Torino – La comunità formativa ha vissuto i suoi esercizi spirituali annuali sui luoghi delle origini salesiane. I giovani, per cinque giorni si sono confrontati con l’esperienza del padre, maestro e amico della gioventù nel suo bicentenario
La comunità del Seminario diocesano ha vissuto in questa settimana gli annuali esercizi spirituali con un’immersione nella spiritualità salesiana nei luoghi che hanno segnato la straordinaria vicenda umana e cristiana di San Giovanni Bosco.
Alloggiati nella struttura di Colle don Bosco, guidati da don Gianni Asti, le meditazioni hanno disegnato i tratti della personalità sacerdotale di questo santo e ci hanno guidato, ogni pomeriggio, proprio sui sentieri che lui ha percorso.
Sono molti i motivi che hanno determinato la scelta di questi esercizi. In primo luogo il bicentenario della nascita del Santo, venuto alla luce nell’agosto del 1815 in frazione Becchi, oggi proprio Castelnuovo Colle don Bosco, in provincia di Asti. Forse però il motivo vero nasce dal desiderio di conoscere una figura di educatore che ha saputo, in mezzo a difficoltà incredibili, nell’obbediente abbandono alla volontà di Dio, farsi strumento per servire la gioventù del suo tempo.
Don Bosco, come anche i santi che la sua terra ha «prodotto» in quegli anni, sono un segno profetico che richiama, oggi, la nostra attenzione e stimola una risposta che interpella la nostra fede in modo profondo.
In tutti noi sono sorti molti interrogativi sul perché in una zona così povera ed in un periodo non facile sotto molti punti di vista, così tanti santi hanno saputo dare una risposta concreta ai problemi del loro tempo. Infatti il loro intervento, efficace anche in campo sociale (pensiamo all’opera del Cottolengo, del Cafasso e dello stesso don Bosco), rivela come il cristiano che vive una fede incarnata ed operosa riesce a rendere migliore la società nella quale vive.
I giovani del tempo di San Giovanni Bosco conoscevano situazione di estremo disagio, legate alla povertà, alla carenza di lavoro, alla mancanza di istruzione, alla condizione di abbandono dalla quale non potevano uscire e che spesso li portava a delinquere.
Noi non viviamo il dramma di quell’epoca. Ma ci chiediamo se i nostri giovani non sperimentino anch’essi problematiche diverse ma
non meno difficili ed emarginanti.
Se anche oggi non ci sia bisogno di chi, come il sacerdote piemontese, dedica tutte le sue energie a questo scopo così importante: l’educazione della gioventù. Per i seminaristi l’esperienza di questi esercizi costituisce una tappa importante nel cammino verso il sacerdozio.
Recandosi nei luoghi che hanno visto nascere l’avventura salesiana, ci ha molto colpito il piccolo cortile della chiesa torinese di San Francesco da dove ha avuto inizio l’Oratorio salesiano. Un posto insignificante, piccolo, all’epoca di don Bosco certo ancora più povero e malconcio. Nel nascondimento, nella piccolezza con un solo ragazzo; verrebbe da dire: nelle «periferie esistenziali». Ma da lì tutto è partito. E quel sogno di Giovannino, ispirato dal Signore e custodito da Maria, oggi – grazie al lavoro della famiglia salesiana – testimonia ancora la forza e la bellezza di una scelta d’amore.
Dobbiamo inoltre ricordare una grande presenza a fianco del santo: quella di mamma Margherita, vero modello di guida
spirituale per il figlio. Se tante figure e tanti valori presentati dallo stesso don Bosco nelle sue Memorie ci appaiono lontani e superati, forse dobbiamo interrogarci con coraggio e sincerità sul nostro modo di essere cristiani. In un mondo che cambia, in un mondo complesso che propone sfide difficilissime siamo fedeli alla nostra identità? Crediamo nel valore eterno ed immutabile della Legge di Dio? Ma era diverso per i ragazzi del primo Oratorio? Loro hanno accolto questa sfida ed hanno testimoniato – lo dicono i frutti – che chi si fida del Signore non sbaglia mai.
Per noi, chiamati ad essere guide di coloro che ci saranno affidati un domani, la figura di San Giovanni Bosco resta un modello vivo che ci stimola, sull’esempio del Buon Pastore, ad aiutare l’uomo di oggi ad uscire dalla tristezza e dall’egoismo del peccato.
Tornando a casa, al nostro Seminario, viene da pensare a quello che don Bosco ha fatto. Noi crediamo che Dio abbia nel cuore, anche oggi, progetti meravigliosi per i suoi figli. Chiediamo al Signore che ci renda capaci di sognare, di affrontare le difficoltà di una vita che si fa dono.
(di Nuccio Garibaldi)