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“I poteri dell’Inquisizione a Genova”

16 giugno 2013 | 18:05
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“I poteri dell’Inquisizione a Genova”

I poteri dell’Inquisizione a Genova erano limitati dal controllo della Repubblica. Ciò non impedì che in Liguria si registrassero molte vittime di quei processi per stregoneria che dal 1570 al 1700 videro in tutta l’Europa almeno un milione di vittime

I poteri dell’Inquisizione a Genova erano limitati dal controllo della Repubblica. Ciò non impedì comunque che anche in Liguria si registrassero molte vittime di quei processi per stregoneria che dal 1570 al 1700 videro in tutta l’Europa almeno un milione di persone perseguitate e trucidate in modo spaventoso.

Le streghe apparvero presto nel territorio della Superba. Formule di scongiuro e ricette magiche sono ricordate  in dal XIV secolo
nei registri dei Notai di Chiavari e di Rapallo. Una "insignem magam", di nome Romea Baiadorna, venne catturata nel dicembre del 1446 dal "giusdicente" di Taggia e il giorno 9 dello stesso mese il Doge Raffaele Adorno ingiunse al vicario di Porto Maurizio di rimetterla nelle mani "dell’Inquisizione di eresia", affinché fosse sottoposta a giudizio. Francesco Ferraironi nel suo libro dedicato alle streghe di Triora racconta che nel XVI secolo, presso Triora, le fattucchiere si riunivano solitamente in una zona chiamata Cabotina, orrida e deserta, dove alcune di esse di notte "giocavano a palla con i bambini in fasce, palleggiandoseli da un albero all’altro".

Altri luoghi erano frequentati dalle maghe, come Campomavue e la località detta "la noce". A Costarainera si ricordano leggende secondo le quali di notte le stregfhe si trasformavano in uccellacci e volavano fino all’isola Gallinara. A VVentimiglia si può
ancora trovare qualche accenno o tradizione che sostiene che la "Pria Margunaira" sorse dal suolo ad opera delle streghe. Ad Andagna si dice ancora che le streghe si radunassero, cantando :"Vola, vola mignattun – che tra en unra mi ghe sun". Nell’entroterra ligure, ma anche i borghi marini si riporta che l’usanza di accendere fuochi alla vigilia di San Giovanni
sia stata introdotta dalle megere a seguito dei loro malefici influssi. Sul processo di Triora si può dire che nel 1587, a seguito di una carestia, il popolo gridò vendetta contro i poteri occulti delle streghe: il podestà Stefano Carrega così convocò allora il prete Girolamo del Pozzo, Vicario del Vescovo di Albenga, e con lui un delegato dell’Inquisizione.

Fu deciso un rapido piano d’azione e si procedette ad una vasta retata di donne sospettate di infami delitti soprattutto nei confronti dei bambini. Le accusate, per difendersi, chiamarono in causa altre persone, tra le quali alcune nobildonne e una vecchia, che morì in seguito alle torture subite. Salì a 50 il numero delle arrestate, nacque uno scandalo. Tra l’altro si apprese che ad una presunta strega furono rasati a zero i capelli. Il prete Girolamo del Pozzo, invitato dal governo genovese a dare ragione del suo
operato, si giustificò, dicendo che il taglio dei capelli e di tutti i peli alle indiziate era avvenuto allo scopo di farle confessare le loro colpe.

Tra i tormenti inflitti alle streghe di Triora, cinque delle quali, morirono in carcere (prima della revisione del processo, che mandò assolte le loro compagne), ci fu il cavalletto: una sorta di cavallaccio sul quale le donne erano distese nude, con pesi legati alle braccia e ai piedi, in modo da rendere prolungate e feroci le sofferenze. Alcune di quelle
infelici resistettero al supplizio per 32 ore, prima di ammettere le loro colpe non commesse. In una curiosità d’archivio si hanno peraltro riscontri di quanto meno severe fossero in Liguria le persecuzioni nei riguardi delle streghe, segno di un miglior grado di civiltà delle nostre genti in un generale, imperante clima di oscurantismo e di pregiudizio.

Casalino Pierluigi