Andrea Tornielli ospite al Casinò per i “Martedì Letterari, con la collaborazione del Serra Club
Occasione la presentazione dell’ultimo suo libro intitolato “Da Paolo VI a Papa Francesco. La Chiesa e il dialogo”. La conferenza è iniziata dopo il saluto del vescovo, introdotto dalla dottoressa Taruffi e dall’avvocato Leone, presidente del Serra Club.
Incontro con il giornalista Andrea Tornielli ai Martedì Letterari organizzati al Casinò di Sanremo, con la collaborazione del Serra Club.
Occasione la presentazione dell’ultimo suo libro intitolato "Da Paolo VI a Papa Francesco. La Chiesa e il dialogo" (Piemme 2014). Dopo il saluto del vescovo mons. Antonio Suetta, introdotto dalla dottoressa Taruffi e dall’avvocato Leone è iniziata la conferenza di Tornielli.
Partendo dalla figura di Giovanni Battista Montini, il relatore ha sottolineato alcuni aspetti del pontificato di papa Paolo VI, primo fra tutti la capacità di entrare in dialogo con l’uomo del suo tempo. Caratteristica che troviamo anche in tutti i papi vicini a noi, come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Con gesti spesso sottovalutati che dicono la volontà di Roma di farsi tutto a tutti, ma che creano – in certi ambienti – atteggiamenti sospettosi, quando non ostili.
Perché Paolo VI si può definire il papa di Francesco? Tra i due vediamo grande somiglianza per la capacità di favorire il dialogo e infatti la riflessione è quanto mai attuale, essendo entrambi uomini aperti al confronto.
Eppure la figura di Montini è stata spesso sottovalutata e criticata, anzi alcuni, paragonandolo ad Amleto, lo ritenevano incapace di decisioni efficaci.
Forse è stato come "schiacciato" fra due grandi figure come quelle di Roncalli e di Wojtyla. Oppure ha attraversato un’epoca che, in modo dirompente, conosce il fenomeno della secolarizzazione. Infine ha vissuto anche le problematiche interne alla Chiesa che già erano emerse nel Vaticano II e che la agitarono negli anni successivi.
Ma il dialogo – che vediamo proposto oggi da Bergoglio – è anche scelta profetica che, se anche non porta frutti nel presente, crea i presupposti per realizzare il progetto di Dio attraverso l’incontro e non lo scontro. Così la testimonianza e l’opera di Paolo VI ha creato le basi per il lavoro dei suoi successori.
L’elezione di Papa Francesco – certo opera dello Spirito Santo – può derivare anche dall’impressione che fece nelle Congregazioni, quando invitò la Chiesa (così dicono i bene informati) a non essere autoreferenziale. A ricordare – come ricordano i Padri della Chiesa – che la Chiesa, come la luna, non brilla di luce propria, ma riflette la vera Luce, quella del suo Signore.
E poi, questo è il Francesco che conosciamo, l’invito ad essere missionari, a comprendere che il cuore del messaggio cristiano è l’annuncio della misericordia di Dio. Bisogna inoltre sforzarsi di arrivare a tutti, senza escludere nessuno, tenendo conto delle circostanze della vita di ogni uomo. Infine l’invito a non praticare lo sport della "lamentazione" per tutto quello che non va, ricordando con fede il brano evangelico che parla della zizzania.
"Evangelizzare oggi significa saper entrare nel buio". Mettersi al livello dell’interlocutore. E questo non è buonismo che nega la verità. La chiarezza della fede non è negata, mariaffermata attraverso la forza di una carità incarnata nelle situazioni esistenziali che incontra.
Il dialogo come strumento che da sempre accompagna la vita della Chiesa – magistralmente espresso nella Enciclica Ecclesiam Suam di Papa Paolo VI – è il luogo dell’incontro con l’altro. Il cristiano infatti sa che non dipende da lui ottenere risultati dalla semina, l’unico dovere è quello della testimonianza.
Il dialogo con le persone, iniziando dai bisogni elementari, non partendo dalle discussioni sui massimi sistemi, è indispensabile e la Chiesa lo sa, perché da sempre è maestra di umanità.
La serata è stata allietata dagli interventi musicali degli allievi della Ottorino Respighi.
Marco De Francesco