DELITTO VIA POMA: perizia che scagiona Busco è su carte, no su analisi. Parla l’ex pm Cavallone

27 marzo 2012 | 12:50
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DELITTO VIA POMA: perizia che scagiona Busco è su carte, no su analisi. Parla l’ex pm Cavallone
DELITTO VIA POMA: perizia che scagiona Busco è su carte, no su analisi. Parla l’ex pm Cavallone
DELITTO VIA POMA: perizia che scagiona Busco è su carte, no su analisi. Parla l’ex pm Cavallone
DELITTO VIA POMA: perizia che scagiona Busco è su carte, no su analisi. Parla l’ex pm Cavallone
DELITTO VIA POMA: perizia che scagiona Busco è su carte, no su analisi. Parla l’ex pm Cavallone
DELITTO VIA POMA: perizia che scagiona Busco è su carte, no su analisi. Parla l’ex pm Cavallone

“I periti della Corte di Assise di Appello si sono limitati a valutare, e a smontare, il lavoro dei consulenti del pubblico ministero, senza fare nuove analisi direttamente loro, pur essendo i reperti a loro disposizione”.

Occorre che sia detto con chiarezza che i periti della Corte di Assise di Appello si sono limitati a valutare, e a smontare, il lavoro dei consulenti del pubblico ministero, senza fare nuove analisi direttamente loro, pur essendo i reperti a loro disposizione”.

A dichiararlo, stamani, in un ristretto incontro con i giornalisti, è stato il procuratore di Sanremo, Roberto Cavallone, dal 2001 al 2009, titolare delle indagini del delitto di via Poma, che portò ad individuare in Raniero Busco, l’ex fidanzato della vittima (Simonetta Cesaroni), l’unico indiziato di delitto.

Con queste parole, Cavallone, ha voluto per la prima volta uscire allo scoperto e commentare le ultime novità processuali, consistenti in una perizia commissionata dalla Corte di Assise, secondo la quale verrebbero mese in discussione le uniche due certezze investigative: “I periti nominati dalla Corte di Assise – ha affermato Cavallone – mettono in dubbio addirittura due capisaldi su cui pm e difesa erano d’accordo e che cioè: che la ferita sul seno della vittima era stata provocata da un morso, anche se la difesa asseriva non attribuibile a Busco e che sul reggiseno e sul corpetto c’era il profilo biologico dell’imputato Raniero Busco, anche se la difesa sosteneva lasciato in un momento diverso rispetto a quello dell’omicidio”.

Prosegue Cavallone: “La mia opinione non conta nulla dal punto di vista processuale, anche perchè ci sono altri colleghi che se ne stanno interessando. Mi premeva solo sottolineare il fatto che presso la pubblica opinione era passato il messaggio che una nuova perizia disposta dalla Corte di Assise e di Appello aveva portato a nuovi risultati con l’evidenziazione di nuovi profili di soggetti ignoti e, quindi, di altri possibili autori del delitto”.

LE FOTO ALLEGATE SONO ORIGINALI E NON RIPRESE DALLA TELEVISIONE, COME ALTRI…

L’INTERVISTA INTEGRALE DI CAVALLONE

Oggi c’è l’udienza e non ho voluto interferire sulla sua serenità per evitare di parlare del processo con lo stesso in corso in un luogo non istituzionale. Io mi chiedo se ancora possiamo tentare nel processo di arrivare ad una verità sul fatto o se deve passare l’idea che la verità sul fatto è irraggiungibile e dobbiamo accontetarci di una verità processuale magari più semplice da motivare. Quello che desta preoccupazione in me come cittadino è questo andazzo che caratterizza molti dei processi più importanti che hannno caratterizzato l’opinione pubblica: vede nei gradi successivi non cercare una verifica alla sentenza impugnata ma quasi esclusivamente cercare di demolire il lavoro che è stato fatto e questo con particolare riguardo a processi con prove di natura scientifica.

Si comincia a parlare di prelievi fatti male di risultati male interpretati di analisi mal fatte. E questo è il caso del processo di Via Poma in cui il messaggio passato è che i periti abbiano fatto nuove analisi che indicano altri profili rispetto a quello dell’imputato. Ma non è così i periti infatti si sono limitati a fare semplicemente un commento di tutto ciò che è stato fatto dal 90 ad oggi. Ma è un opera di distruzione particolarmente accanita.

Giancarlo De Cataldo, membro autorevole del collegio che sta giudicando in questo momento il caso di Via poma ha scritto un libro “In giustizia” dove scrive la sua storia di magistrato, ma in un capitoletto lui sottolinea come la scienza influenzi troppo i processi, non possiamo fondarci solo sulla scienza o solo su una testimonianza, è tutto molto relativo. Secondo lui la non affidabilità della prova scientifica porta a credere maggiormente alla verità processuale.

Quanto scrive De Cataldo nel suo libro è un grosso problema è un pre-concetto e un pre-giudizio di ordine generale, non dobbiamo dimenticare che questa regola va applicata in ogni caso concreto: se la verità scientifica non è una verità affidabile rimane sempre un dubbio a favore dell’imputato possiamo creare un sillogismo e se facciamo questo discorso nel caso di Via Poma allora lo dobbiamo fare nel caso dell’Olgiata e nel caso di Garlasco. C’è una verità scientifica ma l’imputato va assolto. Questo è molto pericoloso.

SECONDA PARTE DELLA CONFERENZA STAMPA DI CAVALLONE

Il dott. De Cataldo è un membro del collegio ma ha pubblicato questo libro in corso di processo.

Caso dell’Olgiata è nel 91 si era detto di tutto: erano intervenuti i servizi segreti, tutti tranne il magistrato di turno e si disse che c’era qualcosa di molto grosso dietro l’omicidio. A distanza di 20 anni è stato trovato il dna del filippino sul lenzuolo e subito anche in quel caso si era scatenata la bagarre. La procura di Roma se la prende con l’ultima ruota del carro: dietro ci sono i servizi segreti, poi la moglie del filippino dice che è impossibile che l’assisino fosse suo marito, ecc. Passano due giorni e il filippino confessa e ha detto che era da anni che si era confidato con la moglie. Se lui non avesse avuto questo rimorso che va al di là del fatto processuale cosa avremmo portato in corte d’assise a Roma? Una prova scientifica che secondo questo terorema generale è comunque di per sé inaffidabile.

Io credo che dobbiamo partire in ogni singolo caso dall’esame di elememti oggettivi. E gli elementi oggettivi nel caso di Via Poma sono quelli che non i consulenti del pm ma i consulenti della difesa hanno scritto e detto durante il processo. Perizia a pagina 19 bis: non è stato eseguito nessun ulteriore prelievo e si sostiene che quello che figura sul seno sinistro della vittima non è un morso e non si può ricavare un dna completo di Busco dal corpetto della ragazza trovata sulla scena del crimine. Due cose concordavano in primo grado pm e difesa: che si trattava di un morso e che quello sul corpetto era il dna di Busco. Per quanto riguarda il morso c’è la relazione dell’odontodiatra dell’imputato Emilio NuzzoLese e a pag 14 scrive che non si può risalire alla persona ma dedurre che si tratta di un morso di origine umana inferto con violenza.

Linea della difesa sul morso: si è un morso ma non corrisponde alle arcate dentali di Busco, per quanto riguarda il dna ricavato dall’esame del corpetto e sul reggiseno i due consulenti biologi dell’imputato, Giardina e Noelli dicono: “Vediamo un profilo che non abbiamo contestato. Il dna è specifico.”, ma la difesa dice che quel dna è stato rilasciato in un momento diverso e precedente rispetto al momento di uccisione. Naturalmente l’importanza dei due elementi messi insieme è di riuscire ad evitare la contestualità del morso con le ferite mortali per riuscire a dire non è saliva, e quindi la saliva è stata lasciata in un altro rapporto e quindi sarà stato un altro l’assassino.

Su questa base si doveva risolvere la divergenza. La corte ha affidato un incarico che chiede ai periti di capire se quello è un morso e i periti hanno detto che non è un morso e che non sanno che cosa è. Potrebbe essere la lesione di un corpo qualsiasi o di un fermacapelli e soprattutto dicono a pag. 46 che la posizione in cui si sarebbe potuta infliggere il morso è impossibile da fare per un uomo. Sarà un problema della corte e nell’esaminare i file. Da parte del Ris poi si è creato una confusione tra date e secondo i periti sarebbe stato estratto prima il profilo biologico dell’imputato e poi si sarebbe andato a cercare se c’era il profilo biologico sul corpetto e reggiseno e se fosse vero vorrebbe dire che abbiamo creato un colpevole a tavolino. Ovviamente uno procede ai confronti se ha qualcosa da confrontare. Io mi chiedo quale sia la conclusione di questa storia.
E’ che l’opinione pubblica è disorientata sono state fatte analisi e nuovi profili, trovate nel telefono e su un lato della porta tracce di sangue esaminate con il metodo dell’asportazione e non sono sovrapponibili tra di loro.
Noi dovremmo arrivare alla conclusione che c’erano due autori del reato o addirittura due feriti. La corte di primo grado ha esaminato solo il risultato dell’esame del morso e i profili biologici sul corpetto. Il risultato ora è solo una Grande confusione e le uniche due cose certe sono state messe in discussione anche quelle. Questo è la conferma del teorema espresso da De Cataldo: la prova scientifica è inaffidabile e non possiamo usare questo risultato per arrivare ad una sentenza. Ed è questo che porta ora così tanta confusione.

PUBBLICHIAMO ALCUNI DOCUMENTI INEDITI SUL DELITTO

LA VIDEO INTERVISTA DI CAVALLONE