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Bisogna aprire gli occhi sulle sofferenze e sulle necessità del prossimo

6 giugno 2015 | 06:47
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Bisogna aprire gli occhi sulle sofferenze e sulle necessità del prossimo

Sempre più accanita la competizione e la rivalità senza esclusione di colpi, per ottenere ricchezze e potere al fine di affermarsi sugli altri

La società contemporanea è una realtà caratterizzata da impressionanti contraddizioni alla stregua di un enorme contenitore nel quale vi è commistione e confusione di bene e di male, che rendono difficile il discernimento circa la verità e la bontà delle opzioni morali in conformità alla dignità dell’essere umano. L’ideologia dell’efficienza crea una mentalità che emargina, penalizza e rifiuta quanto non rientra in questa visione di vita.

Ciò spiega la disumanizzazione avanzante, che induce a disinteressarsi del prossimo specialmente dei deboli, dei portatori di handicap, dei malati, mentre rende più accanita la competizione e la rivalità senza esclusione di colpi, per ottenere ricchezze e potere al fine di affermarsi sugli altri. L’uomo che vive con questa sindrome è un cieco, un illuso, un pallone gonfiato che non si rende conto della propria fragilità.

Avverte il card. Martini: “Rifiutando Dio, noi e la nostra società non andremo lontano e le conquiste del progresso potranno essere addirittura la nostra babele e la nostra morte” (Il giardino interiore).

Un primo antidoto, come indica Papa Francesco, è aprire gli occhi sulle sofferenze e sulle necessità del prossimo: “La sofferenza dell’altro costituisce un richiamo alla conversione, perché il bisogno del fratello mi ricorda la fragilità della mia vita, la mia dipendenza da Dio e dai fratelli. Se umilmente chiediamo la grazia di Dio e accettiamo i limiti delle nostre possibilità, allora confideremo nelle infinite possibilità che ha in serbo l’amore di Dio”.

Solo così si può contribuire alla crescita morale e sociale, esigenza oggi fortemente auspicata. E Paolo VI ci richiama a questo impegno: “L’atteggiamento fondamentale dei cattolici che vogliono convertire il mondo è quello di amarlo. Questo è il genio dell’apostolato: saper amare. Ameremo il nostro tempo, la nostra civiltà, la nostra tecnica, la nostra arte, il nostro sport, il nostro mondo”. (discorso al Congresso mondiale dell’apostolato dei laici Roma, 9 ottobre 1957).

(di Don Giacomo Simonetti)