Bussana Vecchia, un art de vivre./ FOTOSERVIZIO di Paola Faravelli

24 aprile 2012 | 12:47
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Bussana Vecchia, un art de vivre./ FOTOSERVIZIO di Paola Faravelli
Bussana Vecchia, un art de vivre./ FOTOSERVIZIO di Paola Faravelli
Bussana Vecchia, un art de vivre./ FOTOSERVIZIO di Paola Faravelli
Bussana Vecchia, un art de vivre./ FOTOSERVIZIO di Paola Faravelli
Bussana Vecchia, un art de vivre./ FOTOSERVIZIO di Paola Faravelli
Bussana Vecchia, un art de vivre./ FOTOSERVIZIO di Paola Faravelli

Ricordate il film Victor Victoria? Quello in cui, per esigenze di spettacolo, una donna finge di essere un uomo che finge di essere una donna.
Così mi è parsa Bussana Vecchia, un paese bello che si finge paese diroccato che finge di essere un paese bello

Ricordate il film Victor Victoria? Quello in cui, per esigenze di spettacolo, una donna finge di essere un uomo che finge di essere una donna.
Così mi è parsa Bussana Vecchia, un paese bello che si finge paese diroccato che finge di essere un paese bello.
L’arte della trasformazione: nulla è quel che sembra, anche se in fondo, tutto rimane com’è.Ma non è proprio semplice la storia di Bussana, perché il paese che ai miei occhi è parso semplicemente bello, in realtà è un paese che non esiste, distrutto dal terremoto del 1887 e dimenticato dagli uomini, venne letteralmente occupato, a partire dalla fine degli anni cinquanta, da artisti provenienti un po’ da tutto il mondo.
Un’oasi di verità, così forse l’avranno intesa in quel periodo in cui le fredde leggi del consumismo stavano improvvisamente avendo la meglio sui vecchi stili di vita legati alla terra e ai cicli naturali. Ed è strano come proprio grazie all’intervento degli artisti, che per definizione sono considerati poco avvezzi al lavoro fisico, il paese abbia potuto rinascere.
Lentamente sono tornate le strade, le case, la vita, e in qualche modo, forse, il riallineamento con la cultura da cui essi stessi fuggivano. Pure se mi piace immaginare che questa sia la versione gentile, leggera, e senza alcun affanno, della rappresentazione umana, la versione senza tempo, anche perché qui, il tempo, non esiste.Nonostante sia tutta in pietra, a Bussana Vecchia prevale il colore, che sia del cielo in una stanza, delle meraviglie dentro alle botteghe, o dei fiori sparsi ovunque, questo poco importa, l’importante è lasciarsi andare, dimenticando i preconcetti e le imposizioni, unica regola: non esistono regole. E vi consiglio la ginnastica del camminare con il naso all’insù, sembra che, talvolta, mutare i punti di vista, permetta agli orizzonti di allargarsi. Me ne vado dal paese non senza aver seriamente valutato l’ipotesi di trasferirmici (ma di questo parlerò un’altra volta), troppo bella è stata la sensazione poter vivere felicemente con la dotazione standard: un tetto sulla testa (perché il camping non mi ha mai ispirato), un bagno funzionante (per lo stesso motivo del tetto), e persone interessate a condividere i pensieri.Ho scoperto che la chiamano art de vivre, ovvero la capacità di riconoscere i veri bisogni da soddisfare. La potete trovare qui, a Bussana Vecchia, a me l’idea piace, e a voi?

Testi e fotografie di Paolo Faravelli