Anche la città di confine ha voluto ringraziare Mons. Careggio per la missione svolta

22 febbraio 2014 | 20:36
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Anche la città di confine ha voluto ringraziare  Mons. Careggio per la missione svolta
Anche la città di confine ha voluto ringraziare  Mons. Careggio per la missione svolta
Anche la città di confine ha voluto ringraziare  Mons. Careggio per la missione svolta
Anche la città di confine ha voluto ringraziare  Mons. Careggio per la missione svolta
Anche la città di confine ha voluto ringraziare  Mons. Careggio per la missione svolta
Anche la città di confine ha voluto ringraziare  Mons. Careggio per la missione svolta

“Vi ho voluto bene e conserverò nel mio silenzio le emozioni che in questi dieci anni ho provato nei vari incontri”. Il testo integrale dell’omelia

Dopo la città di Sanremo anche quella di Ventimiglia ha salutato Mons. Alberto Maria Careggio con una celebrazione solenne. La Cattedrale di Nostra Signora Assunta a Ventimiglia, alle ore 18,00, in concomitanza alle Cresime per gli adulti, ha visto la presenza dell’Arcivescovo di Monaco, Mons. Bernard Barsi e il suo Vicario Generale, Mons. Giuliano Renê. 
Mons. Umberto Toffani, Vicario Generale della Diocesi di Ventimiglia Sanremo, nel suo breve discorso di introduzione ha voluto ringraziare Giovanni Paolo II per aver dato a Mons. Careggio l’opportunità di salire sulle "Alte vette", con una chiara simbologia: chi sta in basso ha un orizzonte piuttosto limitato chi, invece, sale in alto, ha sicuramente una visione più ampia e globale. Sempre nel suo intervento Mons. Toffani ha ringraziato Mons. Careggio per aver dato alla Cattedrale di Ventimiglia un organo degno del luogo, valorizzando così ancor più le celebrazioni liturgiche. In ultimo è stato ricordato il progetto dell’Hospice (per malati terminali) sostenuto dalla fondazione Notari Lorenzi, completando così il servizio caritativo con la Casa La Panice di Limone Piemonte e i Centri Ascolto Caritas. L’opera nascerà accanto all’Ospedale Saint Charles a Bordighera.
Ecco il testo integrale dell’omelia di Mons. Alberto Maria Careggio
L’ADDIO AI MIEI DIOCESANI
Cattedrale di Ventimiglia, 22 febbraio 2014
Sono lieto di terminare il mio mandato dapprima di Vescovo e, successivamente, di Amministratore Apostolico di questa Diocesi, con il conferimento della Cresima a questi fratelli arrivati a questo Sacramento fuori dall’età preadolescenziale, e quindi – come si spera – maggiormente consapevoli della scelta compiuta. Per me si tratta dell’ultimo atto ufficiale di quella generazione spirituale, che ogni Vescovo è tenuto a compiere dal primo giorno della chiamata alla successione apostolica, sino alla fine. Il generare non è solo trasmettere la vita, ma seguirne la crescita con amore di padre e sollecitudine di madre. San Paolo, nella sua affettuosa  lettera ai Galati, chiamandoli “Figli miei” aggiungeva “che io di nuovo partorisco nel dolore finché Cristo non sia formato in voi” (Gal 4,19). Sono sincero: questo è quanto prova un Vescovo quando vuole spendere tutta la sua vita per il gregge affidatogli. Senza sofferenza non c’è la gioia che ne segue, quando tutto è fatto con amore. Quante soddisfazioni in quasi cinquant’anni di ministero sacerdotale e in vent’anni di episcopato! Lo stare con la gente è stata la mia più grande passione, perché essa è buona, quando non è sobillata da malintenzionati o alterata da ideologie anticristiane. Avverte il bisogno di Dio, soprattutto quella che, vivendo fuori dagli anonimi agglomerati cittadini, è ancora impregnata di valori umani e cristiani.
Parlando di generazione come non pensare innanzitutto ai sacerdoti, in modo particolare a quelli che ho personalmente ordinato; i sacerdoti di questa Diocesi mi sono stati tutti molto vicini, nonostante le inevitabili differenze di età, di formazione, di maturazione. Devo loro un grazie particolare a partire dai due Vicari Generali, dapprima Don Vittorio Lupi, quindi l’attuale Mons. Umberto Toffani. Non posso dimenticare il Can. Daniele Bisato, Presidente del Capitolo, tutti i Parroci, specialmente  quelli della Cattedrale e Concattedrale,  i Collaboratori della Curia tanto sacerdoti, quanto laici. Ho fatto, nei limiti del possibile, tutto il mio dovere senza risparmio di forze, e ringrazio il Signore per l’aiuto che mi ha sempre dato, sostenuto anche dall’amicizia di molti fedeli. Ho cercato di fare bene a chiunque, senza preferenze e mai mi sono sottratto al mio ministero specifico. Pensando a Ventimiglia, da questo seggio, da dove ho sempre parlato alla Diocesi intera, sono lieto di essermi ostinato per darle un signor organo e distruggere l’onta di essere, fino ad allora, l’unica Cattedrale d’Italia, senza il nobile strumento liturgico.
Non dimenticherò nessuno nella mia preghiera, dai sacerdoti, alle religiose e religiosi, ai malati, ai fedeli laici e a quelli impegnati in Movimenti o Associazioni ecclesiali. Un saluto vada anche alle Autorità civili e militari, in modo particolare a quelle con cui è stata possibile una buona intesa e collaborazione.
Non voglio ricordare altro che i momenti più belli, vissuti in occasione delle feste patronali, delle cresime e, perché no, delle iniziative estive, anche quando di religioso avessero soltanto qualche elemento folclorico o nulla del tutto. Ma lasciatemi dire: i momenti più stimolanti e indimenticabili  sono stati e rimangono quelli trascorsi con le migliaia di adolescenti che ho incontrato nel periodo di preparazione alla Cresima, quindi confermati,  dando loro lo Spirito di Dio, lo Spirito Santo,  che dà la forza di essere veri cristiani, testimoni coraggiosi di Gesù, “cittadini degni del Vangelo”. Sono quelli i momenti che non solo mi hanno sempre colmato di gioia, ma anche lenito le sofferenze e le amarezze che non sono mancate nel ministero episcopale. Riandando al passato non ho che da ringraziare il Signore per la fiducia di avermi chiamato alla pienezza del sacerdozio dalla voce stessa del futuro Santo Giovanni Paolo II, mettendomi sotto la protezione della B. V. Maria e scegliendomi il motto Sub Tuum praesidium. Il suo augurio suonava così: «Come Ella ha saputo validamente guidare il Papa nelle ascensioni alpestri, così e ben di più, con l’aiuto del Signore, Le auguro di saper condurre i fedeli alla vette della fedeltà al Vangelo e della santità» (Lettera da Castelgandolfo, 22 settembre 1995). Spero di non aver troppo disatteso le sue parole.
Veniamo al presente. È chiaro che prendere congedo è sempre una cosa triste, una cosa che fa male, che è dolorosa, specie se per la tua gente hai dato quanto potevi. Il giudizio su questo aspetto tocca a Dio soltanto, visti i limiti di ogni persona. Spero pertanto di incontrare il Signore tanto misericordioso, quanto la mia debolezza lo richieda.
Non vi lascio nessun messaggio particolare se non di essere fedeli a Gesù Cristo, obbedienti alla Chiesa e ai suoi ministri. Il Papa Francesco ha parlato chiaro. Vuole una pastorale in chiave missionaria e, pertanto, questa – come scrive nella sua recente Esortazione Apostolica Evangelii gaudium – «esige di abbandonare il comodo criterio del “si è sempre fatto così”» (33). Siate, dunque, più collaborativi col nuovo vescovo, senza divieti e paure. Inoltre il Santo Padre ha detto diversi No. Tra questi  mi preme sottolineare il No alla guerra tra di noi, all’interno del Popolo di Dio e nelle diverse comunità Ha detto Si ad essere coraggiosi e generosi nell’amare e testimoniare Gesù sempre e dappertutto (EG 98 e sgg).
E voi, che tra poco sarete confermati, rivestiti di Spirito del Signore, consideratevi “tempio” di Dio. Non cacciate mai Cristo con un’incoerente e indegtna condotta di vita. Rimanete fedeli alla preghiera, alla messa domenicale, ai doveri del vostro stato di vita, specialmente, lo dico, a quelli che stanno per formare una famiglia col matrimonio cristiano. I tempi per voi sono difficili più di quelli che abbiamo vissuto noi, ormai maturi per l’aldilà.
Recentemente il Cardinale Amato, nel parlare del beato cardinale Stepinac, torturato dal regime comunista di Zagabria e morto nel 1960, senza mezze misure o reticenze, ha ricordato che la testimonianza di questo martire della fede resta attualissima: «Anche oggi viene apertamente combattuta la visione cristiana dell’uomo, della donna, del matrimonio, dell’educazione dei giovani, del rispetto e della dignità della vita umana dal suo nascere fino al suo naturale tramonto. Oggi le virtù vengono derise e i vizi esaltati… Si impone con la forza bruta di una propaganda calunniosa ciò che non si ottiene con la ragione » (L’Oss. Rom., 12 febbraio 2014).
Cari cristiani, questa è l’ora di essere più uniti e non andare dietro a beghe di piazza. Soltanto uniti nel Signore e per mezzo del Signore, diventeremo “attrattivi”, come dice Papa Francesco, cioè potremo essere veramente lievito nella pasta, sale della terra e luce del mondo.
+ Mons. Alberto Maria Careggio