“Maranathà !” significa per noi un una professione di fede dell’avvenuto, una speranza di ciò che avverrà, tutto ciò nello stesso amore vincitore
«Cristo è risorto, è veramente risorto ! », questa affermazione era il saluto cristiano dei primi secoli. La pasqua che abbiamo trascorso non si deve ridursi a una festa religiosa, ma è la celebrazione della victoria di Cristo sulla morte. Questa vittoria è definitiva e avrà il suo compimento alla fine dei tempi, quando Gesù tornerà sulla terra: “Maranathà !”
Questa espressione aramaica che compare, traslitterata in greco, in 1Cor 16,22 può avere due significati: "il Signore nostro è venuto" oppure "Signore nostro, vieni".
Il motivo per cui sono possibili due significati è che l’espressione è formata da due parole, ma il testo greco del Nuovo Testamento non permette di precisare dove esse vadano suddivise, e ciò lascia la porta aperta a due interpretazioni:
– “maràn athá”, corrispondente all’aramaico māran ’athā’, "Il Signore nostro è venuto", nel senso che è presente tra gli uomini.
– “marána thá”, corrispondente all’aramaico māranā’ thā’, "Signore nostro, vieni!", nel senso di Ap 22,20 e di Mt 6,10; in quest’altro caso si tratta di una preghiera con la quale si chiede che la parusia (ritorno di Cristo) sia affrettata.
Questo duplice significato ha importanza spirituale notevole. Gesù è venuto ed è presente con noi nella Parola, nella sua Chiesa e sostanzialmente nell’eucaristia, ma allo stesso momento aspettiamo il suo ritorno nella sua gloria.
“Maranathà !” significa per noi un una professione di fede dell’avvenuto, una speranza di ciò che avverrà, tutto ciò nello stesso amore vincitore.
(di Don Filardo Gautier)