Prima rappresentazione del Teatro dell’Albero: “Il ritorno” di Sergio Pierattini

18 maggio 2012 | 10:54
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Prima rappresentazione del Teatro dell’Albero: “Il ritorno” di Sergio Pierattini

Il piccolo teatro di S. Lorenzo al mare era colmo di gente, al contrario il palco era praticamente vuoto: tre sedie e una panca.
Si spengono le luci e inizia lo spettacolo. In scena quattro attori, due uomini e due donne

Per il decimo compleanno il Teatro dell’Albero ci ha regalato uno spettacolo incredibilmente attuale:
Il Ritorno, di Sergio Pierattini, per la regia di Veronica Crucciani.
Il piccolo teatro di S. Lorenzo al mare era colmo di gente, al contrario il palco era praticamente vuoto: tre sedie e una panca.
Si spengono le luci e inizia lo spettacolo. In scena quattro attori, due uomini e due donne (Milvia Marigliano, Renato Sarti, Arianna Scommegna, Alex Cendron).
Si tratta di una famiglia bergamasca come tante. La figlia è appena tornata, capiamo che si è assentata per molto tempo. Ma dove sarà stata? Lo scopriamo solo qualche istante dopo grazie all’imprudenza del fratello. È stata in carcere, ha ucciso un uomo.
Tornata a casa la ragazza si trova davanti a una prova più dura del carcere: il rancore del fratello, il rimorso della madre, la pazzia del padre. È una storia di razzismo. La figlia infatti si era innamorata di un ragazzo marocchino, operaio nella ditta del padre. I due ragazzi decidono di sposarsi quando, un giorno, lui la lascia. Nella ragazza riaffiora un razzismo fino ad allora soffocato che la porta a pensare che sia tutto un inganno e che il fidanzato sia scappato con il patrimonio di famiglia. Assicuratasi che il conto è in ordine resta comunque sospettosa e, in un lapsus di follia, lo uccide. Ecco come la donna, laureata e di buona famiglia, è finita in carcere e ha rovinato un’intera famiglia.
Interessante la figura del padre, unico esente dalla malattia del “razzismo”, colpevole di aver portato in casa il ragazzo marocchino che poi si sarebbe innamorato della figlia. Quest’uomo è come impazzito, alienato da una realtà troppo dura: una figlia assassina, una moglie nevrotica, il figlio incapace e degli amici che non credono più in lui da quando, messosi in proprio, ha tradito l’ideologia comunista. Gli attori hanno dimostrato una grande capacità interpretativa nel calarsi in ruoli così complessi psicologicamente. Il tempo sembra essere passato in un lampo, lo spettacolo è finito e gli attori si godono un lungo e fragoroso applauso più che meritato.

Sara Pellegrini