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Giovani chi cercate? – I giovani e la politica. Una riflessione dopo le elezioni

3 giugno 2015 | 09:39
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Giovani chi cercate? – I giovani e la politica. Una riflessione dopo le elezioni

La Chiesa non è un partito politico e non si riconosce in un gruppo particolare. Ma la Chiesa “fa politica” perché ha il dovere di essere lievito nella società

La recente tornata elettorale che ha interessato la nostra regione è stata occasione per conoscere il rapporto che i giovani hanno ormai sviluppato con la politica. Naturalmente non è possibile “spiegare” il risultato del voto a partire da questa breve ed insufficiente analisi, fatta da chi non è competente in materia. Ma le domande che mi sono posto possono suscitare alcune riflessioni che lascio ai miei lettori.

Innanzitutto mi ha stupito la profonda disinformazione sui programmi dei partiti che accomuna in realtà tutti gli elettori. Questo per dire che se una volta si votava solo in base alle ideologie, ora è difficile comprendere in base a cosa si vada alle urne. Forse le ideologie ci sono ancora ma sono legate alle figure rappresentative che emergono tra la classe politica.

La società è cambiata, sono finite appunto le ideologie ed ora le scelte si dirigono verso il leader nel quale ci riconosciamo. Ma a livello amministrativo questo non sembra l’atteggiamento giusto, visto che stiamo votando per un territorio con caratteristiche particolari a volte non uniformabili a quelle nazionali.

Una questione diversa riguarda il modo in cui esprimere la rappresentatività; in un mondo che non si riconosce più in un “sistema” coerente ed uniforme, anche per quanto riguarda la politica, come per la vita, siamo diventati – uso volutamente un termine difficile – un po’ sincretisti; mettiamo insieme tutto ed il contrario di tutto.

Quando allora si va a votare diventa difficile riconoscersi in un gruppo specifico, in un partito. I partiti politici mantengono certo ancora il loro, sebbene ristretto, “zoccolo duro”, ma anche al loro interno la litigiosità si sviluppa non a partire da visioni diverse, ma si condensa intorno a figure più o meno carismatiche.

Ancora un aspetto. Il fenomeno dell’astensionismo dice quanto la politica sia sentita lontana dalla gente comune. Resta da capire se il non-voto sia frutto di stanchezza o di protesta. Non rappresenta comunque un fatto positivo.

Infine il successo a livello di percentuali, se non di potere amministrativo, da parte di chi fa politica parlando alla “pancia” della gente. Gruppi che raccolgono anch’essi un voto che testimonia una forma di protesta verso un sistema che non risponde a quelle che sono le problematiche più sentite. Resta poi da vedere se siano davvero quelle più importanti, poiché sappiamo quanto i media siano capaci di influenzare la nostra percezione della realtà.

A partire da questa analisi e dal confronto di questi giorni con tanti ragazzi, mi sentirei di lanciare qualche stimolo. Magari per discuterne insieme, se volete.

Da anni andiamo dicendo che i giovani preferiscono impegnarsi nel sociale, mentre rifiutano di impegnarsi in politica. Non è vero. Alcuni gruppi politici hanno una grande presenza di giovani all’interno. Non come è successo in altri paesi, penso alla Spagna ed alla Grecia, ad esempio; ma non si può negare che nei gruppi dei grillini ci siano molti giovani. Forse anche in altri movimenti e partiti.

I partiti, così si dice, sono morti. Ma oltre i partiti resta solo la strada dell’uomo “forte”nel quale riconoscersi ed attorno al quale costruire il consenso. Quanto questo sia lontano dalla democrazia può essere argomento di discussione. I giovani inoltre sentono il bisogno ed il desiderio di aggregazione. Lo fanno con quella caratteristica che è loro propria: l’entusiasmo. Questo li porta a sposare le idee di chi esprime una protesta giustificatissima nella sostanza, ma magari spesso sbagliata nei toni ed un tantino semplicistica nel proporre soluzioni che non si calano nella realtà (vedi il caso Grecia).

Lo stesso astensionismo non è un atteggiamento solo dei giovani. Molti sono gli adulti che hanno dato, da anni, le “dimissioni” dall’impegno elettorale e da qualunque interesse politico che vada oltre la critica di tutto sempre e comunque. Forse non sono solo i giovani a disinteressarsi della cosa pubblica, ma una bella fetta di cittadini di ogni classe di età.

Infine, da cristiano, cerco di pormi una domanda ulteriore.
La Chiesa non è un partito politico e non si riconosce in un gruppo particolare. Ma la Chiesa “fa politica” perché ha il dovere di essere lievito nella società e sente la responsabilità di aiutare l’uomo a realizzarsi nel costruire un mondo più giusto e solidale.

Per fare questo e per aiutare il cammino dell’umanità su questa strada ha spesso espresso la propria opinione sui problemi che riguardano gli aspetti fondamentali del vivere. Questo pensiero è raccolto in molti documenti che costituiscono quella che si chiama la Dottrina Sociale della Chiesa. Strumento al quale fare riferimento quando come cristiani vogliamo impegnarci a costruire la città terrena.

La domanda allora è questa: ci rendiamo conto quanto sia importante il nostro ruolo in questo campo?
Come comunità e come singoli non possiamo disinteressarci della politica. Questo servizio è un dovere ed un diritto che richiede il nostro impegno convinto, anche in tempi tanto difficili, nella consapevolezza che la ricerca del bene comune è un modo di rispondere ai segni dei tempi.

Nelle beatitudini ci sono alcuni passaggi che dovremmo rileggere, per scoprire come anche Gesù ci richiami al nostro dovere, anzi che proclami beati coloro che spendono le loro energie ed il loro tempo per testimoniare, nell’impegno politico, l’amore per l’uomo e l’attenzione al mondo nel quale viviamo. (Gli operatori di pace… Coloro che hanno fame e sete della giustizia…).

L’entusiasmo dei giovani deve diventare, nella Chiesa, uno stimolo in più per tutti ed una spinta, anche quando ci sentiamo stanchi e disillusi, a guardare avanti e a credere che un mondo diverso è possibile. Non perché lo scrivo io. Perché lo ha promesso Gesù.

(di Nuccio Garibaldi)