“Giovani, chi cercate? …Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre”
Vorrei invitare i giovani a riflettere su queste parole. A comprendere che solo nella fedeltà alla loro identità possono scoprire un senso pieno ed autentico della vita
"Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre".
Con queste parole inizia la Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della misericordia (Misericordiae vultus) che Papa Francesco ci ha consegnato in questi giorni. Un dono fatto per richiamare alcuni aspetti che rischiamo spesso di scordare; infatti: "La Chiesa ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo" (n. 12). Questa misericordia è appunto "suo Figlio nato dalla Vergine Maria per rivelare a noi in modo definitivo il suo amore".
Credo che sia importante leggere questo documento e farne oggetto di riflessione e di preghiera, accogliendolo proprio come un invito a comprendere che: "La missione che Gesù ha ricevuto dal Padre è stata quella di rivelare il mistero dell’amore divino nella sua pienezza. "Dio è amore" (1 Gv 4,8.16), afferma per la prima e unica volta in tutta la Sacra Scrittura l’evangelista Giovanni. Questo amore è ormai reso visibile e tangibile in tutta la vita di Gesù. La sua persona non è altro che amore, un amore che si dona gratuitamente". (n. 8)
La Pasqua che abbiamo appena celebrato ci invita quindi a guardare al Risorto e a farci, come Lui, uomini di misericordia, capaci di testimoniare la "differenza" cristiana. Quella cioè che rende capace il credente di andare oltre il semplice dovere di giustizia, inteso in maniera legalistica e "farisaica", per vivere pienamente quella misericordia che in Dio si coniuga perfettamente con la stessa giustizia.
Noi siamo infatti portati a considerare tutto sotto l’aspetto puramente "economico": dove il dare e l’avere, come in un registro contabile, devono sempre arrivare a pareggio. Come se fosse possibile essere in pari con Dio!
Mentre l’atteggiamento di colui che si affida al Signore è quello che vediamo in Maria che si affida a Chi, "ricordandosi della sua misericordia", rende giustizia agli umili.
L’invito a vivere questo anno di misericordia, che inizierà il prossimo 8 dicembre, come un momento favorevole del nostro pellegrinaggio verso il Regno, provoca molte riflessioni.
Tra le tante ne scelgo una che si lega all’attualità, nel ricordo di un avvenimento doloroso e drammatico che ha aperto il secolo passato, il "Secolo breve", secondo la definizione dello storico inglese Eric Hobsbawm.
Papa Francesco ha ricordato, nell’Omelia della Messa celebrata in San Pietro la scorsa domenica, il "genocidio" del popolo armeno. Un fatto storico consumato proprio cento anni fa, e da tutti conosciuto e "riconosciuto", tranne che dal governo turco che, per ritorsione nei confronti dell’affermazione del Papa, ha provocato una crisi diplomatica.
Perché questo esempio? Per dire che la misericordia è strettamente legata alla giustizia, che cioè dobbiamo essere capaci di metterci davanti a Lui nella verità. Riconoscendo la nostra situazione, il nostro essere creature bisognose di salvezza.
La Chiesa ha il dovere grave di aiutare l’uomo ad accogliere quella Parola che, sola, può guidare il nostro cammino; e quando è fedele alla voce del suo Signore diventa così capace di farsi profezia che illumina le scelte fondamentali.
Dire che Cristo rivela la misericordia del Padre significa perciò riconoscere, a chi ha ricevuto il compito di testimoniare l’amore di Dio per l’uomo, il diritto ed il dovere di "chiamare le cose con il loro nome".
In questi tempi diventa difficile assumersi il grave compito di ribadire che l’uomo è chiamato ad essere fedele ad un progetto che è iscritto nel suo cuore.
Oggi, infatti, parlare di una legge naturale (comune a tutto il genere umano), che non può essere disattesa diventa quasi oggetto di scandalo. Difendere la vita nascente viene considerata prevaricazione del diritto all’autodeterminazione (di una sola parte, però). Richiamare l’attenzione sul vero senso del matrimonio fra uomo e donna sembra essere politicamente "scorretto" agli occhi di chi pensa che sia possibile tutto ed il contrario di tutto. E potremmo andare avanti. Perché il "mondo" non accetta quello che la Chiesa fa quando svolge con fedeltà il suo compito di testimoniare una verità che non muta. Quella verità che ci permette di passare "dal fenomeno al fondamento" (Fides et ratio) e di dare autentica stabilità all’esistenza umana.
Quella stessa verità che riconosce come, Colui che si è rivelato in Cristo come il Dio della misericordia, richiama ogni uomo a sentirsi bisognoso di perdono e di amore. Oggi invece molti pensano di non avere più bisogno di Dio: ma è il loro stesso cuore a smentirli.
Vorrei invitare i giovani a riflettere su queste parole. A comprendere che solo nella fedeltà alla loro identità possono scoprire un senso pieno ed autentico della vita. Solo in Dio il mistero della vita trova un senso. Il dono che il Signore ci ha fatto attraverso questo anno di misericordia che inizierà il prossimo dicembre indica una via da seguire. Questa via è Gesù. "Via, verità e vita". Non c’è ne sono altre.
(di Nuccio Garibaldi)