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Bohli Kaies probabilmente UCCISO per errore da uno dei tre carabinieri che procedettero all’arresto

6 agosto 2013 | 11:02
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Bohli Kaies probabilmente UCCISO per errore da uno dei tre carabinieri che procedettero all’arresto
Bohli Kaies probabilmente UCCISO per errore da uno dei tre carabinieri che procedettero all’arresto
Bohli Kaies probabilmente UCCISO per errore da uno dei tre carabinieri che procedettero all’arresto
Bohli Kaies probabilmente UCCISO per errore da uno dei tre carabinieri che procedettero all’arresto

E’ morto per un’asfissia da inibizione dell’espansione della gabbia toracica. Tre i militari indagati per omicidio colposo. L’appello del Procuratore: “Chi ha visto si faccia avanti e i tre militari raccontino come è andata”/ VIDEO

E’ morto per un "arresto cardiocircolatorio neurogenico secondario ad asfissia violenta da inibizione dell’espansione della gabbia toracica", probabilmente provocato da uno dei tre carabinieri che procedettero all’arresto: Bohli Kaies, 35 anni, lo spacciatore tunisino deceduto successivamente all’arresto, il 6 giugno scorso a Riva Ligure. E’ quanto risulta dall’autopsia – effettuata dalla dottoressa Simona Del Vecchio, responsabile del Servizio di Medicina Legale dell’Asl1 Imperiese, col medico legale Francesco Traditi – depositata, ieri sera, in tribunale, a Sanremo.

L’esito della perizia autoptica è stato illustrato, stamani, dal procuratore di Sanremo, Roberto Cavallone. I tre militari rimangono indagati per omicidio colposo, mentre nei confronti del civile che aiutò i carabinieri a fermare Kaies in fuga – trattenendogli le caviglie – non risulta alcun provvedimento.

Stando a quanto finora ricostruito dagli inquirenti, nel tentativo di bloccare Kaies, i carabinieri potrebbero avergli premuto la cassa toracica, o qualche altra parte del corpo (da uno a tre minuti), impedendogli di respirare e provocandogli così la morte cerebrale, a cui è seguita quella fisica, una volta giunto in ospedale. Viene così spiegata la sofferenza cerebrale, certificata nel corso dell’autopsia.

Il fatto che alla vittima non siano state provocate fratture, compatibili con la morte, è valso ad evitare l’imputazione di omicidio preterintenzionale a carico dei tre militari operanti. "Si tratta di una grossa responsabilità dello Stato – ha affermato Cavallone – una morte della quale lo Stato italiano deve farsi carico".

E poi. "Si tratterà di un brutto processo", ha aggiunto Cavallone, in riferimento soprattutto al fatto che nessuno dei tre carabinieri ha voluto finora parlare e chiarire una volta per tutte come è andata. Considerato che la morte cerebrale di Kaies potrebbe essere avvenuta già sulla pubblica via, Cavallone ha lanciato un appello affinché qualunque cittadino abbia visto o sentito qualcosa, si faccia avanti. Sia il Consolato tunisino in Italia, che i familiari di Kaies, hanno chiesto di ottenere copia del referto dell’autopsia.

L’INTERVISTA COMPLETA AL PROCURATORE CAVALLONE (GUARDA IL VIDEO)

«”Arresto cardiocircolatorio neurogenico, secondario ad un asfissia violenta da inibizione dell’espansione della gabbia toracica” è quanto riporta il reperto. Colui che ha esaminato il vetrino e i reperti ci dice che “i polmoni presentano aspetti complessivamente coerenti con alterazioni riscontrabili in deficienza di ossigeno acuta”. Sostanzialmente l’ipotesi che fa il medico legale è che nel momento dell’arresto o nel momento del trasporto in macchina dal luogo dell’arresto fino al comando stazione dei Carabinieri di Santo Stefano al Mare, sia stato in qualche modo impedito a Bohli Kaies di respirare, di espandere la cassa toracica e questo ha determinato, in un individuo che già era in carenza di ossigeno perché proveniva da una violenza colluttazione –  come un atleta che dopo un’attività fisica ha un debito di ossigeno notevole –  l’insorgere di una in crisi prima di una persona normale».

«Questo significa che c’è una grossa responsabilità delle istituzioni, dello Stato, per la morte di questo cittadino tunisino, perché al di là di quello che poteva aver commesso, in quel momento o in passato, la vita è sacra, e quando un cittadino italiano o straniero, chiunque esso sia, è nella disponibilità delle istituzioni dello Stato, la sua integrità fisica deve essere assolutamente tutelata: quindi, questa è una morte di cui lo Stato Italiano deve farsi carico e di cui deve chiedere ovviamente scusa al popolo tunisino e alla famiglia di Bohli Kaies. Questo certamente da un punto di vista di responsabilità civile. Poi ci sono le responsabilità penali, che sono però personali, ovviamente. Andrà individuato chi dei militari che ha partecipato all’operazione, ha tenuto un comportamento che possa aver determinato, certamente per colpa, ma comunque ha determinato la morte di Bohli Kaies, che certamente non è morto di vecchiaia, né di morte naturale: è morto perché sostanzialmente gli è stato impedito in qualche modo di respirare».

«Sono stati già interrogati i tre militari che hanno partecipato direttamente all’arresto: sono stati sentiti anche i colleghi che sono intervenuti in un momento successivo e il civile che ha aiutato, in un certo senso, i militari a bloccare Bohli Kaies che tentava di fuggire dopo essere stato sorpreso con lo stupefacente. I tre militari che direttamente hanno partecipato all’arresto si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Ripeto: la responsabilità penale è personale. Immagino che il dovere di lealtà che fa capo a tutti gli esseri umani soprattutto tra colleghi e soprattutto tra appartenenti all’Arma dei Carabinieri dovrà indurre a parlare chi eventualmente avesse tenuto questo comportamento così colposamente contrario ai propri doveri di tutela della salute di Bohli Kaies».

«A questo punto, poiché non si capisce bene se questa perdita di conoscenza sia avvenuta soltanto durante il trasporto in macchina o sia avvenuta già nella fase dell’arresto e dell’ammanettamento, se si fosse verificata già sulla pubblica via, chiedo ai cittadini, ma non in forma anonima, perché non servirebbe a nulla, visto che si trattava di pieno pomeriggio, di fronte ad un supermercato, se qualcuno ha visto qualcosa che ci possa essere d’aiuto, vista l’assenza delle telecamere, ben venga la sua testimonianza in aggiunta di quella che abbiamo già raccolto».

«Per il resto, confermo che non ci sono lesioni, non ci sono fratture, non c’è nulla se non questa carenza di ossigeno: sostanzialmente è come se avesse determinato una morte cerebrale che ha permesso al cuore di continuare a funzionare per il tempo necessario per arrivare al pronto soccorso ed essere sottoposto alle prime cure. E’ un caso che lo stesso medico legale definisce raro. Cito il referto: “In linea generale le asfissie secondarie da impedimento degli atti respiratori per immobilizzazione diretta o indiretta del torace rappresentano una assai peculiare e rara forma di morte, la cui componente è determinata principalmente da un ostacolo indiretto ai movimenti del mantice toracico-polmonare con progressivo esaurimento e paralisi dei muscoli respiratorio  Qualcuno è responsabile del fatto di avere impedito a Bohli Kaies di respirare liberamente».

«Abbiamo chiesto ai militari le modalità con cui Bohli Kaies è stato tenuto fermo, per capire se l’evento si può essere verificato già nel parcheggio del supermercato Lidl o quando veniva trasportato in macchina. Ci sono delle testimonianze che forse fanno capire che già al momento in cui è stato fatto salire, o meglio, introdotto in macchina, potesse essere non del tutto cosciente».

«Non c’è niente che testimoni di un’azione violenta sulla persona con l’intenzione di creare una lesione: c’è soltanto questa situazione di sofferenza cerebrale e polmonare. La persona, ripeto, era in debito di ossigeno per una violenta colluttazione, in una situazione di riposo forse l’esito sarebbe stato meno grave. Per determinare lo stato di coma in cui è caduto Kaies, secondo il medico legale, sono necessari da un minuto a tre minuti. Possiamo solo fare ipotesi: qualcuno è stato sopra di lui, oppure la posizione in cui è stato tenuto fermo può avergli occluso le vie respiratorie».

LA VIDEO INTERVISTA AL PROCURATORE CAVALLONE