Messaggio augurale di Natale del Vescovo Diocesano Mons. Alberto Maria Careggio

24 dicembre 2013 | 11:41
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Messaggio augurale di Natale del Vescovo Diocesano Mons. Alberto Maria Careggio

Il sorriso è il tonico migliore di cui abbiamo particolarmente bisogno in questa società di disperati, senza peraltro misconoscere la gravità del momento presente

Dire che Dio possa sorridere sembrerebbe irriverente. Dio è troppo alto, è totalmente “altro,” come dicono i teologi, per stare al passo dei poveri mortali. Si china sugli uomini, sì, ma per salvarli dal peccato. Il pensare che possa anche sorridere appartiene ad una fantasia devozionale.

E allora prendiamolo sul serio questo Dio! Ma l’affermare che Egli sia il senso della storia umana e della vita di ogni singolo uomo, la pienezza della speranza, l’unico salvatore del mondo, ha portato il pensiero ateo-laicista a ridimensionarne la presenza e ad offuscarne il messaggio di salvezza, anche a negarlo totalmente. Non piaceva un Dio totalizzante, che sembrava togliere la libertà. Nel progresso si doveva sperare, perché questo, si diceva, era l’unico obiettivo da raggiungere per colmare i desideri più profondi del cuore umano. In nome di quest’utopia si sono commessi i maggiori crimini contro l’umanità. Ne sono nate ideologie perverse che hanno soffocato ogni respiro del cuore: non hanno portato che terrore e disumanità. Dopo il crollo dei regimi marxisti, l’ultima trovata per rendere felice l’uomo è la cosiddetta New Economy. Alla precedente miseria del pensiero, si è unita quella economica e oggi milioni di persone ne “godono” i perversi benefici. Comportando la trasformazione dei desideri, la postmodernità si presenta più miope dei regimi precedenti e, nel concentrare tutto sul singolo individuo, sta disumanizzando il vivere sociale delle persone. La miseria morale e materiale della nostra gente è a livelli devastanti e, in mezzo a tanta disgregazione, c’è poco da ridere!

Mi domando: come sarà questo Natale per tanta gente, per tutti coloro che sono disperati e arrabbiati? Mi accosto al presepio e ci vedo una statuetta, consunta dagli anni. È quella del bambino Gesù che mi allarga le braccia e mi sorride. Oh finalmente: in mezzo a tanta disperazione, c’è ancora chi, guardando le cose dall’alto, sa sorridere! Quel povero bimbo era nato nella miseria materiale, per lui non c’era posto da nessuna parte, ma è nato ugualmente, fuori dal caos di una città. Maria e Giuseppe, sereni in cuor loro, erano certi che Dio non li avrebbe mai abbandonati. Tuttavia, andando di ostello in ostello, alla ricerca di un rifugio per quella notte, avranno forse commentato la stupidità di un censimento, voluto dall’imperatore voglioso di sapere quanti fossero i suoi sudditi per l’avidità del potere. Gesù è lì, in quel modesto presepe, e mi sorride. Questo mi basta perché, in fondo, la gioia e la speranza sono ben diverse da quelle che il mondo, oggi, pensa e in cui confida.

Visto che la postmodernità non sa e non può guardare lontano, incomincio anch’io a relativizzare le mie idee, i miei grandi desideri, le mie iniziative. E mi metto a sorridere, non solo per bonaria comprensione della mia stoltezza, ma per quella dose di stupidità che mi disturba l’avvenire, mi preoccupa all’eccesso, mi rende schiavo di inutili progetti. Attirato dalla tenerezza che suscita quella statuetta, scopro che il sorriso è il tonico migliore di cui abbiamo particolarmente bisogno in questa società di disperati, senza peraltro misconoscere la gravità del momento presente. Siamo tutti stufi degli inganni che, con arte luciferina, attraversano i nostri mass-media. Vogliamo vivere, vogliamo cogliere la vita a piene mani e, per questo, non ci vorrebbe molto, qualora si mettesse più saggezza nello scoprire ciò che veramente conta, più onestà nella distribuzione delle ricchezze, più verità per guardare da quale parte stia il bene, più concretezza nel valutare le nostre personali risorse, più moderazione nei nostri desideri. Ma con tutto questo ci vorrebbe anche tanto sorriso, perché è quello che, in fondo, ognuno di noi desidera, è sempre il segno della tenerezza, la presenza di un cuore che ama. Il cuore di Gesù sorride di questa luce divina. Per questo può diffondere in tutti la pace, la gioia, la speranza, la fiducia nella vita, anche di fronte alle situazioni più disperate e sconcertanti. Nel sorriso del Bambino Gesù, trovo il messaggio più bello del Natale.

Mons. Alberto Maria Careggio
Vescovo Diocesano