Un professore della “Normale” alle lezioni dell’UniTre

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Sanremo. Lunedì 20 Aprile 2015, nella Sala degli Specchi di Palazzo Bellevue , l’Università delle Tre Età di Sanremo, ha avuto l’onore di avere come conferenziere nientemeno che un docente di Letteratura Italiana alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Questa scuola fondata da Napoleone Bonaparte quando anche la Toscana faceva parte del suo Impero, nacque come succursale dell’Ecole Normale Supèrieure di Parigi ed è una scuola universitaria di altissimo livello, chiamata così perché la sua funzione principale è trasmettere norme.
Questo conferenziere è comunque di un sanremese, il Prof. Davide Conrieri che è giunto a Pisa dopo aver frequentato il Liceo Cassini insieme alla nostra Presidente Dott.ssa Paola Forneris.
In occasione del centenario della Grande Guerra , il Prof. Conrieri ha selezionato alcuni autori italiani che non solo hanno scritto della Grande Guerra ma vi hanno partecipato.
Le loro posizioni sono molto diversificate, chi ne ha una avversione totale ed è pacifista ad oltranza, chi passa da una grande illusione ad una forte delusione.
In ogni caso in tempi di analfabetismo dominante chi scrive è già un privilegiato ed è di solito un ufficiale di complemento, interventista e volontario. La truppa ed i sottufficiali di carriera seguono con fatalismo e chi può si “imbosca” come si dice in gergo cioè cerca incarichi meno rischiosi e lontano dal fronte.
Uno dei primi protagonisti a scrivere fu Piero Jahier con il suo libro “Con me e con gli alpini”, pubblicato nel 1918, in cui Jahier narra della sua esperienza di istruttore di un reparto alpino, nelle immediate retrovie presso Belluno. Si trova così a contatto lui fiorentino con uomini che si esprimono strettamente nei vari dialetti dell’arco alpino anche se le sue origini piemontesi e l’infanzia trascorsa a Susa sede di un Gruppo Alpino, lo aiutano un po’. Riesce tuttavia a stabilire un contatto con questi uomini semplici ed a far acquistare dignità anche a chi era sempre stato relegato a mestieri umili ed a dare motivazione dove c’era solo rassegnazione al dovere.
Emblematica è la figura del soldato Somacal Luigi che finalmente trova il rispetto nel suo ufficiale e per questo riconoscimento si può anche rischiare la vita.
Tuttaltro autore è Emilio Lussu , sardo ed ufficiale della Brigata Sassari che riporta un dettagliato resoconto della guerra al fronte , precisamente sull’altipiano di Asiago, e la sua opera ha appunto per titolo “Un anno sull’altipiano” .
Il valoroso ufficiale a differenza di Jahier partendo da un entusiasmo interventista si accorge nella dura vita della prima linea, quanto ingiusta sia la guerra ed in particolare la guerra di trincea verso la truppa mandata all’assalto ed al massacro con le minacce e con l’ubriacatura di liquori.
Finita la guerra Lussu divenne antifascista e fu condannato al confino dal Tribunale Speciale, riuscì però ad evadere e ad espatriare per diventare poi dirigente del movimento Giustizia e Libertà.
La modernità dell’opera di Lussu, è stata colta anche dal regista Francesco Rosi che ne realizzò nel 1970, un film dall’emblematico titolo “Uomini contro” e con protagonista il grande Gian Maria Volontè.
Carlo Emilio Gadda invece mantiene un valore patriottico alla guerra ed alla scelta interventista anche a guerra finita pur non esentando da critiche molti generali che l’avevano guidata.
Una frase sintetizza il suo pensiero:
«Bisogna che Cesare disponga della legione decima e che la decima sia adoperata da Cesare. Il sangue bisogna darlo, i soldati lo devono dare. Cesare lo deve impiegar bene».
Interventista soprattutto per motivi antiaustriaci fu il triestino Saba che non ebbe particolari esperienze di combattimento e tuttavia il suo animo di poeta sensibile ne uscì psicologicamente provato tanto da essere ricoverato all’Ospedale Militare di Milano dove rimase a guerra finita.
Uno scrittore che visse invece la Grande Guerra da soldato semplice volontario fu Giuseppe Ungaretti.
Anche lui passati gli ardori iniziali prende coscienza della sofferenza quotidiana del soldato e dell’autenticità dei rapporti in quelle condizioni terribili.
Passò ben due anni sul fronte carsico e subì anche la disfatta di Caporetto ed il suo animo di poeta colse molti aspetti umani profondi.
L’esperienza gli fece sentire meglio la grandezza dei sentimenti e la precarietà della vita ed in quegli anni produsse molte struggenti liriche fra cui la celebre brevissima
“M’illumino d’immenso” .
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