Il pentito Oliverio illustra i rapporti tra ‘ndrangheta calabrese e del nord/ DIRETTA (1)/ FOTO

16 gennaio 2014 | 13:55
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Il pentito Oliverio illustra i rapporti tra ‘ndrangheta calabrese e del nord/ DIRETTA (1)/ FOTO
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“La differenza con la Calabria è una maggiore tolleranza. Se sgarri in Calabria muori, al nord, invece, si tollera di più per evitare conflitti…”. Lo stesso racconta, poi, come ha conosciuto i presunti affiliati di Ventimiglia/ PAUSA DELL’UDIENZA

"La ‘ndrangheta usa le regioni del nord come lavanderia per riciclare I soldi. Esistono ‘ndrine in Lombardia, Piemonte e Liguria. Le locali, di regola, dovrebbero essere composte da cinquanta persone, ma soprattutto al nord, si costituiscono locali anche di soli dieci-quindici uomini, per fare numero. La differenza con la Calabria è una maggiore tolleranza. Se sgarri in Calabria muori, al nord, invece, si tollera di più per evitare conflitti".

A parlare è il pentito della ‘ndrangheta Francesco Oliverio, 42 anni, di Crotone, interrogato, stamani, in tribunale a Imperia, dal pm Giovanni Arena dell’Antimafia di Genova, al processo per associazione a delinquere di stampo mafioso e reati "fine", che vede alla sbarra i 36 imputati dell’operazione "La Svolta" contro la criminalità organizzata nel Ponente della Liguria, che il 3 dicembre del 2012 portò in carcere 15 persone. A parte qualche brevissima interruzione, Oliverio è stato ascoltato, fino alle 14.30, per una pausa dell’udienza che riprenderà, dopo le 15, con la sua deposizione. Davanti al collegio giudicante (presidente Paolo Luppi e giudici a latere: Anna Bonsignorio e Massimiliano Botti), Oliverio ha raccontato di essersi affiliato alla ‘ndrangheta, quando aveva 13 anni. Ha, poi, ricordato l’omicidio del padre, avvenuto nel 1988 in un attentato.

"Sono responsabile di fatti di sangue, sia come esecutore che come mandante – ha aggiunto -. Ho avuto una crisi di coscienza, quando una madre è stata colta da infarto, riconoscendo il figlio ucciso per causa mia. Non volevo, poi, che i miei figli facessero la mia stessa vita. Quindi, nel 2012, ho iniziato a collaborare con la procura di Catanzaro…".

Dopo aver illustrato: struttura, riti di affiliazione e gerarchie, Oliverio – già condannato a 13 anni per tentato omicidio, armi e droga, reati commessi in provincia di Milano nel 1996; e poi, condannato a 5 anni e 4 mesi dal tribunale di Catanzaro, nel luglio scorso, per associazione mafiosa – ha illustrato come ha conosciuto i presunti esponenti della ‘ndrangheta locale, oggi, a processo.

"All’inizio del 2000 ero al carcere Le Vallette, di Torino. Laggiù ho conosciuto Antonio Palamara, che mi è stato presentato da suo cugino, Lorenzo Carbone… Dal 2005 al 2007, un mio sodale riceve proposta di portare in Italia, dal Sudamerica, un ingente quantità di cocaina. Al momento non avevo risorse logistiche ed economiche, così mi sono rivolto al clan Papalia, ricevendo risposta positiva".

E ancora: "A Mentone, nei pressi del Casinò, ho incontrato una persona di origine calabrese che non poteva entrare in Italia per problemi giudiziari, un certo Roberto. E poi, un napoletano: Giovanni Tagliamento. Quest’ultimo mi disse che non aveva abbastanza denaro per rilevare 200 chili di cocaina: ne avrebbe presi tra 50 e 100 chili. A questo punto ho ritenuto di dover prendere contatti con i dranghetisti della zona di Ventimiglia ed informarli… Mi hanno presentato i due fratelli Roberto e Maurizio Pellegrino. In Italia ho poi incontrato Peppino Marcianò che mi ha detto che lui non si occupava di spaccio. I 200 chili sono poi arrivati e ho ricevuto un compenso".

Ore 15.40

Riprende il processo. Il pm chiede ad Oliverio dei contatti tra locale di Rho e della zona di Ventimiglia.

"Nel 2007-2008, tramite Angelo Olivieri, che aveva contatti con la gente di Bordighera. In un’occasione mi parlò dei cugini Rocco e Francesco De Marte e dei cugini Pellegrino, che avevano bisogno di due chili di cocaina. Mi sono rivolto a Ciccio Barbaro, del ramo Nigri, che abitava a Corsico. Sono andato con Agatino Egitto ad un appuntamento all’uscita autostradale di Turate (Como). Arriva un ragazzo con uno scooterone che ci accompagna, noi eravamo in macchina, fino ad una palazzina, tra Saronno e Gerenzano. Al secondo o terzo piano ci apre Angelo. Erano presenti anche i De Marte e I Pellegrino. È stata controllata la qualità della cocaina che era ottima".

"Improvvisamente suonano al citofono, erano i carabinieri. Noi, io e Agatino, ci siamo nascosti in una camera ma I carabinieri non erano venuti per noi ma per notificare qualcosa".

Il pm mostra al teste Oliverio 5 foto di google maps chiedendogli se riconosce il luogo dellincontro. Il teste conferma. Si tratta di via Cesare Battisti, tra Gerenzano e Cislago".

Ore 17.20

"Una Glock calibro 9 serviva ai Pellegrino, ma non ricordo chi. Ho fornito l’arma e le munizioni".

L’UDIENZA E’ TERMINATA ALLE 17.30 E TORNERA’ IN AULA MERCOLEDI’ 22 CON LA PROSECUZIONE DELL’INTERROGATORIO