Situazione occupazionale in provincia di Imperia, l’analisi di Rifondazione Comunista

10 febbraio 2014 | 07:33
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Situazione occupazionale in provincia di Imperia, l’analisi di Rifondazione Comunista

“Proponiamo un piano occupazionale per difendere e riparare il
nostro territorio, siamo sicuri che per questo si possano recuperare moltissimi posti di lavoro senza incidere sulle casse esangui dei comuni, province, regioni”

Nella nostra provincia il problema della disoccupazione sta avanzando  a ritmi impressionanti, forse anche più che in altre provincie. Basti  vedere quanto riportato da “La Stampa” nell’articolo del 4 febbraio  “Olio e fiori aziende in calo”.
Le aziende olivicole sono passate dalle 1.044 del 2005 alle 961 del  2013.
Gli addetti del settore floricoltura dai 4.443 del 2005 ai 2.971 del  2013.

Se andiamo poi a confrontare i numeri degli iscritti alla cassa edile  provinciale, troviamo che nel 2008 vi erano iscritti circa 5.500
muratori, mentre nel 2013 ne sono rimasti circa 2.800.
Negli ultimi 2 anni, 2013 e 2014, si sono firmate nella provincia di  Imperia ben 800 posizioni di cassa integrazione in deroga solo nel
settore del commercio: 600 nel 2013 e ben 200 in questi primi due mesi  del 2014.

Contro questa deriva noi proponiamo un Piano per il Lavoro e la  Costituzione, per dare una concreta risposta sia in termini
occupazionali che di difesa del territorio, per troppo tempo si è  preferito cementificare e "violentare" così come oggi si può
facilmente verificare, il nostro territorio.
Le tante frane e smottamenti di questi giorni, frutto soprattutto di  un dissesto idrogeologico ormai arrivato a livelli critici, ci fanno
riflettere. Ancora irrisolto è il blocco del binario (unico) tra Cervo  e Andora.
Ora è tempo di rimediare a scelte scellerate fatte per troppo tempo. Noi proponiamo un piano occupazionale per difendere e riparare il
nostro territorio, siamo sicuri che per questo si possano recuperare  moltissimi posti di lavoro senza incidere sulle casse esangui dei  comuni, province, regioni.

Come?
Basta tassare in modo progressivo, come indicato chiaramente dalla  Costituzione, le grandi ricchezze, sopra i 700.000 €; iniziare
seriamente una lotta all’evasione ed elusione fiscale; mettere un  tetto massimo di 5.000 euro per stipendi (di parlamentari e dirigenti
ad esempio) e pensioni; cessare il finanziamento di folli spese  militari, come ad esempio i cacciabombardieri F35, che si dice non
possano volare quando piove.
Fermare le opere inutili, come la Tav in val Susa, dove la ferrovia  attuale è del tutto sotto utilizzata, usando i fondi per ciò che è più
utile, come il raddoppio ferroviario tra San Lorenzo e Andora,  vergognosamente stagnante da anni nonostante sia solo 16 km.
Queste sono solo alcune delle proposte del Partito della Rifondazione  Comunista che nelle settimane a seguire illustreremo agli italiani.
In questo periodo è in atto il congresso della organizzazione  sindacale più grande e importante del nostro Paese, attraverso il
rinnovo degli organismi dirigenti della CGIL. Il nostro partito  sostiene il documento 2, che non a caso si intitola “Il sindacato è un’altra cosa”.
La ragione di tale scelta è dovuta al fatto che in questi ultimi anni  di controriforme sulle questioni lavoro e pensioni, la CGIL non ha
saputo incalzare adeguatamente i governi di turno, così che la  controriforma Fornero è passata sostanzialmente indisturbata.
Alcune vertenze lavorative, chiusure di fabbriche o esternalizzazione  di servizi hanno visto il sindacato confederale troppo arrendevole; la  precarietà sul lavoro è divenuta la normalità e quindi anche la  qualità della vita dei lavoratori è tragicamente peggiorata;
l’articolo 18, unico baluardo di difesa dei lavoratori è stato nel  concreto cancellato.

Noi siamo certi ci sia un altro modo di fare sindacato, un sindacato  dei e per i lavoratori.
I rimedi a tutto questo sfacelo esistono. Prima di tutto un referendum  per l’abrogazione della riforma Fornero sulle pensioni. Oggi più di  240 RSU stanno raccogliendo firme per una petizione che cancelli  quella legge, in modo che si possa tornare almeno ai 40 anni
contributivi senza limite di età. Un piano contro la disoccupazione  che preveda un reddito minimo, anche al fine di arginare il ricatto
del sotto lavoro sempre più “di moda” in una situazione di  disoccupazione dilagante e a condizioni vergognose per la dignità
della persona.
Non si può accettare che i lavoratori stiano sul posto di lavoro anche  fino a 70 anni!
Quale futuro e quali prospettive potremo lasciare ai nostri figli che  entrano, quando entrano, nel mondo del lavoro intorno ai 35 anni,
magari non continuativamente.
Che prospettive e qualità della vita lasciamo?
Probabilmente una Repubblica non più “fondata sul lavoro”, come recita la Costituzione.

Partito della Rifondazione Comunista
Federazione di Imperia
Il responsabile del dipartimento Lavoro
Roberto Grita