Il messaggio di Mons. Antonio Suetta nelle celebrazioni nel giorno di Pasqua
20 aprile 2014 | 12:30
” Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero Risorto!”/Il testo integrale della sua omelia
Pubblichiamo il testo integrale dell’omelia del Vescovo Diocesano, Mons. Antonio Suetta, in occasione delle celebrazioni solenni della Santa Pasqua:
"Si, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto" (sequenza pasquale).
In questa solenne liturgia pasquale professiamo con fede e con gioia questa certezza, che riceviamo dall’annuncio della Chiesa a partire da quei primi testimoni, di cui ci racconta il Vangelo: Maria di Magdala, le donne, Pietro, Giovanni e gli altri discepoli.
Il testo evangelico ci ha raccontato la passione e la morte di Gesù, e i fatti sono giunti ad un un epilogo che sembrava l’unica evidenza: il corpo deposto nel sepolcro, una tomba sigillata e sorvegliata. I discepoli di Emmaus la racconteranno così a Gesù, senza riconoscerlo, e gli diranno che "speravano che fosse lui a liberare Israele, ma che erano ormai passati tre giorni" e non avevano visto nulla, nonostante la testimonianza delle donne. Che fiato corto la nostra speranza!
Noi invece crediamo e sappiamo che la resurrezione di Cristo è il cuore della fede, il suo contenuto essenziale: "se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati… se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita siamo da compiangere più di tutti gli uomini" (1 Cor 15, 17-19), così scrive l’apostolo Paolo ricordando come la risurrezione di Cristo sia l’evento decisivo della salvezza.
La fede è un dono gratuito di Dio, che l’uomo non può né pretendere né condizionare; l’uomo però è chiamato a rispondere aprendo il cuore oppure opponendo un rifiuto. E così la fede è sempre una libera decisione; qualcuno la paragona anche ad un scommessa. E un po’ è così. Non una scommessa al buio, ma piuttosto una scommessa sulla fiducia.
A chi vogliamo credere, in chi riporre la nostra fiducia?
Molti ragionano come Tommaso: se non vedo, non credo. Ed esasperano questa posizione rifiutando la testimonianza del Vangelo, accreditata dal grande numero dei testimoni e dal coraggio del loro martirio, per affidarsi soltanto ad una forma di preclusione razionalistica: soltanto quello che io vedo e tocco, soltanto ciò che la mia ragione può scandagliare con chiarezza, merita la fiducia.
In questo modo il mistero di Dio si ritrova inesorabilmente fuori della vita di quelle persone.
I vangeli invece ci riferiscono di atteggiamenti che, assolutamente non in contrasto con la ragione, si consegnano a percorsi che illuminano e sostengono l’intelligenza.
Questi sono innanzitutto la grazia di Dio e insieme una percezione più completa del cuore umano, abitato dal desiderio di vita piena e dalla profonda nostalgia di Dio.
Quello slancio del cuore, raccolto e fecondato dalla grazia di Dio, apre la strada ad una comprensione più autentica del mistero dell’esistenza.
Così è stato per Giovanni, corso per primo al sepolcro dopo la testimonianza delle donne, e soprattutto per Maria di Magdala, che di buon mattino, contro tutte le evidenze negative dei giorni precedenti, continuando a scommettere sulla parola del maestro é andata al sepolcro. In effetti ha visto qualcosa, la pietra rotolata via, la tomba vuota e le vesti lasciate in disparte, ha visto anche un tale, preso per il giardiniere, ma non subito ha riconosciuto il Signore risorto. In quel momento di smarrimento e di disperazione, pensando che avessero trafugato il corpo di Gesù, si è sentita chiamare per nome in un modo familiare, noto al suo cuore, e si è voltata, finalmente riconoscendo il volto di Gesù, vivo, risorto e vicino a lei.
È così l’avventura della fede: un seme che, come Gesù, cade nella terra, muore e rimane solo, e che però, richiamato dalla potenza di Dio, è in grado di germogliare e di fare frutto. È così l’avventura della fede: dall’oscurità della passione e della morte rifulge l’alba della risurrezione. È così l’avventura della fede: come osserva acutamente San Tommaso d’Aquino: si vede una cosa (il sepolcro vuoto, le bende, il sudario) e se ne crede un’altra (la risurrezione del Cristo). Non per andare dietro a delle favole, ma perché la luce della fede rende i segni leggibili e la Parola sicura del Maestro rende intellegibile la realtà. Quella vera.
Che cosa possiamo fare noi per accogliere il dono della Pasqua? Correre al sepolcro come Giovanni e voltarci, come Maria al richiamo del Signore, in qualsiasi modo ci raggiunga.
Voltati anche tu, voltati rispetto al pregiudizio, voltati rispetto allo scoraggiamento, voltati e dai finalmente le spalle ad una vita vuota e stanca.
Vedrai rinascere la speranza, sentirai che il cuore sussulta al sentire pronunciare il tuo nome. "Maria!", ha detto Gesù e lei immediatamente ha capito e ha risposto "Maestro!". Tutto era finalmente chiaro e la sorpresa di quell’incontro l’ha colmata di gioia e l’ha resa capace di annuncio.
Voltati anche tu, oggi. Il Signore ti chiama per nome e ripete anche a te, come all’amico Lazzaro: "Vieni fuori!" (Gv 11,45). Aggiunge poi: "Scioglietelo e lasciatelo andare". Pasqua è ritorno, misericordia, perdono, tenerezza di Dio.
Pasqua è nell’acqua battesimale, che ci ha lavato dai peccati e ci ha donato la vita nuova dei figli di Dio.
Pasqua è nella vita della Chiesa, mandata a tutti a portare il lieto annuncio.
Pasqua è la tua vocazione a camminare in novità di vita e ad essere pellegrini di risurrezione.
Voltati allora, come Maria e fidati di quello sguardo, radioso della luce di Dio, che accoglie e trasforma tutta la tua vita.
E così sia davvero un Buona Pasqua.
E così sia davvero un Buona Pasqua.
+ Antonio Suetta