Nella concattedrale di S. Siro |
Sanremo
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Santa Messa di Natale: il testo integrale dell’omelia del Vescovo Diocesano Mons. Careggio

25 dicembre 2013 | 18:47
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Santa Messa di Natale: il testo integrale dell’omelia del Vescovo Diocesano Mons. Careggio
Santa Messa di Natale: il testo integrale dell’omelia del Vescovo Diocesano Mons. Careggio
Santa Messa di Natale: il testo integrale dell’omelia del Vescovo Diocesano Mons. Careggio
Santa Messa di Natale: il testo integrale dell’omelia del Vescovo Diocesano Mons. Careggio

“Domenica scorsa il Santo Padre formulava i suoi auguri natalizi con le parole: speranza, giustizia, fraternità. Le faccio mie. Che il Bambino Gesù, sorriso della Trinità, riscaldi i nostri cuori di speranza, vero antidoto contro sfiducia e pessimismo”

Durante la Santa Messa della Notte di Natale nella Concattedrale di San Siro Mons. Vescovo ha benedetto come da tradizione gli allievi residenti nella nostra provincia della Scuola Cadetti di Modena che hanno ricevuto lo spadino.

IL TESTO INTEGRALE DELL’OMELIA DEL VESCOVO DIOCESANO MONS. ALBERTO MARIA CAREGGIO

Gesù è nato e il mondo si rallegra. È nato in un’epoca ben determinata, come precisa Luca, storico oltre che evangelista, dando con i fatti anche una datazione dettagliata. Gesù non è dunque un mito e il racconto natalizio non è una favola. E’ un evento che anche molti adulti non conoscono più e che si cerca in qualche modo di cancellare anche dal mondo innocente dei bambini. È quanto sta, purtroppo, accadendo anche in alcune scuole della nostra terra ligure.

Gesù non è sceso dalle stelle! Non è un extraterrestre. È il Figlio di Dio, il “Verbo”, la “Parola di Dio”. Ha preso un corpo come il nostro, ha avuto una mamma, è stato accolto da un padre terreno, è cresciuto in una famiglia come le nostre, sebbene straordinaria ed esemplare, in confronto.

Nel racconto di Luca si legge che, mentre Giuseppe e Maria si trovavano a Betlemme per lo storico censimento, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto (Lc 2,6). Possiamo commentare questo fatto richiamando l’inizio del Vangelo di Giovanni: Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto (Gv 1, 11). Già allora per molti non c’era posto per Dio com’è pure oggi. Questa sconcertante e misteriosa realtà fece un giorno dire a Gesù, certamente con animo pieno di tristezza e di umana incomprensione: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo (Mt 8,20).

Non possiamo archiviare, semplicemente, tra le cose accadute, questi passi evangelici. Nella Prefazione al suo libro “L’Infanzia di Gesù”, Papa Ratzinger invitava il lettore a rispondere a queste domande: E’ vero ciò che è stato detto? Riguarda me? E se mi riguarda, in che modo? (Rizzoli – LEV, 2012, p. 75). Perché il nostro Natale sia sincero, non possiamo eludere queste domande esistenziali che toccano il significato ultimo della vita, le danno un significato vero e profondo che, diversamente, non avrebbe.

Le melodie natalizie, che avvolgono questo santo giorno, potrebbero anche accarezzare per un momento le nostre orecchie, soprattutto quelle degli ottuagenari. I canti della tradizione potrebbero forse cullare la nostalgia della nostra innocenza perduta, ma anche lasciare il cuore vuoto, colmo solo di tristezza. Quanto può ridare un sorriso alla vita esiste e sta nell’accogliere il Gesù nato per noi, l’Emmanuele, il Dio con noi, il Salvatore. Occorre farne l’esperienza e quindi confrontare la vita, quella vissuta con Lui, con quella che potremmo avere senza di Lui.

L’impresa potrebbe sembrare difficile, se sotto gli occhi non avessimo l’immagine di una società oggi sempre più arrabbiata, sempre più insoddisfatta. Ha fame, è vero; c’è sempre meno lavoro, meno denaro. Abituata com’era ad avere quasi tutto, oggi ha l’impressione che il mondo le crolli addosso. Non sottovaluto i reali bisogni di chi si trovi in particolari ristrettezze economiche e ridotto quasi alla disperazione. Penso, infatti, a chi è rimasto senza lavoro in virtù della cosiddetta New economy, l’inganno più subdolo della postmodernità; penso a quei commercianti e imprenditori che sono costretti a chiudere la loro attività, forse con famiglia ancora a carico; penso a chi si vede distrutto il frutto di sacrifici e di anni di lavoro, inesorabilmente corroso da un cosiddetto “patto di stabilità” (di quanta ironia si riveste oggi questa parola!).

Di fronte a un quadro dalle fosche tinte, vien pure da domandarsi se quel mondo, ormai alle spalle per la maggior parte di noi, espressione di uno spirito edonista e materialista, fosse stato davvero lusinghiero, tanto da far credere che la vita solo in quel modo poteva essere soddisfacente e bella. Se così fosse stato realmente, non sarebbe emersa l’espressione “sazi e disperati”. Perché erano disperati, pur essendo sazi?

Cari fedeli, lascio a voi la risposta alla luce delle parole di Gesù: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio (Mt4,4). Fintantoché non arriveremo ad alimentare la nostra fame e sete di felicità a questa verità, potremmo pur avere tutte le ricchezze di questa terra, ma il nostro cuore rimarrebbe perennemente triste, l’esistenza continuerebbe nel suo inutile sforzo a rincorrere feroci desideri inappagabili e cadere quindi, inesorabilmente, nella fossa del tutto perduto.

Nel bel mezzo dell’interrogatorio giudiziario, il procuratore Pilato, rivolgendosi a Gesù accusato di essersi fatto “Figlio di Dio”, un reato degno di morte, all’improvviso gli domandò: “Di dove sei tu?”. Gesù, che fino a quel momento aveva taciuto, anzi aveva solo risposto di essere re, ma non di questo mondo (cfr Gv 18,36), rispose: Per questo io sono nato e venuto al mondo: per dare testimonianza alla verità (Gv 18,38). Ecco, Gesù, nascendo in mezzo a noi, ha inaugurato un modo di essere uomini fondato sulla verità; ha dato vita ad una società nuova che si costruisce sull’amore vero, sull’uguaglianza, sulla giustizia, sulla fraternità, sul perdono reciproco: questo dovrebbe essere il vero “Patto di stabilità” del cristiano! Così Dio vuole la società e, per questo, ha dato a tutti la possibilità di costruirla; il che è possibile soltanto insieme con Lui. Disse un giorno ai suoi discepoli: Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,1-8).

Devo terminare, ovviamente. Ma la verità non va trascurata. Se continueremo a vivere come se Dio non esistesse, il mondo non avrà un futuro. La sua fine potrebbe essere alle porte perché – così afferma Sant’Agostino: Chi ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te (Sermo 49, 13). Nati peccatori, ciascuno di noi conserva la possibilità di ribellarsi a Dio, di respingerlo e di esclamare come i servi infedeli della parabola: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi (Lc 19, 14). Ma questo è l’inferno.

Oggi è Natale! Lasciamo che la luce di Betlemme e il sorriso di Gesù – il sorriso della Vita vera, buona e santa, quello impresso anche nelle statue del Bambino dei nostri presepi – penetrino nei cuori di ciascuno di noi. Lo auguro di vero cuore, ai vicini e ai lontani. In questo senso, l’evangelista Giovanni, ha parole straordinarie: A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati (Gv 1,12 ss.).

Domenica scorsa il Santo Padre Francesco formulava i suoi auguri natalizi con queste tre parole: speranza, giustizia, fraternità. Le faccio mie. Che il Bambino Gesù, sorriso della Trinità, riscaldi i nostri cuori di speranza, vero antidoto contro la sfiducia e il pessimismo; che la sua nascita nella semplicità di Betlemme ci ricordi anche i nostri doveri di giustizia e solidarietà verso i più bisognosi; che il Dio fattosi uomo ci aiuti a vedere nel volto del fratello il riflesso meraviglioso della sua presenza, fondamento di vera fraternità. Di cuore vi auguro un Santo Natale.