Omelia del Cardinale Tarcisio Bertone, in occasione della Festa di San Bosco a Vallecrosia

4 febbraio 2015 | 08:19
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Omelia del Cardinale Tarcisio Bertone, in occasione della Festa di San Bosco a Vallecrosia

“Rivolgo a voi e a me un augurio: quello di poter essere sempre riconosciuti per quello che siamo: cristiani felici, gioiosi” ha detto il Cardinale durante l’omelia

Omelia del Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato emerito
Chiesa parrocchiale Maria Ausiliatrice, Vallecrosia
Festa di San Giovanni Bosco, 31 gennaio 2015

Di anno in anno, la liturgia nella festa di Don Bosco, fa risuonare questo invito di San Paolo ai Filippesi: «Fratelli, rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti».

“Rallegratevi nel Signore sempre” (Fil 4,4).
Questa esortazione è un vero e proprio motto per Don Bosco. E’ stato il suo programma di vita che ha comunicato in maniera contagiosa ai giovani raccolti dalla strada, dalle carceri e dai primi luoghi di lavoro nella Torino dell’800. Lo testimoniò anche Domenico Savio quando dichiarò: “Noi qui, alla scuola di Don Bosco, facciamo consistere la santità nello stare molto allegri e nell’adempimento perfetto dei nostri doveri”.

E’ l’allegria vera, pulita, che non lascia amarezze, ed è la gioia di cui ci parla tanto frequentemente Papa Francesco invitandoci a non lasciarci catturare dalla tristezza o dalla depressione. Perché la benevolenza del Signore e l’amore della comunità credente è sempre più forte delle difficoltà che possiamo incontrare e delle spine che ci fanno soffrire.

“Ve lo ripeto ancora, rallegratevi”.
Alla luce di queste parole rivolgo a voi e a me un augurio: quello di poter essere sempre riconosciuti per quello che siamo: cristiani felici, gioiosi. Anche anziani possiamo avere “la faccia del giovane”, e questa è vera se sappiamo ispirare fiducia, se l’amorevolezza è nelle parole, nell’espressione del volto e degli occhi, nei gesti, se il dialogo è spontaneo, se la parola data sancisce un’alleanza sincera.
Testimoni della gioia sono i cristiani autentici. Se ci guardiamo attorno ci capita di incontrare volti radiosi, che sprizzano la gioia dell’amore di Dio. Pensiamo ai due Papi canonizzati da Papa Francesco: Giovanni XXIII nel suo sereno e invincibile ottimismo, e Giovanni Paolo II nel suo ardore di trascinatori di giovani.

Ci capita però di incontrare anche volti di non pochi credenti segnati da rughe di tristezza. Ed a questo proposito, ascoltate una forte ed incisiva osservazione dello scrittore francese Bernanos: “Dove diavolo avete nascosto la vostra gioia? A vedervi così tristi, non si direbbe che a voi, e a voi soli, è stata promessa la gioia del Signore”.
Cari amici, cari giovani non lasciamoci mai prendere dallo scoraggiamento e dalla tristezza. Don Bosco diceva: “Se vuoi farti buono, pratica queste tre cose e tutto andrà bene: allegria, studio, preghiera. È questo il grande programma per vivere felice, e fare molto bene all’anima tua e agli altri”.

Don Bosco che sapeva comunicare a tutti i suoi figli, collaboratori e amici, una visione positiva e integrale della vita; credeva nella bontà e dignità di ogni persona umana; era convinto che la fede cristiana e l’amicizia con Gesù Cristo costituiscono l’energia più forte ed efficace per sostenere lo sforzo educativo e per condurre ad uno stile di vita gioioso e felice qui sulla terra e garantire la felicità per sempre nella vita eterna.

“Il Signore è vicino!”.
La sua presenza l’avvertiamo solo se a lui apriamo il cuore e accogliamo il dono del suo amore. Il Signore infatti è vicino a chi lo cerca, a chi si fida della sua parola. La grande scoperta che ci comunicano i santi, e che i Papi del nostro tempo ci hanno fatto sperimentare, è proprio questa: la percezione di un Dio vicino, di un Dio amico dell’uomo, di un Dio ricco di benevolenza e di misericordia, sempre pronto a perdonare, ad accoglierci, ad arricchirci dei suoi doni.

“Esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti”.
Questa esortazione di San Paolo è fondamentale per l’indirizzo della vita cristiana. Senza preghiera l’anima manca di respiro e di aria pura e la vita si appassisce e si banalizza.

La preghiera che è stata il nutrimento di Don Bosco, dei suoi giovani, alimenta l’autentica vita dei figli di Dio. Ricordate che certe volte Don Bosco entrando nella Basilica di Maria Ausiliatrice ha visto dei giovani aggrappati al quadro centrale di Maria Ausiliatrice in atteggiamento orante e contemplativo. Questo dice la capacità di dialogo con Dio e con la Madonna di cui erano dotati tanti allievi degli istituti salesiani. Basti ricordare dalla lontana periferia del mondo il giovane Zefirino Namuncurà, i martiri polacchi, ragazzi dell’oratorio, trucidati a Dresda durante il nazismo. La preghiera dava loro la forza di resistere non solo contro il male ma anche contro le persecuzioni più cruente e dava la forza di accettare il martirio. Don Bosco diceva: “Chi non prega è in prossimo pericolo di cadere”.

Qui si vede l’aspetto di risorsa personale della preghiera: la preghiera dà respiro spirituale e irrobustisce la capacità di fedeltà alla legge di Dio, ma vorrei sottolineare anche un’apertura universale della nostra preghiera: è quella a cui ci invita sovente il Papa per le necessità del mondo e dei fratelli e sorelle in difficoltà sparsi in ogni angolo della terra. Ricordate la preghiera per la Siria, per l’Ucraina, per le situazioni di conflitto in Africa… Dobbiamo avere questa dimensione universale nella nostra preghiera e sentirci così uniti nella grande famiglia dei figli di Dio. E’ un dare e ricevere che ci fa bene.

Vorrei ora rifarmi al Vangelo che tante volte abbiamo ascoltato: «Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli».
L’accoglienza dei bambini incomincia dall’atteggiamento degli sposi, passa attraverso le comunità di lavoro e la società, con una decisione di favorire la presenza dei bambini (pensiamo alle provvidenze degli asili nido, dei centri educativi, dei centri di tempo libero, ecc.) fino alla formazione dei giovani, all’assicurazione del lavoro e alla possibilità a loro volta di creare nuove famiglie e di far crescere la società in un’atmosfera che non sia avvelenata, ma che faccia respirare i bambini e i giovani in realtà positive.

La festa di Don Bosco ci richiama tutto questo. Un patrimonio di valori, di esperienze, un invito a riesaminare la nostra vita personale ed anche la vita sociale in una prospettiva di futuro, per non deludere le attese e le sfide dei giovani del nostro tempo.

Ci sentiamo prosecutori di Don Bosco? O siamo semplicemente e unicamente orgogliosi dell’eredità da lui lasciata? Ognuno di noi nel posto che occupa, partecipa con la propria vita e con il proprio lavoro al progetto integrale di formazione cristiana delle nuove generazioni. I Membri della Famiglia Salesiana nella loro peculiare vocazione trovano nell’ispirazione di Don Bosco, nella sua maniera tipica di concepire l’evangelizzazione come salvezza totale, il loro specifico apostolato, ma anche ogni padre e madre di famiglia trova le linee guida del proprio ruolo di educatore.

Chi rimane saldamente ancorato a questi valori prepara una società futura sana; un mondo dove il bene supera il male e dove i “briganti” o i “falsi profeti”, smascherati dalle loro stesse azioni malvage, non riescono a confondere “il buon gregge” dei figli di Dio.
Maria Ausiliatrice, con materna sollecitudine, ci aiuti in questi santi propositi. A lei ci rivolgiamo con questa preghiera di Papa Benedetto XVI, pronunciata a Fatima nel 2010: “La tua presenza faccia rifiorire il deserto delle nostre solitudini e brillare il sole sulle nostre oscurità, faccia tornare la calma dopo la tempesta, affinché ogni uomo veda la salvezza del Signore, che ha il nome e il volto di Gesù, riflesso nei nostri cuori, per sempre uniti al tuo!”.
Così sia.