Vendone in finale di C1 di pallapugno: il carattere della Liguria
Si era già scritto che non c’erano parole per descrivere il campionato del Vendone in serie C1. Non si può che passare alle iperboli dopo la prova di venerdì notte a Benevagienna.
Si era già scritto che non c’erano parole per descrivere il campionato del Vendone in serie C1. Non si può che passare alle iperboli dopo la prova di venerdì notte a Benevagienna. La Benese partiva con i favori del pronostico. La “bella” in casa dopo aver perso di un solo gioco nella trappola di Vendone e una squadra fresca tanto quanto esperta. Il giovane Paolo Vacchetto è nuovo astro nascente della pallapugno, virtuoso e ben guidato dal padre Giorgio, autentico lusso per la serie C1. I terzini davanti pronti e capaci di fare muro. Vendone gioca con la mente sgombra. Ha già raggiunto l’obiettivo delle prime quattro, quasi un sogno dopo un inizio di stagione non eccelso. La squadra però è amalgamata e respira come unico polmone. La partita vede immediatamente in vantaggio i liguri, poi raggiunti da un volitivo Paolo Vacchetto. Gli allunghi di giochi liguri sono perentori: vantaggio al riposo, vantaggio dopo il riposo, con pausa decisiva. I piemontesi non arrancano, i giochi sono lunghi, soprattutto all’inizio: alle 22.30 non si era andati oltre i sei giochi compiuti dopo un’ora e mezza di battaglia. Alla fine nulla vale il recupero tentato dalla famiglia Vacchetto e soci. Un 11-8 per Vendone che lascia molti ancora increduli. Onore delle armi per un Paolo Vacchetto che passa dagli Allievi ai grandi senza timori reverenziali ed a papà Giorgio, che è un grande tecnico, tra le altre cose. La Benese quest’anno non aveva mai perso in casa e in tutto il campionato ha subito solo da Dalmasso e a Vendone, vincendo anche la Coppa Italia nell’eterno braccio di ferro con i liguri. E questi ? Questi sono gli eredi di quella gente che ha rivoltato le montagne a forza di magaglio, zappe e picconi, mani callose e volti stravolti dalla fatica. Che è divenuta ricca dentro, per aver saputo domare la natura di una terra che non regala. Andare in finale per Vendone è toccare il cielo con il dito, come raccontano i numerosi monumenti di un paese bellissimo e ora ancora più noto grazie allo sport. La squadra è legata alla terra: Giovanni Ranoisio da Dolcedo, capitale del terziere di San Tommaso in terra portorina. I fratelli Claudio e Davide Somà da Moltedo, un paese in bilico tra Genova e Savoia, rurale e nobile, Roberto Novaro da Diano Castello, fulcro della ferace terra dianese, Manuel Basso profeta in patria. E tesserati anche Cesare Barbera, uomo tutto d’un pezzo dell’ingaunia e Alessandro Giacobbe. E questi erano all’allenamento di preparazione alla partita di semifinale, in quel di Vendone. Sono accorsi alla prova generale anche Giorgio Cherchi, il preparatore Luca Faccioli, il tecnico e arbitro Giovanni Poggio, il presidente Giuseppe Basso, il tecnico di campo Andrea Bronda con il fratello Davide e tanti altri. E quell’allenamento, durato a lungo, con pochi palloni in fallo, con la voglia di forzare, di provare, di spingere. Con quelle battute provate e riprovate ad immaginare il campo di Benevagienna e Claudio Somà che geometricamente guidava Giovanni Ranoisio a “mettere” la palla nel punto giusto, così, per andare oltre Giorgio Vacchetto, per saggiare il figlio Paolo. Nel cuore di un’anima sola sta il segreto di questa inimitabile squadra.