Khaled, scappato dai Piani per Lille con la morte in faccia
In viaggio verso Lille in fuga dai pirati del mare e dalle barbarie viste in Libia dove era emigrato per lavoro
Imperia. Con la morte in faccia e la vita in tasca: su un bigliettino a quadretti ha scritto un indirizzo, rue de Trevise Lille (Francia). “E li che devo andare e non mi fermerá nessuno”. Khaled Saloui, 41 anni, é uno dei quaranta profughi scappati dai Piani. Ha raggiunto la stazione di Porto Maurizio e questa mattina all’alba é partito verso ponente, vuole arrivare in Francia. Il suo viaggio continua. “Ho speso 2500 dollari che ho consegnato ad uno scafista. L’ ho incontrato a Sfax, in Tunisia”.
Maglia del Barcellona e felpa blu, jeans e grosse scarpe da ginnastica. Davanti ad un caffé decide di raccontare la sua odissea. Ma a un patto: “Niente foto”. Khaled ha paura di essere identificato. “Mi sono fidato dello scafista quando mi ha fatto vedere le foto della barca e il tragitto da Tunisi a Lampedusa. Insieme al fratello andava a rubare i pescherecci e li caricava di passeggeri: arabi disoccupati, esuli eritrei, oppure liberiani e somali in fuga dalla guerra civile. Li aveva portati altre quattro volte attraverso il mare, fino alla Sicilia. Lo chiamano il comandante, cioè colui che da terra organizza le partenze”.
Khaled é arrivato in Sicilia, nei giorni scorsi e lo scafista é sparito. Si é ritrovato nel gruppo dei profughi destinati alla Liguria. Viaggio fino a la Spezia. Sbarco dalla nave e viaggio questa volta in pullman per Imperia.
Con lui c’é anche Sherif un liberiano, alto e magrissimo. Anche a lui scappa verso la Francia. Faceva parte di un carico di anime verso il paradiso. Pure lui é stato traghettato in Sicilia dagli scafisti. Sono loro ad occuparsi del futuro di profughi, esuli, emigranti. Emissari dell’unica agenzia internazionale presente al di lá del Mediterraneo. L’unica in grado di offrire una rapida via d’uscita a quanti hanno avuto la vita devastata dalla guerra, da un regime o semplicemente dalla povertà: purché i loro clienti e i loro familiari in Europa o in America siano in grado di pagare e anche tanto.
Khaled racconta di essere scappato dopo essere espatriato in Libia per lavoro.”Le violenze sistematiche contro le donne in Libia o sui profughi sequestrati e uccisi nel Sinai egiziano per l’espianto di organi sono cose quotidiane. Come fai a vivere nel terrore? Ecco perché ogni notte, prima delle burrasche, in migliaia tentano ancora una volta di raggiungere l’Europa illegalmente. Del resto, alternative legali altrettanto rapide non ce ne sono”.
“E il mio scafista me lo disse chiaramente: “Noi continuiamo a lavorare. Finché marocchini, tunisini, africani pagano per partire, noi siamo qui ad aspettarli e nessuno provi a lamentarsi con chi ha organizzato il viaggio per la presenza di troppi passeggeri”. Khaled e come lui tanti altri profughi sbarcati in Sicilia sa bene che gli scafisti non sono guide turistiche, ma criminali.
“Quello che ci ha portato a Lampedusa conosceva tutti i trucchi per farla franca – racconta – il motore spento, la coperta incendiata per segnalare la posizione e l’arrivo dei soccorsi. Lui é scappato su un gommone che ci seguiva a distanza”. Ma é acqua passata. A quest’ora Khaled é giá in Francia, destinazione finale Lille, il viaggio della speranza continua.