Intervista a Don Massimiliano Civinini che lascia l’oratorio Don Bosco di Vallecrosia

26 agosto 2012 | 07:51
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Intervista a Don Massimiliano Civinini che lascia l’oratorio Don Bosco di Vallecrosia

Pubblichiamo per intero l’intervista a Don Massimiliano, che appare in versione ridotta su “Avvenire” di oggi

Come è nata la tua vocazione?
La mia storia è un po’ lunga e anche per certi versi travagliata, riassumerla sarebbe un po’ difficile. La mia vocazione nasce all’interno di una parrocchia diocesana e non salesiana. Ho conosciuto don Bosco all’età di 16 anni per caso, leggendo un libro trovato altrettanto per caso. La mia vita da giovane si svolgeva all’oratorio, come catechista o animatore di gruppi di giovani più piccoli, ma il luogo dove mi trovavo meglio era il cortile con i ragazzi che non prendevano o non volevano far parte di nessun gruppo o attività oratoriana: i “barabit” dei tempi di Don Bosco. Da questa esperienza è maturata la mia vocazione, prima in seminario a Prato, poi dopo un lungo e difficile discernimento fatto di tanti errori e incertezze, paure e sogni, il mio cammino è continuato con i salesiani, il tutto però sempre con una buona guida spirituale che mi ha e mi vuole bene e mi aiutato a capire: ed oggi sono salesiano prete dal 2004.

Che cosa vuol dire essere salesiano?
Essere Salesiano vuole dire principalmente tre cose: Primo, essere “amico di Dio”, cioè consacrato. Essere amico di Dio si è rivelato per me un dono, poiché più che altro è Dio che è amico mio sempre, nonostante la mia fragilità, i miei errori, le mie infedeltà. Le nostre costituzioni all’articolo 62 recitano così: “in un mondo tentato dall’idolatria del piacere, del possesso e del potere, il nostro modo di vivere testimonia, specialmente ai giovani, che Dio esiste e il suo amore può colmare una vita”: Dio può davvero colmare la vita se l’uomo lo accetta.
Secondo, vivere in una comunità, di persone che come te camminano con Dio e lavorano per e con i giovani.
Terzo, vivere per e con i giovani. Cosa vogliono significare le due preposizioni PER e CON:
PER i giovani, che la tua vita, la mia vita è dedicata interamente a loro, solo per loro “fino all’ultimo mio respiro sarà per i giovani più poveri” ci direbbe don Bosco. Ogni attività, ogni pensiero a Dio deve essere per loro, ogni gioia e fatica per loro, sia che lo percepiscano sia che non lo percepiscano. Il nostro affetto per loro “i giovani non solo sappiano di essere amati ma lo sentano” ancora don Bosco. Il salesiano è PER i giovani in modo speciale per i più poveri, sia materialmente, sia affettivamente.
CON i giovani, ciò che il salesiano fa per loro, deve diventare con il tempo fatto CON loro.  Cioè aiutare i giovani a crescere, a trovare senso alla propria vita, con loro impegnarsi per gli altri giovani, trovare la propria vocazione: questo ha fatto don Bosco con i suoi ragazzi, li ha aiutati a crescere finchè loro stessi non sono diventati nella società, nel mondo, nella chiesa gli accompagnatori di altri giovani.

Quali sono state le tue tappe nelle varie comunità prima di venire a Vallecrosia?
Le mie tappe salesiane prima di giungere a Vallecrosia sono state: Prato, Pinerolo per il Noviziato e il servizio a Valdocco il primo oratorio di Don Bosco, Genova Quarto per il tirocinio (tre anni), Torino per lo studentato, una breve sosta a Livorno, La Spezia (5 anni),  Vallecrosia (5 anni) … e adesso Genova Sampierdarena, sempre in Oratorio e nella Scuola Professionale.
Come erano le tue giornate tipo a Vallecrosia?
I ritmi della vita in Oratorio sono quelli della Comunità e dei Giovani. Il tempo è scandito dalle pratiche di pietà (la preghiera della comunità: meditazione, lodi, Messa, la mattina presto) poi l’attività con i giovani.
Io ho avuto al fortuna, di essere con i giovani fin dalla mattina, poiché come insegnante di “educazione alla cittadinanza” iniziavamo con i ragazzi della scuola alle ore 8,30 con il Buongiorno, un momento di riflessione e di preghiera, poi con loro a scuola o in ricreazione, comunque sempre a loro disposizione. La mattina poi la passavo in ufficio o a preparare attività per la parrocchia/oratorio o per la nostra ispettoria salesiana o anche per la nostra diocesi.
Il pomeriggio dalle ore 15,30 alle ore 19,00 con i ragazzi dell’oratorio, in cortile, in colloquio, un po’ anche giocando con loro. Alla sera dopo cena, quasi tutte le sere, come ogni nostra realtà parrocchiale e oratoriana in riunioni e incontri di formazione o di programmazione.

Ci puoi spiegare come funziona l’oratorio?
Prima di dire come funziona l’oratorio, voglio dare una definizione tratta dalla prassi di don Bosco e codificata dai salesiani: Oratorio è Casa che accoglie, Chiesa che evangelizza, Scuola che avvia alla vita, e Cortile per incontrarsi da amici. Don Bosco voleva che i suoi oratori fossero luoghi dove i giovani potessero crescere integralmente (umanamente, psicologicamente, spiritualmente) detta con una sua celebre frase “Buoni Cristiani e Onesti cittadini”, cioè uomini e donne che impegnati gioiosamente al servizio degli uomini e nell’amicizia con Dio.
L’oratorio è quindi il luogo dove il giovane può essere davvero protagonista della sua vita. Innanzitutto l’oratorio è un luogo aperto a tutti, senza discriminazione di religione o ceto sociale. Certo una attenzione più attenta è per i giovani che sono più poveri, ma oggi come ben sappiamo i giovani sono poveri di tante cose: di cose ma anche di affetti, ma sono però ricchi di vita e voglia di essere, ed è qui che l’oratorio può dare una grande mano.
L’oratorio vuole intercettare quelle che sono le esigenze dei giovani, le loro aspettative, le loro esigenze, i loro interessi “amate ciò che i giovani amano e i giovani ameranno ciò che amate voi” diceva ancora Don Bosco. I giovani hanno voglia di essere protagonisti e su questa loro spinta a “esistere” dobbiamo giocare tutta la nostra voglia di stare con loro.
Le attività che vengono vissute all’oratorio sono svariate, certamente devono essere però solo per la loro crescita: vi è il cammino catechistico per i più piccoli e i gruppi giovani di formazione per i giovani dal dopo cresima in poi, fino a giungere ai giovani più grandi; attività di preghiera e ritiri; incontri di formazione con altri oratori salesiani (movimento giovanile salesiano e gruppi vocazionali); attività legate ai loro interessi: teatro, musica, danza, laboratori manuali.

L’oratorio è anche il luogo della festa, per i più  piccoli e i più grandi; è il luogo dell’impegno per i giovani verso i più piccoli: Catechesi, Gruppi di laboratori, Estate Ragazzi.
L’Estate Ragazzi è stata l’ultima grande fantastica fatica dei giovani, che li ha visti impegnati per 6 settimane (giugno e luglio) con un centinaio di ragazzi dalla 1° elementare alle 2° media (i ragazzi di 3° media sono già un po’ impegnati nel servizio).
L’oratorio è il luogo dei giovani, ma è anche il luogo della testimonianza degli adulti: è grazie a loro, ad  adulti generosi, disponibili e formati se si può fare formazione ai gruppi giovanili (biennio, triennio, giovani grandi); se esistono associazioni culturali e di impegno come il CGS che si occupa del teatro e del cinema, del Gruppo Missionanario “Hakuna Matata” se si fa sensibilizzazione missionaria e caritativa; i gruppi famiglie che mensilmente si formano e fanno vita comune; i catechisti (adulti e giovani) che lavorano per testimoniare la propria fede ai più piccoli.

Un’ultima parola però è sul cortile, il luogo della “formalità informale”, cioè il luogo dove tutti i ragazzi e i giovani si incontra senza nessun compito preciso, se non quello di stare insieme, parlare tra loro, giocare, divertirsi. Il cortile è il luogo educativo più difficile ma anche più entusiasmante, poiché è nel non “codificato” che si vede il vero “Animatore-Educatore-Salesiano”. Nel cortile le barriere cadono, i giovani si mostrano per quello che sono: giovani. Chi vive il cortile vive i giovani. Giocare con loro, parlare con loro (la parolina all’orecchio di  Don Bosco), stare con loro nel bar, nel campo da calcio o sui gradini del cinema, stare con loro e assistere, non controllare, farsi amici dei giovani.
Sei stato scelto dal vescovo  come direttore dell’Ufficio  Catechistico: in che cosa consiste questo servizio?
Innanzitutto, devo ringraziare sua Ecc. Mons. Alberto Maria Careggio, e attraverso lui tutta la diocesi, per avermi fatto la proposta e avermi concesso di vivere questa esperienza per me del tutto nuova: una cosa è fare catechismo e una cosa e riflettere sulla catechesi, sulla iniziazione cristiana, in poche parole formarsi per formare i catechisti. Il servizio in primo luogo consiste nel rendere coraggio ai catechisti talvolta delusi dalla poca risposta dei ragazzi e dalle famiglie al cammino di catechesi. Essere catechisti oggi non è certamente facile ma entusiasmante, poiché mette in gioco non tanto quello che sappiamo su Gesù ma quello che “Viviamo di Gesù”, cioè la catechesi è il luogo ancor prima di una metodologia o di una teologia su Gesù, il luogo della testimonianza di vita.
Dopo aver consolato, incoraggiato questo ufficio mi ha obbligato però a cercare strumenti nuovi o rileggere la catechesi oggi per formare, assieme alla mia equipe i catechisti della Diocesi. Sono state fatte diverse iniziative per i catechisti: il mandato a Taggia dove ha visto riuniti più di 700 persone, ragazzi e catechisti per un momento di festa e gioco, di preghiera e di mandato. È stato bello vedere i catechisti ricevere il mandato dal Vescovo di fronte ai loro ragazzi , un momento di testimonianza e impegno. 4 Incontri di Formazione in seminario sul rapporto Catechesi e Famiglia; due giornate di Spiritualità sull’essere Catechisti e i due Convegni Catechisti a Limone, l’anno scorso su Educazione e Catechesi e quest’anno (1-2 settembre) su come Dire e Fare Catechesi oggi.
Insomma è stato un bell’impegno, ma per fortuna non sono stato da solo, sono stato coadiuvato da una equipe ben formata dal mio predecessore, e all’una e all’altro il mio grazie e il mio affetto.

Un’ultima parola vorrei dirla su tre impegni che ho vissuto in Diocesi sempre grazie alla stima del Vescovo e delle persone: sono stato Assistente Ecclesiastico Scout, una esperienza che mi ha permesso di conoscere, una esperienza educativa bella, forte e formativa, grazie a tutti capi e ragazzi; sono stato membro e della Pastorale Giovanile, con la quale ho potuto vedere davvero la ricchezza seppur nella fatica dei giovani della Diocesi, un grazie a Don Ale per la sua stima e   all’equipe per il suo sempre vivo entusiasmo; e infine membro della Pastorale Diocesana con Don Sciubba che ringrazio di cuore per la sua stima e a tutti coloro che collaborano. Insomma la mia esperienza Diocesana come salesiano è stata davvero piena e grande.
Un ultimissimo grazie per tutte le parrocchie e ai loro parroci, che grazie ai miei “impegni” si sono fidati di me per incontri di formazione e sull’educazione e sulla catechesi. Sono stati incontri che hanno sicuramente arricchito me di amicizie ed esperienza

Sei stato promosso a Genova che cosa andrai a fare?
Per prima cosa non sono stato promosso, ma cambio solo filare della vigna, per usare una immagine, per continuare a fare quello che già faccio: l’incaricato dell’oratorio l’insegnante al centro professionale. Certo il salto è grande poiché passo da una realtà che conosco ad una realtà che non conoscono e per certi versi più complessa per l’insieme di attività che vi si svolgono.
Lasciare un oratorio per un altro è sempre un momento di sofferenza e di avventura: di sofferenza perché lasci i giovani, i ragazzi gli adulti che con te in un certo periodo della tua vita sono cresciuti; lasci amicizie, storie che conosci, lasci un cammino iniziato e che sta portando i suoi frutti belli; ma è anche un momento di avventura poiché sei richiamato a rinnovarti a ripensarti e rimetterti in gioco in un’altra esperienza con altre storie e altri giovani.

Sono contento di essere stato a Vallecrosia, seppur talvolta nella fatica del cammino; sono contento di essere stato con questa comunità salesiana che ringrazio per il suo affetto e sostegno; sono contento di aver lavorato PER E CON i Giovani dell’oratorio ai quali rivolgo a tutti il mio affetto e il mio saluto: certamente ci sarà “chi vi amerà meglio, si ma non di più di tutto il poco che ho potuto io” (cfr. Baglioni “tamburi lontani”). Non lascio quindi il “mio oratorio di Vallecrosia” o i “miei giovani” poiché l’oratorio è di Don Bosco e i giovani sono di Dio, lascio una bella storia che so che continuerà poiché ci sono adulti e giovani che credono in Gesù e in Don Bosco e hanno la sua stessa voglia di vivere l’Oratorio; in questo poi non saranno soli, poiché la comunità salesiana come sempre continuerà il cammino carismatico di Don Bosco, e la nuova entrata Don Domenico Tran, salesiano prete giovane del Vietnam porterà una nuova ventata di festa e nuovi stimoli per l’ambiente. Carissimi giovani, adulti, buon viaggio e amici sempre con  l’affetto che ci lega nel Signore e in  Don Bosco.