Dio lo trovi dove meno te lo aspetti
Il limite, spesso rappresentato dalla povertà, può essere convertito in croce attraverso la nostra preghiera, e la croce è la manifestazione gloriosa di tutto ciò
“Dio, chino sulla creatura che sale fino a lui, si affatica con tutte le sue forze per renderla felice e illuminarla.
Come una madre egli scruta la sua creatura. Anche se i miei occhi non sanno ancora percepirlo. Non è forse necessaria tutta la durata dei secoli perché il nostro sguardo si apra alla luce?”.
Con queste parole Pierre Teilhard de Chardin sintetizza il mistero dell’essere umano, vertice della creazione, aperto alla relazione con Dio, preludio dell’eterna contemplazione in cielo. Una luce che non abbaglia, non acceca, ma offre la visione della realtà e dà senso al nostro esistere.
A nessuno è preclusa questa esperienza, così che Papa Benedetto XVI afferma: “Noi siamo creature, volute da Lui e destinate all’eternità: lo è anche il nostro vicino, anche la persona antipatica”.
Purtroppo questa verità è rifiutata o disattesa da una parte consistente della cultura contemporanea con esiti drammatici che si concretizzano addirittura in forme di sfruttamento, di tratta delle persone, di ogni genere di violenza: tutto per il vile denaro. I recenti casi di prostituzione minorile, di nefando criminale commercio di persone che, lasciando i paesi di origine, emigrano alla ricerca di un futuro migliore, ne sono una terribile dimostrazione.
Questi fatti, conseguenza di una perversa mentalità, denunciano, ben oltre a quella materiale, la più nera e autentica miseria; una miseria che abbrutisce, perché toglie all’uomo la dignità e lo rende implacabile, insaziabile divoratore degli altri, visti unicamente come strumenti per soddisfare innominabili appetiti.
Tutta la comunità sociale, in primo luogo governanti, operatori culturali, educatori e quanti svolgono mansioni di responsabilità, ha l’obbligo morale di intervenire a difesa di ogni uomo e della sua dignità, ricordando con don Primo Mazzolari che: “Il dono più grande non è fatto di cose, ma di noi stessi: allora anche l’ultima creatura ha qualcosa da donare”.
Don Giacomo Simonetti
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