e dalla preghiera; “I cinque chicchi di riso di Madre Teresa di Calcutta”) una simpatica undicenne mi ha stupito quando ha raccontato che si è posta questo interrogativo: “Perché esistiamo?”
La risposta è molto al di là delle mie competenze…
Ma la domanda, posta con serietà e senza ansia, rivela che nell’animo dei nostri adolescenti è presente molto di più di quello che a volte pensiamo.
Vorrei partire da qui.
Dalla scoperta che non ci sono discorsi da grandi e chiacchiere da bambini: ogni età, infatti, si porta dietro un bagaglio di interrogativi che si assomigliano anche se forse li poniamo in modo diverso. Quello che conta però è proprio il fatto che ci interroghiamo, in qualunque epoca del vivere, sul senso della nostra avventura nel mondo.
Un educatore, un genitore non ha risposte, ma può dire, con la propria vita, con le scelte e gli atteggiamenti che assume, quale risposta ha dato alle domande fondamentali che il cuore gli pone. Ma non sempre siamo consapevoli di questo.
Eravamo partiti, all’inizio del percorso di questa rubrica, con l’affermazione che l’uomo è domanda; grido levato al cielo che chiede risposte capaci di dare un senso ai destini troppo spesso tragicamente incomprensibili di tanti esseri umani.
Dobbiamo anche riconoscere, al contrario, che la sazia banalità di un’esistenza comodamente ripiegata su se stessa ci porta a pensare (o fingere) che questi interrogativi siano eludibili, che si possa anche non rispondere. Lo stordimento del benessere rende sordo il cuore dell’uomo non solo sulla drammaticità del mondo, ma anche sulla propria sorte.
Ci sono però occasioni nelle quali, per motivi diversi, la domanda riemerge dal profondo e ci interpella con tutta la sua forza.
Il campo, così come ogni esperienza nella quale riusciamo a recuperare un tempo di silenzio e di ascolto (di preghiera, appunto), ci permette di rientrare in noi stessi e di porci con verità in ascolto del nostro io più profondo.
Per coloro che hanno ancora da compiere le scelte fondamentali della vita, per i giovani in primo luogo, diventa un’esigenza fondamentale trovare momenti nei quali, guidati da persone serie e responsabili, recuperare una dimensione imprescindibile come quella del silenzio.
Momento non di vuoto e di annullamento che li porti a “perdersi” in qualche improbabile paradiso new age, ma luogo della scoperta della propria irripetibile individualità, nel quale si realizza una chiamata personale alla vita alla quale dobbiamo dare risposta singolarmente.
Concludo rilanciando questo interrogativo a coloro che hanno a cuore l’educazione dei nostri giovani ed adolescenti.
Noi sappiamo che il Signore ha un progetto unico per ognuno, ma siamo anche consapevoli che a noi, come Chiesa, è affidata la responsabilità e la gioia di un annuncio che ha cambiato la nostra vita.
L’incontro con Gesù ci spinge a testimoniare che solo in Lui troviamo la risposta a tutti i nostri interrogativi. Siamo cercatori di Dio, perché Lui stesso ha messo nel nostro cuore quella nostalgia che, nel silenzio della sera stellata, ci spinge a cercarlo, a desideralo e ad amarlo come Lui ci ama.
E la sera di Ciai Prai, sotto lo sguardo del Marguareis, davvero è qualcosa di speciale. In questi momenti non mi riesce di fare domande, né di aspettare risposte. Mi viene solo da pensare un grande: “Grazie!”.
(di Nuccio Garibaldi)