Gli Arabi in Liguria
Gli Arabi portarono in Liguria il pero, il susino, il grano saraceno, il mulino ad acqua e la ceramica. Com’è noto il termine articiocca deriva dall’arabo dall’arabo “spina della terra” (ard, terra;sciau, spina)
faticando (ma anche lavorare) è in genovese camallà cioè fare il facchino, da cui camallo. Il tradizionale macramè deriva anch’esso dall’arabo e sta a significare frangia con nodi così come mezzaro significa velo. Nei dialetti liguri, soprattutto di ponente (vedi soprattutto – ma non solo -Voci Orientali nei dialetti di Liguria del Professor Lorenzo Lanteri) abbondano parole arabe in ogni aspetto della vita associata e delle terminologie quotidiane e/ gastronomiche, ma la trattazione diventa lunga e complessa).
La parola genovese fardo, che ha il suo equivalente nell’italiano fardello, trae origine dall’arabo farad, che significa peso, obbligo (radice trisillaba o trilittera, come si sa dallo studio della lingua arabaclassica, che significa imporre). I noti fondaci genovesi, nei quali
vivevano vere e proprie colonie, non erano altro che la traduzione in arabo della parola "albergo", famiglia in senso lato, anzi meglio famiglie o gruppi di famiglie: infatti fondaco deriva dall’arabo "funduk". Gli Arabi portarono in Liguria il pero, il susino, il grano saraceno, il mulino ad acqua e la ceramica. Com’è noto il termine articiocca deriva dall’arabo dall’arabo "spina della terra" (ard, terra;sciau, spina). Si tratta di una forma di globalizzazione ante-litteram che conferma l’unicità della civiltà mediterranea, le cui parti che non si limitarono al confronto armato, ma si intrecciarono nel campo commerciale e ancor più in quello culturale: la filosofia araba fu infatti alla base della moderna Europa intellettuale.
PIerluigi Casalino