Premiazione del 4° Concorso di Narrativa Inedita “Ossi di seppia”

9 luglio 2012 | 09:36
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Premiazione del 4° Concorso di Narrativa Inedita “Ossi di seppia”

Alla presenza del Sindaco Vincenzo Genduso, dell’Assessore al Turismo e Cultura Roberto Orengo (Presidente del Premio), dei giurati Massimo Morasso e Lamberto Garzia (segretario organizzatore) e dell’ospite Guido Conforti (autore e performer).

Si è svolta domenica 8 luglio alle ore 21 presso una gremita Villa Boselli di Arma di Taggia la premiazione del 4° Concorso di Narrativa Inedita “Ossi di seppia”, alla presenza del Sindaco Vincenzo Genduso, dell’Assessore al Turismo e Cultura Roberto Orengo (Presidente del Premio), dei giurati Massimo Morasso e Lamberto Garzia (segretario organizzatore) e dell’ospite Guido Conforti (autore e performer).

Primo classificato
VINCENZA MAZZONE – Siracusa
Mal di mare, aria di mare

Ben strutturato, cadenzato in “blocchi” narrativi ricchi di suggestione e linguisticamente sostenuti, il racconto di Vincenza Mazzone s’impone per la naturalezza con la quale sa ricostruire un luogo della memoria storica avvicinandolo da un lato al discorso epico dall’altro alla fantasmagoria romanzesca. In Mal di mare, aria di mare la re-invenzione di parte dell’avventura di Ippolito Nievo nel Regno delle sue Sicilie passa per l’analisi e l’auto-analisi di Nicolò, l’uomo del mare che funge da “fulcro” ideativo di due dei tre tempi in cui è scandita la vicenda prima del suo “scioglimento” conclusivo: quello nel quale Nicolò è visto per così dire dall’esterno, come «alienato ricoverato d’autorità con matricola 352» nel «Real Manicomio di Napoli verso la fine del 1861», e quello nel quale, rivelata la sua sanità mentale, è lui stesso a raccontare di sé, e, per suo tramite, di una verità sospesa fra mito e realtà. Al di là, ormai, delle celebrazioni per il 150° dell’Unità d’Italia, con robusto realismo parafiabesco questa bella prova della Mazzone ci avvicina a un passato sentito come vivo e operante, e con l’idea del mare come “collante” di un percorso storico nel quale è inscritta tanta parte della nostra identità nazionale e non solo.

Secondo classificato
ANDREA ANDREONI – Jesi
Cronache della precaria età

È un testo che sa essere scrupoloso, lucido, attento ai minimi dettagli eppure, insieme, nebuloso, in vaghissimo modo allegorico, quello di Andrea Andreoni. Che scrive con intensità poetica di una piccola storia individuale nella quale è facile riconoscere parte del destino di un’intera generazione, o forse, ahinoi, di più di una generazione. La “precaria età” cui ammicca il titolo, Cronache della precaria età, è l’età della formazione e della flessibilità – cioè a dire, insomma, l’età dell’instabilità e dell’ansia, se non dell’angoscia tout court. E questo, beninteso, tanto sul piano lavorativo («con l’anno nuovo arrivarono inevitabili i tagli: da qualche parte bisogna pur risparmiare e in due rimanemmo a casa » ci dice a un certo punto Andreoni) quanto su quello dell’elaborazione dell’esperienza interiore. Nell’ultima riga di tanto tragica e banale odissea del pensiero liquido si legge: «ho una gran voglia di aprirmi la testa con uno dei barattoli di fagioli che, con disperata attenzione, allineo sulla stretta mensola della cantina». Qui c’è quasi tutto Andreoni. La sua “disperata attenzione”. La voglia di ordinare il mondo dall’alto (o dal basso?) di una forte, nobile passione costretta, giocoforza, a rivoltarsi su di sé, a implodere.

Terzo classificato
CARLO ZAMBOTTI – Trento
Anteo, una storia possibile

Anteo, una storia possibile racconta dell’epilogo di una tragica storia d’amore fra adolescenti. Ma è anche, o anzi è soprattutto, un allarmato, veemente bozzetto fanta-politico che ci riporta indietro, nel ventennio fascista, reinventando uno degli episodi più controversi dell’opposizione al mussolinismo: il linciaggio di un anarchico di appena quindici anni d’età, Anteo Zamboni, protagonista di un attentato fallito ai danni di Benito Mussolini a Bologna, nel ’26. Qui, a un fatto storico, paradigmatico, nella sua inaudita ferocia, dello scontro fra l’utopia e la realtà, Zambotti sovrappone la fantasia di un possibile movente sentimentale, entro la cornice di una doppia impossibilità: quella del compimento dell’amore (per via della differenza di peso sociale fra Anteo e la sua giovane Musa Fulvia Grandi) e quella del mutamento del decorso storico (per via dell’errore di mira dell’improvvisato cecchino). Un modo che ci è parso interessante per far continuare a vivere la memoria di un piccolo eroe senza fortuna e di far interagire, intanto, registri immaginativi diversi sfuggendo al rischio della retorica o, peggio, dell’agiografia.

Quarto classificato
STEFANO SANTASIERSE – Salerno
Chierichetti

Fra «L’ostinazione di Mario nel tentativo di condurci sulla retta via era commovente.» della prima riga e il «Siete tutti licenziati» dell’ultima, il racconto di Stefano Santasierse riesce a introdurci con leggerezza di tocco nell’atmosfera di un microcosmo paesano, e, dentro a questo, nel cuore comico del fallimento di un’iniziazione. Mimmo, Camillo, Giovanni, Rocco e l’io narrante sono gli scapestrati ragazzini chiamati a diventare chierichetti da Mario, il seminarista convinto della benignità degli uomini. Ma è proprio il buon Mario, e non gli indomabili, impresentabili “picari” che lo circondano, ad assumere cammin facendo lungo questa divertita e divertente via crucis le sembianze a loro modo demoniache di “tentatore” (si ripensi all’incipit: «L’ostinazione di Mario nel tentativo di condurci sulla retta via era commovente.») e di “giudice” tutt’altro che misericordioso (si ripensi al «Siete tutti licenziati» della chiusa). Un riuscito, intelligente rovesciamento di prospettive a tinte parodistiche, insomma, questo Chierichetti, che strappa più di un complice sorriso.