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Nella Chiesa del Sacro Cuore i funerali di Mons. Giorgio Maria Curlo, da 40 anni parroco di Bussana

9 dicembre 2013 | 16:21
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Nella Chiesa del Sacro Cuore i funerali di Mons. Giorgio Maria Curlo, da 40 anni parroco di Bussana
Nella Chiesa del Sacro Cuore i funerali di Mons. Giorgio Maria Curlo, da 40 anni parroco di Bussana
Nella Chiesa del Sacro Cuore i funerali di Mons. Giorgio Maria Curlo, da 40 anni parroco di Bussana
Nella Chiesa del Sacro Cuore i funerali di Mons. Giorgio Maria Curlo, da 40 anni parroco di Bussana
Nella Chiesa del Sacro Cuore i funerali di Mons. Giorgio Maria Curlo, da 40 anni parroco di Bussana
Nella Chiesa del Sacro Cuore i funerali di Mons. Giorgio Maria Curlo, da 40 anni parroco di Bussana

Il sacerdote, da anni parroco nella chiesa del Sacro Cuore, era nato a Torino nel 1932 e lo scorso 8 giugno aveva festeggiato il 50° anniversario di Ordinazione. La celebrazione è stata presieduta dal Vescovo Diocesano Mons. Alberto Maria Careggio

Centinaia di fedeli, profondamente commossi hanno partecipato oggi pomeriggio, alle ore 15,30 nella Chiesa del Sacro Cuore a Bussana di Sanremo, i funerali di Mons. Giorgio Maria Curlo, mancato venerdì 6 dicembre, all’ospedale di Sanremo, all’età di 81 anni. Il sacerdote, da quaranta anni parroco nella chiesa del Sacro Cuore di Bussana, era nato a Torino il 19 settembre 1932 ed era stato ordinato sacerdote l’8 giugno 1963. Era da anni Canonico Onorario della Cattedrale di Ventimiglia. Per lungo tempo in passato aveva curato la pubblicazione del bollettino relativo agli avvenimenti diocesani. Lo scorso giugno Monsignor Curlo aveva festeggiato il 50° anniversario di Ordinazione.  La celebrazione di oggi pomeriggio è stata presieduta dal Vescovo Diocesano Monsignor Alberto Maria Careggio.

L’OMELIA DEL VESCOVO MONS. ALBERTO MARIA CAREGGIO

Non appena sono stato raggiunto dalla notizia del decesso improvviso di mons. Giorgio Maria Curlo, dopo il primo senso di incredulità, sono risuonate alle mie orecchie le parole della Sacra Scrittura: Estote parati quia qua hora non putatis filius hominis veniet, tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo (Lc 12,40). Il richiamo di Gesù è per tutti, anche per noi sacerdoti che, per vocazione, siamo quotidianamente alimentati dalla parola del Signore, viviamo in stretto rapporto con Lui nell’Eucaristia, relativizziamo i beni a cui è facile attaccarsi, dimenticando che non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura (Eb 13,14).

Mons. Giorgio Curlo, con grande dolore della sua comunità parrocchiale e di tutta la comunità diocesana, è giunto al termine della sua vita terrena e la sua salma lascerà tra poco questo bel Santuario del Sacro Cuore, di cui egli ha avuto tanta cura nello spirito che ha saputo ereditare dal Servo di Dio Don Francesco Lombardi, come suo terzo successore.

Discendente della nobile famiglia dei Curlo di Taggia, presidente diocesano della Gioventù di Azione Cattolica (GIAC) nel 1959, laureato in Giurisprudenza, all’età di 27 anni entrò nel nostro seminario per poi essere ordinato sacerdote l’8 giugno 1963. Vi era entrato dopo aver raggiunto con i suoi studi il traguardo desiderato dal padre: il primo posto nel concorso di Procuratore della Repubblica. Lasciò il suo posto al secondo classificato e disse al Padre: «Ho esaudito il tuo desiderio, ora lascia che io entri in Seminario».

Accanto al ministero parrocchiale, nel volgere del tempo, egli assolse, con molto impegno e bravura, molteplici compiti amministrativi in Curia e in svariati campi della pastorale diocesana: dai giovani alla liturgia, all’ecumenismo, al socio-politico, alla ricezione del rinnovamento post-conciliare, al coordinamento della pastorale diocesana e alla guida, in qualità di presidente, dell’Istituto Diocesano Sostentamento Clero. Nominato il 1 settembre del 1973 coadiutore di questa parrocchia di Bussana, ne divenne parroco effettivo il 7 settembre 1977, dovendosi prendere direttamente cura anche di questa chiesa-santuario del Sacro Cuore, di recente da lui restaurata.

Pochi mesi fa, presenziando all’inaugurazione degli imponenti lavori eseguiti all’esterno di questo magnifico tempio, ne elogiavo il suo coraggio per l’impresa affrontata. Ma non è tanto sull’elogio per le sue opere esteriori, pur lodevoli, che voglio ora soffermarmi; sarebbe fargli un torto, vista la sua riservatezza. Con questo non possiamo dire che fosse un sacerdote insensibile e non portato all’interiorità. In tal caso non avrebbe raccolte le sue riflessioni nel libro intitolato Nel segno dell’Amore e pubblicato di recente nell’anno che sta per concludersi.

L’edizione è curiosa: è priva di prefazione, come non succede quasi mai, tanto gli autori amano l’ouverture con gli elogi di una celebre firma; è priva di indice, quasi per dire che il libro non ha un termine. Mons. Curlo scrisse con l’animo sulla penna ciò che lui forse non sarebbe stato capace di esprimere con parole, neppure a sua madre. Nelle sue riflessioni, elaborate in forma di preghiera nient’affatto devozionistica, affiorano l’animo delicato e sensibile del sacerdote, le sue ansie, le sue preoccupazioni, il suo amore per le anime affidategli, gli eventi di una comunità in cammino, di una Chiesa contemporanea che, per essere viva, dovrebbe avere cristiani più convinti e coerenti. In tutto questo non manca il suo abbandono filiale nelle mani della Vergine Maria, specie nei momenti della sofferenza, quando egli desiderava di poter capire e di poter vedere, tra le lacrime, la luce del Risorto.

L’opera, scritta con una prosa stringata, elegante, per nulla ermetica e ricercata, nella sua varietà di emozioni raggiunge spesso punte di lirismo. Mi limito a citare solo alcuni versi della sua poesia intitolata Le mani; quante altre meriterebbero questa sera di essere almeno sfiorate, per celebrare la memoria del nostro compianto sacerdote ed esprimergli il nostro commosso addio.
Eccoti, o Signore, le mie mani! Vorrei avere le mani pulite.

Le mani libere, Signore. Per stringere la mano ai fratelli. Per dare una mano a chi ha bisogno. Per mettere mano a qualche servizio d’amore. Per non lasciarmi sfuggire di mano la vita. Per mettermi una mano sulla coscienza. Sì, o Signore, ecco queste mie mani. Con esse ho fatto del male e te ne chiedo perdono. Con esse ho fatto del bene e te ne ringrazio… Ti darò con le mie mani, perché l’amore che mi hai dato raggiunga tutti. Ma tu prendimi per mano e guidami.

È proprio il bel libro che ho appena citato a dirci com’egli, attraverso il periodico del Santuario, L’Eco del Sacro Cuore, condivideva con i parrocchiani di Bussana, fin dagli anni del seminario in cui era ancora alle soglie del sacerdozio, le sue riflessioni sui misteri della Redenzione, sul senso dell’essere cristiani e dell’essere “comunità cristiana”. Possiamo dire che egli fosse, sin d’allora, già in qualche modo con voi, prima ancora di essere nominato vostro Pastore proprio.

Nel suo libro fa risalire la decisione di aspirare al sacerdozio ad un Venerdì Santo intensamente partecipato. Contemplando il Cuore ferito di Gesù disse a se stesso anch’io devo occuparmi delle cose del Padre.

Fu un giorno felice per lui quello in cui, diventato parroco, poté mettere in pratica la sua ampia visione dei problemi pastorali acquisita, ma in teoria, nei precedenti servizi svolti a livello diocesano. Da allora il vostro periodico, già aperto alle sue “confidenze” sacerdotali, divenne anche il “suo” periodico e subito vi aperse una rubrica il cui titolo rappresentava la sintesi del suo progetto pastorale: Parrocchia, comunità viva. Vi elencava e precisava di volta in volta le sue iniziative, richiamava i temi salienti delle sue omelie perché meglio s’imprimessero nelle menti e nei cuori dei suoi parrocchiani, dava spazio ad eventi e documenti di rilevanza ecclesiale.

Così, col passar del tempo, si andò snodando la cronaca della vostra vicenda comunitaria con i suoi progressi ed talvolta anche con i suoi ristagni, ammessi sinceramente con un pungolo per la ripresa, ferma restando l’esortazione di considerarsi una “comunità in costruzione” nel segno dell’amore evangelico. Tutto questo, tuttavia, mons. Curlo lo svolse sempre all’insegna della sua connaturale riluttanza all’esteriorità che, col passare del tempo, fece trasparire maggiormente anche la fatica del quotidiano.

Non sarebbe per nulla tempo perduto, se prendessimo sovente in mano tutte le sue memorie, ora che l’Autore non è più fisicamente in mezzo a noi ed è in Cristo nella pace, quella che, come scriveva, cerchiamo fuori di noi e non l’abbiamo in noi, ma in Dio. Arriveremmo a scoprire la profondità dei suoi sentimenti e le lotte, le fatiche e le fragilità di un sacerdote che desiderava nel suo cuore mantenersi fedele al Signore, rimanere aperto all’amore divino, alla verità, ai segni dei tempi e che, altrettanto, lo fossero i suoi parrocchiani. Mons. Curlo ha saputo davvero voler loro bene. Scriveva nel suo libro: Posso brontolare e sfogarmi per qualche contrarietà. / Ma guai se altri parlano male di loro! / Li difendo subito. / Sono la «mia» gente, Signore.

Di questo diario spirituale, specchio della sua anima, mi permetto di leggere per intero la sua ultima riflessione, tanto vera quanto commovente: In morte di un prete. Scritta chissà quando, forse nell’ardore dei suoi anni giovanili, dopo aver assistito ad un funerale di un sacerdote, è stata volutamente da lui messa alla fine della sua raccolta, perché fosse un monito per tutti, anche per noi che, questa sera, siamo raccolti in preghiera per l’estremo saluto e per invocare su di lui la pace del Signore.

Il colloquio orante di mons. Curlo è un’amara denuncia e una condanna della cecità umana e della superficialità dei giudizi e dei discorsi che a volte si pronunciano davanti alla bara di un ministro di Dio. Possiamo considerarlo il suo ultimo richiamo, per i suoi parrocchiani innanzitutto, ma anche per ognuno di noi, a voler considerare con serietà sia la vita, sia la morte con uno sguardo penetrante, senza viltà e senza paure, ma con impegno nella verità e nella carità.

Ecco la sua preghiera:

Ho sentito il suo elogio funebre. / Ha costruito, riparato, restaurato. / Ha fondato, costituito, organizzato. / È dunque un benemerito, Signore. / Abbilo in gloria. / Ti ho pregato per lui quella sera./Affranto, avvilito, turbato./Ma, aveva fatto il prete quel prete?/ Aveva almeno fatto anche il prete? /Abbi pietà di lui, Signore. /Se però si sono accorti solo di tutto il resto. /Abbi pietà di loro, Signore. / Perla sofferenza silenziosa di quel prete. / Aprigli occhi a chi ha creduto di elogiarlo. / E ha dimenticato che era prete. / Che capisca, almeno, qualcuno, chi è il prete. / Che cosa fa il prete./Ti chiedo, Signore, di aiutarmi a fare il prete. /È una tua chiamata e un tuo dono. / L’esserlo e il farlo. / Ti chiedo, Signore, per quando mi chiamerai. / Ci sia una persona che si ricordi che le ho parlato di te. / Ci sia una persona che sa di averti incontrato per il mio ministero. /Anzi, Signore. / Ci sia almeno una persona a cui ho parlato di te/E non importa che se ne ricordi. / Purché ti abbia incontrato.

Terminato il suo pellegrinaggio terreno, doni il Signore al suo servo il riposo eterno e la ricompensa alle sue fatiche. Le mie più vive condoglianze vadano ai familiari qui presenti, ai parrocchiani e a tutti quelli che lo hanno conosciuto e stimato, in modo particolare a don Franco Percivale che per mons. Curlo è stato sempre un accompagnatore fedele, solerte e saggio.