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Giovani chi cercate? – Mendatica: una periferia da imitare

22 luglio 2015 | 11:09
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Giovani chi cercate? – Mendatica: una periferia da imitare

Anche noi facciamoci periferia e decentriamoci da noi stessi, per fare di Cristo il cuore del mondo

L’esortazione di Papa Francesco a frequentare le “periferie” del mondo e della vita ha accompagnato la riflessione di queste settimane per motivi diversi che ora cerco di raccontare. Mi è infatti sembrato significativo collegare gli stimoli della Evangelii Gaudium a quello che sto vivendo nei giorni nella mia esperienza legata ai campi estivi.

In primo luogo credo che sia importante comprendere come tutta la pastorale giovanile ed anche la formazione dei fanciulli e degli adolescenti sia davvero una realtà che si rivolge e si realizza in una delle “periferie” più significative ed importanti del nostro tempo, nelle quali si decide il futuro della società e della Chiesa.
Il sistema politico ed economico infatti guarda al mondo giovanile in termini spesso puramente utilitaristici. Un esempio classico è quello della pubblicità rivolta ai fanciulli durante la programmazione televisiva che cerca di condizionarne le scelte relative agli acquisti. Pratica aberrante che però produce una rendita economica davanti alla quale si tace meschinamente; tutto ha un prezzo e quindi si può svendere anche l’indifesa capacità critica dei nostri figli ai signori del mercato. Bollino rosso fuoco!
Un altro può essere l’atteggiamento della classe politica nei confronti delle politiche scolastiche e familiari oppure di quelle relative ad una emergenza lavorativa che esclude i giovani dalla possibilità di occupazione e quindi nega loro il diritto ad avere un futuro.
Potremmo andare avanti e credo che ognuno abbia presenti molti aspetti criticabili al riguardo.
La Chiesa considera suo diritto e dovere prendersi cura della formazione dell’uomo ed in particolare dei giovani per aiutarli a maturare una scelta di fede che deriva dalla missione ricevuta dallo stesso Gesù. Proprio per questo anche durante l’estate non si va in vacanza e si cerca di offrire opportunità diverse di formazione; così i Campi, gli oratori, i Grest e altre iniziative rivelano che “ci sta a cuore” accompagnare la crescita dei giovani.

L’educazione alla vita e alla fede non conosce pause soprattutto in un’epoca complessa come la nostra, nella quale le famiglie non hanno il tempo, gli strumenti e le risorse per affrontare un problema di questo genere.
I giovani sono quindi a tutti gli effetti una delle periferie verso le quali dobbiamo rivolgere la nostra attenzione. Anche se i risultati sembrano pochi e la fatica tanta non possiamo esimerci da questa responsabilità, ancora più oggi, in un tempo nel quale tutti sono pronti a richiamare le responsabilità degli altri e a non assumersi le proprie. Noi non vogliamo farlo e questo comando non ci compete in base ad una legge o ad uno stipendio: ma viene da Dio stesso.

In secondo luogo mi accade molto spesso di pensare che la stessa Chiesa, liberandosi sempre più di quegli atteggiamenti legati al potere ed alle posizione di privilegio, deve imparare ad avere uno sguardo diverso su se stessa.

Noi infatti siamo da sempre una delle periferie del mondo. Periferia era Nazareth (disprezzata già ai suoi tempi), come periferia era la terra nella quale visse e morì Gesù.
Coloro che lo hanno accolto sono tutti personaggi minori, “periferici”, divenuti grandi per la loro umiltà, iniziando dalla Vergine Maria, una ragazza “qualunque”, povera e semplice, ma prima dei credenti e Madre di tutti noi.
Allora dobbiamo essere capaci di purificare i nostri atteggiamenti e la stessa visione che possiamo avere della Chiesa: che non è luogo di potere ma comunità di servizio che vive della legge dell’amore. “Nessun potente secondo la carne”, piuttosto Popolo che attende dal suo Signore una liberazione da tutti quegli idoli che ancora popolano il nostro tempo e la nostra vita e ci fanno rimpiangere le “cipolle d’Egitto”.
Riscoprire che siamo “periferici” rispetto al mondo significa anche scoprire e rifiutare quelle strutture di peccato che offuscano il volto della Chiesa e, peggio, nascondono il volto del Redentore.

Infine vorrei parlare di Mendatica, di questo piccolo comune nel quale siamo ospitati. Perché ho scoperto una comunità che, anche nelle tante difficoltà di una politica molto disattenta alle “periferie”, continua a testimoniare una ricchezza che non si misura in denaro, ma in valori umani.
Vedere gli amministratori, i giovani e tutta la popolazione impegnata a dare lustro a questo paese davvero piccolo (elettoralmente…), ma grande umanamente riempie il cuore di speranza.
Tutte le mattine, scendendo in paese per la spesa, incontriamo il Sindaco che organizza il lavoro quotidiano; vediamo, gli operai, i giovani (anche una ragazza straordinariamente “bella”, armata del suo decespugliatore) che partono per lo sfalcio dei chilometrici sentieri del comune (che arriva fino a Monesi, per intenderci). Parliamo con gli anziani, borsa della spesa in mano, che aspettano come noi che apra la bottega del paese e scopriamo l’orgoglio di sentirsi figli di una terra impegnata a conservare una tradizione che un mondo distratto ed arrogante cerca di uccidere. Parole grosse, ma vere.
Perché l’attenzione alle periferie non è dovere solo della Chiesa, ma anche del “potere” troppo spesso capace solo di fare i conti col pallottoliere in una fredda e asettica contabilità dare/avere.
Così si tagliano i fondi, i servizi, si accorpano i comuni col rischio di stravolgere la loro identità; tutto per motivi puramente economici, ma con una miopia che rasenta la follia.
Sembra che solo le città, la costa, i luoghi che “rendono” abbiano il diritto di sopravvivere. Soltanto chi produce reddito può andare avanti: una sorta di eutanasia silenziosa e sbagliata.
Perché è vero che i paesi di montagna non producono tanto reddito, anche se questo non è completamente vero nei confronti di località che, come Mendatica, hanno saputo creare un indotto legato al turismo ed alla valorizzazione dei prodotti tipici di questa terra. Ma è anche assolutamente certo che questi boschi “improduttivi” economicamente producono l’ossigeno che noi cittadini respiriamo (e inquiniamo) e in queste vallate scorre l’acqua che beviamo.
Soprattutto è vero che in questa terra di periferia dimenticata e bistrattata vivono uomini e donne che diventano segno di un legame con un territorio non ancora devastato dal “progresso”, impegnati con coraggio a difendere la loro periferia da coloro che – presuntuosamente – ritengono di essere il “centro” del mondo.

Anche noi, allora, facciamoci periferia e decentriamoci da noi stessi, per fare di Cristo il cuore del mondo.

(di Nuccio Garibaldi)