Rubrica settimanale

“Dammi 3 parole…” Il commento al vangelo della III domenica di quaresima

5 marzo 2015 | 08:21
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“Dammi 3 parole…” Il commento al vangelo della III domenica di quaresima

La rubrica propone uno spunto di riflessione per prepararci all’ascolto del vangelo domenicale

Dal Vangelo secondo Giovanni (2, 13-25)
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
Parola del Signore

«Si avvicinava la Pasqua dei Giudei». La parola Pasqua vuol dire «passaggio». Gli Ebrei celebravano la pasqua come passaggio dalla schiavitù dell’oppressione egiziana alla libertà del popolo di Israele, che può godere della terra promessa. La pasqua di Cristo segna il passaggio dalla morte alla risurrezione. È la sconfitta della morte e di tutto ciò che con essa è collegato: il dolore, il buio, l’angoscia e soprattutto il peccato.

La vicenda umana e divina di Cristo è il segno completo e definitivo. La sua nascita dal seno della Vergine e Madre, la sua predicazione accompagnata dai segni della conversione di chi lo accoglieva, la sua morte e risurrezione sono il segno ultimo dell’approssimarsi dell’Amore di Dio. Anche noi cristiani siamo chiamati ad essere segno, portando la gioia e la speranza della risurrezione a chi è accanto a noi, ora.

Siamo chiamati ad un servizio, quello di ricordare l’azione di Dio nel nostro presente, nelle nostre relazioni e nella guida della storia. I discepoli di Gesù al lui contemporanei ricordarono l’insegnamento del maestro, così anche noi nella fatica dell’impegno, come in quella della condivisione abbiamo il compito di tener viva la memoria di Dio e della sua azione di liberazione. Siamo al servizio della lode delle meraviglie di Dio.