“Parlando dell’uomo: 50 sfumature di…perplessità!!!” – Rubrica bisettimanale di teologia morale
“Ogni fenomeno trascina masse va letto e interpretato e quindi, senza prenotazione (la ritenevo un impegno eccessivo), anche io ho assistito alla proiezione del film, dopo aver letto velocemente parti del libro”
Negli ultimi mesi il grande carrozzone mediatico ha deciso che il popolo italiano non poteva perdere l’occasione di assistere alla proiezione del film “50 sfumature di grigio”, tratto da un libro che ha venduto nel mondo 100 milioni di copie. Secondo un’indagine ISTAT del 2014, un italiano su due ha letto un libro nei 12 mesi precedenti all’intervista (percentuale imbarazzante).
Tranne che tutti i lettori italiani abbiano comprato “50 sfumature di grigio”, quelli folgorati da questo bestseller dovrebbero essere decisamente pochi.
Dato che non si poteva puntare su una lettura pregressa, il tam tam a cui abbiamo assistito si basava sulla promessa di scene di sesso scioccanti, e tale prospettiva era arricchita da aneddoti accaduti nelle altre nazioni, sia dentro la sala, sia all’uscita dal cinema. Un crescendo di attesa che ha portato molti a fiondarsi per prenotare un posto al cinema.
Ogni fenomeno trascina masse va letto e interpretato e quindi, senza prenotazione (la ritenevo un impegno eccessivo), anche io ho assistito alla proiezione del film, dopo aver letto velocemente parti del libro. Dalla lettura, la prima domanda che nasce è come sarebbero state trasformate in immagini, scene raccapriccianti e alcune decisamente inaudite. Come far accettare ad un pubblico che non è iniziato alle pratiche sadomaso, una storia a dir poco singolare e che va oltre ogni limite. Questo problema è stato risolto dal regista, grazie ad una sceneggiatura decisamente diplomatica.
Il protagonista del libro, Christian Grey, da dominatore senza sentimenti, inquietante e violento si è trasformato in un principe quasi romantico. Trasformazione eccessiva per un film che doveva portare in scena un romanzo che sponsorizza una sessualità violenta, fondata su due figure il dominatore e la sottomessa. La storia, infatti, racconta di un rapporto a due dove la sopraffazione fa da vera padrona e il piacere scaturisce da atti di accanimento sul corpo dell’altro (nel caso specifico solo della protagonista) e su atteggiamenti che ricordano una schiavitù delle peggiori.
Alla fine della visione, dopo aver osservato con attenzione il pubblico, mi sono resa conto che l’accettazione di una sessualità malata non è condivisa da molti. Nella parte finale del film, dove si consuma l’unica scena più cruenta, gli spettatori hanno iniziato a borbottare e quando la protagonista ha scelto di andare via, tutti hanno tirano un sospiro di sollievo. Dimostrazione che uno spettatore normale non avrebbe retto alla visione di un film che riportava fedelmente tutti i passaggi del libro.
Se da una parte ci si può ritenere soddisfatti dalla reazione dei 400 spettatori presenti in quel cinema, dall’altra è opportuno chiedersi quale messaggio viene trasmesso alle ultime generazioni. La sessualità, da linguaggio privilegiato e strumento di amore della coppia, negli ultimi anni si è trasformata in merce di scambio; oggi siamo ad uno step successivo, siamo arrivati a provare a propinare una sessualità malata fondata sulla violenza. Una sessualità che incentiva un nuovo mercato, quello dei sex shop, che alla pari dei centri di scommessa, stanno colonizzando le nostre città.
Una sessualità da inadeguati, che hanno bisogno di far del male all’altro per provare piacere, e di conseguenza hanno bisogno di comprare tutto il necessario per rendere al meglio questo circo variopinto, che ovviamente necessita di attrezzature adeguate.
Qual è il messaggio, quindi, che arriva ai nostri giovani e ai quarantenni, fascia decisamente in pericolo negli ultimi anni: è un messaggio che parla di una finta libertà, di una finta trasgressione, di una finta soddisfazione.
La sessualità è una dimensione in cui il dominio, la violenza, le lacrime, il dolore fisico dovrebbero essere elementi improponibili, basta la vita di tutti i giorni per fare esperienza di essi. Lasciamo all’amore fra un uomo e una donna la bellezza di una sessualità basata sui sentimenti, dove la sopraffazione non ha posto, ma sarebbe più auspicabile optare per un abbandono fiducioso all’altro.
(di Anna Rosaria Gioeni – Teologa)