“Io ti conoscevo solo per sentito dire” la Lectio Divina guidata dal vescovo alla scoperta di Giobbe
Accettiamo che Dio sacrifichi la sua vita per noi, ma noi sappiamo accogliere il sacrificio nella nostra? Noi sappiamo fidarci e vivere una fede per niente… cioè senza chiedere nulla in cambio?
Ci sono interrogativi che ogni giorno animano il cuore e la mente dell’uomo: perché a soffrire sono sempre i buoni? Perché nel mondo si verificano catastrofi che uccidono degli innocenti? A che serve Dio se permette tutto questo? Perché vivere se bisogna soffrire? Queste sono le stesse domande che si è posto Giobbe, il personaggio biblico che abbiamo incontrato durante il mensile appuntamento con la Lectio Divina guidata dal vescovo Antonio, alla scoperta del vero volto di Dio.
Tanti i fedeli presenti alla serata che hanno sentito propria la storia, la sofferenza, provata da Giobbe. Tanti quelli che sono rimasti interrogativi all’insegnamento che il personaggio biblico propone attraverso una domanda, semplice ed immediata: “accogliamo il bene da Dio, e il male non lo dovremmo accogliere?” (Gb 2,10).
Posta la domanda in questo modo l’affidarci alla volontà del Padre, accogliere il progetto che Lui ha per noi, anche quando non lo comprendiamo sembra quasi scontato eppure quante volte davanti alla sofferenza, davanti alle difficoltà, davanti al dolore accusiamo Dio, ci allontaniamo da lui e pensiamo di fare meglio da soli? Questa è la fede utilitaristica proposta dagli amici di Giobbe, che pensano: “alla fine dei conti, anche se la fede è dura, ci sarà la ricompensa” ma la vita non va vissuta per ricevere una benedizione o una ricompensa da Dio, la vita va intesa come risposta, a ciò che Dio ha già fatto per noi donandoci la vita.
Giobbe cerca di chiarire l’ambiguità di Dio ma arriva a comprendere che Dio favorisca o perseguiti, dia la vita o la tolga, crei o distrugga… egli lo fa nel silenzio e l’unica risposta che riesce a darsi è che non c’è risposta, bisogna accogliere Dio così, per fede. Di fronte al tragico, che in maniera eccessiva fa capolino nella nostra vita, non può esserci quindi una risposta generale, bisogna decidere singolarmente in che modo stare di fronte all’Assoluto.
Nella vicenda di Giobbe, come nella vita di ciascuno, assumono un ruolo fondamentale gli amici, che per giustificare l’operato di Dio operano uno stravolgimento teologico, contro l’uomo che viene accusato di servirsi di Dio, invece che adorarlo e ringraziarlo.
Giobbe non si fa condizionare e continua per la sua strada e persiste nella sua fedeltà affermando: <Anche se Dio si scaglia contro di me, io, nella mia libertà decido di rimanere fedele ai suoi precetti. E se qualcuno mi chiede chi me lo fa fare rispondo soltanto io, perché così ho deciso. È infatti meglio per me vivere da giusto piuttosto che da ingiusto>.
Dio ci ha amato al punto da donarci la sua vita senza chiederci nulla in cambio … ripensando alla domanda iniziare di Giobbe … accettiamo che Dio sacrifichi la sua vita per noi, ma noi sappiamo accogliere il sacrificio nella nostra? Noi sappiamo fidarci e vivere una fede per niente… cioè senza chiedere nulla in cambio?
Come ha detto il vescovo a conclusione della sua meditazione: “Bisogna impegnarsi non perché il premio sta alla fine, ma perché il premio sta all’inizio!”