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Giovani chi cercate? – Il mondo è diventato un “villaggio globale”

24 giugno 2015 | 11:07
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Giovani chi cercate? – Il mondo è diventato un “villaggio globale”

La preghiera è l’alimento della nostra vita e del nostro agire. Se però il nostro agire non può diventare preghiera qualcosa non funziona nella nostra esperienza spirituale

Anche in questi giorni, come sempre, l’attualità incalza con tante notizie diverse che ci interpellano a dare un giudizio e, eventualmente, a comportarci di conseguenza. Alcuni avvenimenti ci toccano più da vicino, sia perché riguardano la nostra vita, o perché coinvolgono la nostra terra. Penso al dramma dei rifugiati a Ventimiglia, o ai nostri problemi legati al lavoro, alla salute, alla scuola o alla famiglia.

Inoltre molti altri problemi che, considerati in modo distratto, sembrano non appartenerci, anche se in fondo non è davvero così: la crisi greca, ad esempio, non tocca solo Atene o quell’Europa che sentiamo spesso lontana. Oppure ancora, ad esempio, la guerra e l’instabilità di tanta parte del continente africano che, credo lo abbiamo ormai capito, ci riguarda da vicino.

Oggi la riflessione che vorrei fare non è solo legata alla consapevolezza che il mondo è diventato un “villaggio globale”, quanto piuttosto al modo in cui reagiamo di fronte a queste situazioni ed ai diversi avvenimenti.

Per formazione ed anche per cultura siamo portati a cercare di capire quello che accade intorno a noi e, subito dopo, a reagire per organizzare una risposta volta ad affrontare e risolvere il problema. Un atteggiamento naturale al quale ci ha abituati la nostra educazione e ancora di più la società complessa nella quale viviamo che richiede, o costringe, ad essere operativi, efficienti e molto concreti.
Giusto che sia così. Umanamente è giusto. Certo occorre prima riflettere, cercare la strada migliore per risolvere la situazione che abbiamo da affrontare e poi, eventualmente, dopo, valutare quello che si è fatto.

Ma al cristiano è chiesto un comportamento che dica la sua “differenza” e la sua specificità. Infatti per il discepolo il fare viene dopo l’essere (e così dovrebbe essere per ogni uomo). Il fare è anzi radicato e trova il suo senso vero e pieno solo se si fissa saldamente in quella Verità che è Dio stesso.

Il nostro agire deve allora avere come modello lo stesso Gesù. Perché il cristiano sa dove sta andando e come deve comportarsi. Nel viaggio della vita conosce la direzione da prendere, non gira a vuoto come una trottola impazzita. Lo sa perché si alimenta e si lascia guidare dalla Parola che è lampada per i suoi passi.
Ecco quale è lo specifico del battezzato: leggere la realtà con gli occhi di Cristo.
Questo atteggiamento specifico è la preghiera, il “luogo” del dialogo, meglio sarebbe dire dell’ascolto, con Dio.

La preghiera allora diventa il momento fondante di ogni nostro agire. Non solo perché dovrebbe venire prima di ogni cosa, ma perché la nostra stessa vita dovrebbe essere sempre preghiera .
Ricordiamo l’appello di San Paolo ai Tessalonicesi: ” Pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie; questa infatti è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito”. (1 Ts 5, 17-19)

Sembra impossibile poter pregare sempre. Ma noi abbiamo il limite grande di credere che la preghiera sia legata solo a determinati momenti e condizioni. Non è così. La preghiera è l’alimento della nostra vita e del nostro agire. Se però il nostro agire non può diventare preghiera qualcosa non funziona nella nostra esperienza spirituale. Perché tutta la nostra esistenza diventa preghiera solo quando ci affidiamo totalmente a Gesù. Dobbiamo infatti smettere di pensare che a Dio si possa dare solo un poco della nostra vita, qualche ora di preghiera o scampoli del nostro impegno.
Lui vuole tutto!

E saremo liberi solo quando saremo capaci di darGli tutto. Perché dentro di noi avvertiamo quella nostalgia, quel “gemito inesprimibile” che dice la sete di Assoluto che appartiene ad ogni uomo, ad ogni donna. Accogliere questo discreto e profondo richiamo cambia la nostra vita. La trasforma in un continuo rendimento di grazie perché ci insegna a vivere sempre alla sua Presenza.

Non sarà allora impossibile affrontare le diverse vicende che incontreremo nel nostro cammino quotidiano; riconoscere in ogni persona incontrata un fratello e una sorella in Cristo.
Leggere in qualunque avvenimento, anche il più drammatico, il segno del Mistero di un Dio che si fa prossimo per amore e mi chiede di fare altrettanto.

“Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori ed i vostri pensieri in Cristo Gesù”. (Filippesi 4, 5-7)

(di Nuccio Garibaldi)