Dolphin watching nel “Santuario dei cetacei”: una campagna di “Sos Delfini”, Lav e Tethys

6 agosto 2014 | 06:03
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Dolphin watching nel “Santuario dei cetacei”: una campagna di “Sos Delfini”, Lav e Tethys
Dolphin watching nel “Santuario dei cetacei”: una campagna di “Sos Delfini”, Lav e Tethys
Dolphin watching nel “Santuario dei cetacei”: una campagna di “Sos Delfini”, Lav e Tethys

L’area di avvistamento fa parte del Santuario Pelagos, la prima area protetta d’alto mare del mondo, che vanta probabilmente la maggior concentrazione di balene e delfini del Mediterraneo

Avvicinare i delfini nel loro habitat naturale, osservarne i comportamenti senza partecipare al loro sfruttamento negli acquari e nei delfinari, è possibile. Ed è l’unico modo per conoscerli davvero.

Per questo, nell’ambito della campagna europea “SOS Delfini”, LAV e Marevivo – in collaborazione con Tethys Research Institute – hanno organizzato lunedì 4 agosto un’uscita nel Mar Ligure, a bordo del motorsailer “Pelagos”, per avvistare questi meravigliosi cetacei.

L’area di avvistamento fa parte del Santuario Pelagos, la prima area protetta d’alto mare del mondo, che vanta probabilmente la maggior concentrazione di balene e delfini del Mediterraneo. In un Paese come il nostro, con 30 aree marine protette, Lav, Marevivo e Tethys Research Institute vogliono dare una testimonianza di come sia possibile avvistare i delfini nel loro habitat naturale, partecipando ad un’esperienza unica ed emozionante, non comparabile con alcuno spettacolo in un delfinario, che mostra solo finzione e costrizione.

L’esperienza è stata resa possibile dal contributo di Tethys Research Institute – associazione onlus di ricerca scientifica dedita, dal 1986, allo studio e alla tutela dei cetacei all’interno dell’area protetta del Santuario Pelagos – che mette a disposizione la propria imbarcazione ed i suoi esperti biologi, per fare dolphin watching e raccontare la vera libertà dei delfini.

– In natura i delfini, che percorrono fino a 100 km al giorno, vivono in gruppi sociali complessi, composti da decine di animali, e parlano un loro linguaggio, oltre a sviluppare una propria cultura.

– Nei delfinari, invece, questi cetacei sono costretti a fare spettacoli o ad essere esposti ai visitatori. Per divertire un pubblico pagante, sono sottratti alle loro comunità originali, prelevati in natura e fatti riprodurre direttamente in piscina, dove si ammalano di più e muoiono prima. La speranza di vita di un delfino in cattività è, infatti, di circa 20 anni contro i 50 anni in natura. Senza contare che, per ogni animale portato in delfinario, 9 in media ne sono morti tra cattura, trasporto e adattamento.

Visitare i delfinari anche con i bambini, come spesso accade, è a dir poco diseducativo perché non si può imparare nulla dall’osservazione dei delfini in cattività: nessuna di queste strutture può garantire agli animali la libertà di esprimere comportamenti naturali né può offrire un ambiente che riproduca in minima parte quello naturale. I delfini sono mammiferi con fortissimi legami sociali e familiari ed in cattività subiscono una forte deprivazione sociale, esasperata dalla difficoltà di comunicare con i compagni, a causa del rumore e dell’alterazione che lo spazio chiuso provoca sui loro suoni. Questi animali, vivendo in un ambiente artificiale, appaiono “depressi” e il più delle volte sono sottoposti a terapia farmacologica e ormonale.

Oltre a queste considerazioni, valide per qualsiasi delfinario, va osservato che i delfinari presenti in Italia non hanno alcuna funzione educativa né scientifica o di conservazione della specie, perché non rispettano queste caratteristiche, obbligatorie per legge, facendo invece mero spettacolo: un inganno che i potenziali visitatori devono conoscere e a cui va messa la parola fine, a tutela degli animali costretti a questa inaccettabile prigionia.

Nel 2013 LAV, Marevivo e Born Free Foundation hanno lanciato in Italia “SOS delfini”, una campagna per la liberazione dei delfini dalla cattività, che prevede una petizione per dire basta alle prigioni d’acqua, che finora ha raccolto 55 mila firme.

La metà degli Stati dell’UE hanno vietato o, comunque, non autorizzano i delfinari. In Italia ne rimangono tre attivi: Zoomarine (a Torvaianica, alle porte di Roma), Oltremare (a Riccione), l’Acquario di Genova.

Il delfinario di Rimini è, invece, attualmente al centro di una vicenda giudiziaria per maltrattamento di delfini: nel settembre del 2013, infatti, il Corpo Forestale dello Stato ha proceduto ad un sequestro preventivo degli animali, poi confermato dalla Cassazione nel marzo del 2014.

IL “DOLPHIN WATCHING”

L’osservazione dei cetacei nel loro ambiente naturale è un’attività a vocazione turistica e/o pedagogica, chiamata comunemente "whale watching". Comparsa negli anni Novanta nel Mediterraneo, questa attività si praticava già nel Nord America negli anni Cinquanta.

Il Mediterraneo non sfugge a questa passione, i cui risvolti sono molteplici, ad esempio: il contributo all’economia locale, all’educazione e alla sensibilizzazione all’ambiente marino, al miglioramento delle conoscenze sui cetacei, alla riduzione delle pressioni della caccia ai mammiferi marini in certe regioni del mondo, ecc.

Le attività di osservazione dei cetacei non sono però realizzate sempre in modo ragionato e i pericoli che gravano sulle popolazioni di cetacei sono maggiori quanto più si combinano alle altre minacce di origine umana o naturale che incombono attualmente su queste specie ecologicamente fragili.

Se non regolamentate, queste attività possono costituire una fonte di turbativa ecologica, mentre se gestite correttamente diventano un ottimo strumento di conservazione e di sensibilizzazione verso l’ambiente.

Il codice di buona condotta è stato un primo passo verso l’elaborazione di una carta per l’osservazione dei mammiferi marini nel Mediterraneo.

I principi fondamentali del codice di buona condotta per l’osservazione dei cetacei nel loro ambiente naturale sono così riassunti:

– l’osservazione deve essere effettuata a più di 5 miglia dalla costa;

– l’osservazione deve essere interrotta se gli animali manifestano di sentirsi disturbati;

– è vietato avvicinarsi se sono presenti animali neonati;

– l’area di osservazione è superiore a 100 m;

– l’imbarcazione deve avvicinarsi lateralmente rispetto al cetaceo, procedendo da dietro in avanti;

– la velocità è regolare, non deve superare 5 nodi ed essere impostata rispetto all’animale più lento;

– nell’area di osservazione è autorizzata la presenza di una sola imbarcazione;

– la permanenza massima consentita è di 15 minuti;

– divieto di entrare in acqua, di toccare o di dare da mangiare ai cetacei.

Per maggiori informazioni: www.sanctuaire-pelagos.org

IL SANTUARIO DEI CETACEI PELAGOS

Il Santuario è una zona marina di 87.500 km² che nasce da un accordo tra l’Italia, il Principato di Monaco e la Francia per la protezione dei mammiferi marini che lo frequentano da tutte le cause di turbativa originate dalle attività umane e per conciliare lo sviluppo armonioso delle attività socio-economiche con la necessaria salvaguardia degli habitat e delle specie.

L’idea di un Santuario nel bacino Corso-ligure-provenzale nasce dalla constatazione, nel corso degli anni Ottanta, che questa zona è frequentata da una popolazione molto numerosa di mammiferi marini, attirati da un’elevata produttività primaria.

L’originalità del Santuario Pelagos per i mammiferi marini del Mediterraneo è implicita nel fatto che esso costituisce un ambito di gestione tripartita in un territorio costiero e di altura che si configura come "ecosistema di grandi dimensioni" di notevole interesse scientifico, socio-economico, culturale ed educativo.

L’Accordo Pelagos viene sottoscritto a Roma dalla Francia, l’Italia e il Principato di Monaco il 25 novembre 1999 ed entra in vigore nel 2002, allo scopo di promuovere azioni concertate e armonizzate tra i tre Paesi firmatari, per la protezione dei cetacei e dei loro habitat contro tutte le eventuali cause di disturbo: inquinamento, rumore, cattura e ferite accidentali, turbativa, ecc.

L’iter di creazione del Santuario ha preso corpo sul versante italiano, su iniziativa di organizzazioni non governative e si è materializzato a livello internazionale man mano che gli Stati si sono resi conto del fatto che la tutela dei mammiferi marini poteva realizzarsi soltanto attraverso una gestione integrata dell’area del Santuario. La sua storia è caratterizzata dall’approccio partecipativo dei vari interlocutori, che ne ha permesso la realizzazione. Tra questi, l’Istituto di Ricerca Tethys, ha apportato un significativo contributo con la sua attività scientifica, a partire dalla metà degli anni Ottanta.