195 pagine in cui Bellavista Caltagirone appare come il vero direttore del Comune di Imperia
Gabinetti in cambio di appartamenti e posti barca per gli “Amici”: “No perchè io voglio dire…non è che sento storie, non è che ci possono riempire di m…così e poi lui e il Comune ci sparano contro”
Le 195 pagine con cui il gip Ottavio Colamartino ha disposto l’arresto di Francesco Bellavista Caltagirone, Carlo Cont, Andrea Gotti Lega e Delia Merlonghi (tutti e due ai domiciliari) è ben scritto su questi documenti. Uno spaccato terribile di fatti, dialoghi, incontri e circostanze fra imprenditori, politici e amministratori pubblici, nel gigantesco affare del nuovo porto.
Delle carte dell’inchieste emerge chiaramente il carattere forte e predominante di Francesco Bellavista Caltagirone, pronto a scoppiare al telefono quando le cose non vanno come lui ha programmato. Come, per esempio, in occasione del Consiglio comunale del 23 settembre del 2010, quando, Caltagirone prima chiede al sindaco Paolo Strescino la bozza della Delibera, come scritto nell’ordinanza, «per cambiarne il contenuto a lui non gradito» e poi si ritrova, il giorno dopo, con la richiesta di verifica della congruità della permuta scritta nero su bianco dall’allora capogruppo del Pdl Giuseppe Fossati e approvata dalla maggioranza del Consiglio comunale.
Questa documentazione ha così portato i magistrati a scrivere: «La presente vicenda evidenzia gravissime violazioni dei principi di libertà di concorrenza tra le imprese nonché di indipendenza ed imparzialità dell’agire amministrativo: alla base non può che esservi la ormai storica accertata convergenza di interessi tra politica e imprenditoria», pur ammettendo in seguito: «È ben vero in questa sede non sono stati contestati episodi di corruzione», ma spiegando ancora «l’articolato meccanismo creato per pilotare l’attribuzione dell’appalto in favore di un imprenditore scelto nella più completa violazione di tali regole…. inducono a ritenere quantomai verosimile l’esistenza di una sotterranea spartizione di ritorno dei profitti fraudolentemente conseguiti da Caltagirone in favore dei soggetti che gli hanno regalato l’appalto e il porto ovvero dei loro familiari». E poche righe più avanti gli inquirenti indicano a supporto della loro tesi gli acquisti di posti barca e posti auto coperti, fatti a prezzi scontati, dalla moglie e dalla sorella di Claudio Scajola.