#buonascuola, le considerazioni del personale docente e non del liceo “Amoretti”

10 giugno 2015 | 18:27
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#buonascuola, le considerazioni del personale docente e non del liceo “Amoretti”

Perciò, quando si interviene su di essa, non si può che scegliere la strada della riflessione e della condivisione, escludendo logiche frettolose, scorciatoie di comodo e atti di arbitrio

Sanremo. In questi giorni siamo impegnati, con una partecipazione e una condivisione straordinaria, a contestare il DdL governativo sulla scuola in discussione al Senato, opponendogli le ragioni di chi quotidianamente vive i disagi e le storture dell’attuale sistema dell’istruzione, mentre si continua a sottrarre risorse alla nostra attività, gravata da carichi di lavoro complessivi che ci tengono quotidianamente impegnati fino a sera, alle strutture nelle quali quotidianamente operiamo privi di mezzi e in condizioni di elevata precarietà, e agli stessi soggetti del diritto costituzionale allo studio, i discenti. Ragioni che si sposano con le aspettative di un suo vero cambiamento nel segno di un autentico progresso civile. Riteniamo infatti che il DdL in questione non proponga una vera riqualificazione della scuola dello Stato, come retoricamente promette, anzitutto potenziandone risorse e strumenti e promuovendo migliori condizioni di lavoro per i suoi diversi attori, ma costituisca un provvedimento, secondo molti autorevoli giuristi, per molti aspetti incostituzionale, spiccatamente autoritario, perché – concepito al di fuori del sistema delle relazioni sindacali e della concertazione – riduce i diritti, mortifica la partecipazione e decenni di democrazia scolastica, rischia di condizionare pesantemente la libertà d’insegnamento, interviene e si appropria di fondamentali materie contrattuali. Dopo la piena riuscita dello sciopero nazionale del mese scorso, a fronte del perdurante atteggiamento unilaterale e indisponibile del Governo e della sua Maggioranza, l’iniziativa di lotta nazionale si è finalmente concretizzata in una larghissima intesa unitaria (FLC Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals Confsal e Gilda Unams), ma ha avuto una spinta concorde nell’azione dei sindacati di base e in centinaia e centinaia di azioni di mobilitazione che da mesi si stanno tenendo in tutte le città italiane, a dimostrazione di una generale presa di coscienza. Si è così giunti alla determinazione di tenere, quale forma ulteriore di protesta, lo sciopero in occasione degli scrutini, esclusi quelli delle classi terminali. Cosa che anche noi abbiamo deciso di praticare dopo esserci confrontati in una assemblea nella quale si è constatata l’insostenibilità e l’iniquità della situazione che stiamo subendo.

Di seguito, indichiamo i punti più importanti al centro dell’iniziativa nazionale di lotta: – Al dirigente scolastico, il “preside manager”, si vogliono attribuire poteri enormi, come quello di assumere direttamente i docenti e di decidere quali collaboratori scegliere e a chi destinare soldi in più per le attività aggiuntive, unitamente ad un ruolo preminente nella cosiddetta “valutazione del merito”, mediante la quale si mira a introdurre una differenziazione dall’alto delle retribuzioni. Un indirizzo che va dritto spedito verso la trasformazione in senso aziendale delle istituzioni scolastiche, unitamente all’ingresso di soggetti privati negli stessi momenti deliberativi interni, andando a risucchiare quel principio di collegialità che da sempre caratterizza la scuola pubblica e democratica. Una figura dirigenziale che decide in maniera monocratica, con prerogative tipicamente manageriali, e va a distruggere il sistema di condivisione e garanzie faticosamente conquistato dopo lunghe stagioni di lotta. – Inoltre siamo fortemente critici riguardo all’affidamento della “valutazione” delle professionalità operanti nelle scuole, quindi dei docenti, a figure prive di competenze, poste intorno alla figura del preside-manager. Un conto è la valutazione di sistema, cioè la lettura rigorosa, attenta e partecipata del funzionamento dei servizi scolastici e dell’insieme dell’offerta formativa, un altro è la pretesa valutazione professionale dei lavoratori, per di più affidata a meccanismi di controllo, giudizio e selezione del tutto impropri, che, in realtà, sembrano concepiti per creare gerarchie tra i docenti e sovvertire la peculiarità della funzione docente, vera condizione di garanzia di condivisione e collaborazione professionale. – Riguardo alle assunzioni del personale precario, la richiesta sindacale di stralciare il suo capitolo da quello inerente agli aspetti del quadro normativo viene bellamente ignorata da Governo e Maggioranza, che intendono chiaramente mantenere insieme le due cose perché, con la leva delle assunzioni, si può alimentare una sorta di ricatto nei confronti delle rappresentanze dei lavoratori, minacciando che qualora non si digeriscano le parti più controverse del ‘pacchetto’ imposto, non si procederà con le assunzioni. Assunzioni che, alla luce degli accertati posti disponibili, andrebbero fatte in numero ben superiore a quello annunciato (90.000). Da tutto ciò, peraltro, viene escluso il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, cioè il personale ATA, il quale nel decreto legislativo non viene neanche citato. Nel disegno di legge sono previste assunzioni che saranno fatte solo sul personale docente e nemmeno su tutto, perché sono lasciate fuori le seconde fasce abilitate a vario titolo.

Gli ATA, quindi, rimarrebbero precari, mentre, per quanto riguarda i docenti, dovrebbero essere stabilizzati solo quelli inclusi nelle graduatorie ad esaurimento (le cosiddette Gae, cioè graduatorie dove sono iscritti i docenti provvisti di abilitazione all’insegnamento, strutturate su base provinciale e aggiornate ogni tre anni per quanto riguarda i titoli e le posizioni degli iscritti, ma chiuse all’inserimento di nuovi nominativi), ma non si sa ancora in quale modo e con quale profilo. Relativamente a ciò, il disegno di legge in esame al Senato va profondamente modificato, introducendo misure sul precariato che consentano, oltre alle graduatorie ad esaurimento, di aprire, attraverso un piano pluriennale, anche alle assunzioni di chi appartiene alla seconda fascia d’istituto, cioè di coloro che non fanno parte della prima fascia abilitati, ma che sono anch’essi abilitati e hanno lavorato nella scuola. – Con il disegno di legge sulla “buona scuola”, si vuole aggirare la legge 165 che prevede la concertazione con le parti sociali sulle materie contrattuali: il Governo, infatti, sta imponendo la regolamentazione per legge, senza confronto, dell’organizzazione del lavoro e la parte normativa, contrattuale ed economica. Questo, evidentemente, significherebbe azzerare la rappresentanza dei lavoratori, messi a rischio di subire sulla propria pelle, senza difesa alcuna, i provvedimenti più arbitrari e penalizzanti. – Altro punto fondamentale, il non adeguamento delle nostre retribuzioni, quantomeno, al costo della vita. I ricorsi recentemente presentati a livello nazionale contestano per l’appunto l’idea di mantenere fermi i salari, come vergognosamente si sta facendo da anni, e di aggirare i contratti collettivi nazionali. Per questo, la nostra battaglia è insieme una battaglia per la dignità lavorativa e professionale, la qualità sociale e la salvaguardia della democrazia. In tal senso, essa non è una lotta corporativa, ma guarda all’interesse generale. L’elenco degli aspetti non accettabili potrebbe continuare, dalla dequalificazione degli insegnanti di sostegno, per i quali si prefigurano destini professionali in dissonanza con l’articolo 3 della Costituzione, alle limitazioni sui trasferimenti, ma, ad ogni modo, sono queste, in sintesi, le principali rivendicazioni per cui siamo scesi unitariamente in lotta.

Una lotta – lo ribadiamo – per la nostra dignità e la qualità della scuola italiana, ma, in definitiva, a beneficio dell’intera società. Confidiamo che, insieme al resto del mondo del lavoro, tutta la popolazione ne comprenda l’importanza, a partire dagli studenti e dalle loro famiglie, poiché la scuola appartiene al Paese, così come il bene della costruzione della conoscenza, attraverso le leve dell’istruzione e della formazione, appartiene alle nuove generazioni e alle loro possibilità di vivere un futuro più giusto e più umano. Perciò, quando si interviene su di essa, non si può che scegliere la strada della riflessione e della condivisione, escludendo logiche frettolose, scorciatoie di comodo e atti di arbitrio.