Accusati di taglieggiare i vicini di banco: la coppia Finazzi-Iuliano domani (giovedì 3) dal giudice

Si tratta di due episodi distinti: uno nei confronti di Michele Davide Perozziello, avvenuto a cavallo tra il 28 maggio e il primo giugno 2010 e il secondo nei confronti di Giuseppe Levantino, avvenuto tra l’8 e il 12 giugno dello stesso anno.
Si apre giovedì prossimo (3 maggio), davanti al Collegio del Tribunale di Sanremo, il processo nei confronti di Paolo Iuliano, 36 anni e della moglie Barbara Finazzi, 37 anni, entrambi abitanti a Sanremo (il marito è attualmente detenuto), accusati di estorsione in concorso in merito a presunte minacce e richieste di denaro a due ambulanti del settimanale mercato di Sanremo – loro vicini di banco – rei di aver applicato 50 centesimi di sconto sulla merce in esposizione, provocando loro un danno.
Si tratta di due episodi distinti: uno nei confronti di Michele Davide Perozziello, avvenuto a cavallo tra il 28 maggio e il primo giugno 2010 e il secondo nei confronti di Giuseppe Levantino, avvenuto tra l’8 e il 12 giugno dello stesso anno. Nel mirino: una serie di intimidazioni effettuate sia al telefono che di persona, tramite le quali avrebbero costretto i due ambulanti ad alzare il prezzo della merce in esposizione o, in alternativa, a “chiedere scusa” pagando una sorta di disturbo per la concorrenza e il danno arrecato.
“Tu vieni vicino a me a fare il furbo – avrebbe detto Iuliano in una telefonata a Perozziello -. Guarda che io sabato ti vengo a chiedere i soldi. Tutti i sabati ti vengo a chiedere i soldi. E tu pensi che scherzo? … Ti faccio passare la voglia di venire al mercato di Sanremo. E allora metti a tre euro, non a due euro e cinquanta. Questi sono dispetti, questo è mancanza di rispetto”.
La complicità della moglie di Iuliano, Barbara Finazzi, sarebbe consistita nel recarsi dagli ambulanti minacciati a chiedere l’adesione alle loro richieste. In un’altra telefonata, questa volta a Levantino, Iuliano avverte: “Fai in modo di farmi ricevere le tue scuse e la cosa si chiude”, in questo caso l’autorità giudiziaria intende scuse di tipo oneroso e, quindi, denaro.
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