Maxi operazione contro la pedofilia, un arresto anche a Bordighera

26 maggio 2015 | 14:37
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Maxi operazione contro la pedofilia, un arresto anche a Bordighera

Quattro le persone arrestate, tra cui un sacerdote. Gi altri sono due disoccupati e un operaio di Bordighera già indagato

Bordighera. Dalle prime ore di oggi la Polizia di Stato sta eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Milano nei confronti di una trentina di presunti pedofili dediti all’acquisizione o al traffico di materiale video sul web. Quattro le persone arrestate, tra cui un sacerdote di Asti. Gli altri sono due disoccupati e un operaio.

Secondo quanto si e’ appreso il religioso e’ stato arrestato all’istituto salesiano don Bosco di Alassio ed e’ stato portato in carcere. Si tratta di don Giorgio Porcellana di 49 anni, astigiano, che si era trasferito per motivi di salute nella Baia del Sole.

E’ accusato di “cessione aggravata” di materiale pedopornografico (Art. 600 e 602 del Codice penale), contestazione che prevede l’aver trattato materiale con “Minori di anni 16” e in “numero maggiore di tre”.  Nei guai anche un apprendista di 32 anni,  Luca T., impiegato in un negozio che vende materiali idraulici,  arrestato a Bordighera. Era già stato indagato, per lo stesso reato, un paio di anni fa, quando la polizia gli sequestrò diverso materiale compromettente. Anche questa volta gli sono stati sequestrati un pc, hard disk e chiavette usb. Spesso si tratta di supporti video e fotografici oggetto di scambio con altri pedofili del web.

La Polizia Postale di Milano avrebbe scoperto un diffuso smercio di materiale pedopornografico che coinvolgerebbe in totale 233 persone in 35 nazioni. La rete criminale era dedita, spiegano le forze dell’ordine, “alla diffusione e alla cessione aggravata di materiali pedopornografici che hanno ad oggetto anche pesanti violenze ed atti sessuali in danno di minori degli anni dieci e di altri minori costretti tra di loro o con animali“.

Le indagini, avviate nel 2012, hanno avuto inizio monitorando alcuni siti web e in particolare alcuni servizi di condivisione di immagini sospette perché gli utenti facevano continui riferimenti a minori. Si trattava di una sorta di anticamera per gli interessati alla pornografia minorile, che si spostavano su altri canali di comunicazione per scambiare file multimediali illeciti, utilizzando anche le caselle di posta elettronica.

Per la particolare segretezza delle comunicazioni fra gli stessi indagati, è stato necessario usare delle tecniche speciali di investigazione come le attività sotto copertura, intercettazione telematica e intercettazioni telefoniche.