Mafia in Comune a Bordighera: ecco i motivi che hanno spinto il Tar a rigettare il ricorso di Bosio

2 febbraio 2012 | 12:54
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Mafia in Comune a Bordighera: ecco i motivi che hanno spinto il Tar a rigettare il ricorso di Bosio

Dai legami di alcuni assessori con determinate famiglie; alla mancata costituzione civile contro procedimenti per abuso edilizio contro alcune famiglie; alla mancata chiusura di un locale.

Le frequentazioni di un ex assessore che intratteneva da tempo rapporti con elementi della criminalità organizzata calabrese e quelle del vicesindaco, la cui presenza era stata notata, insieme a quella di numerosi pregiudicati, all’inaugurazione di un bar intestato alla moglie di un componente delle stesse famiglie.

E poi: la mancata costituzione in giudizio del Comune, nei vari procedimenti per abuso edilizio contro lalcune famiglie, al centro di un’inchiesta sulla criminalità organizzata. Per proseguire con l’affidamento di appalti, tra il 2003 e il 207 (e in particolare a cavallo delle elezioni del 2007) ad una impresa riconducibile a una famiglia contigua alla criminalità organizzata.

Sono queste in estrema sintesi, le motivazioni che hanno indotto il Tar del Lazio a rigettare il ricorso dell’ex sindaco di Bordighera, Giovanni Bosio (Pdl) e della sua ex maggioranza, contro lo scioglimento del Consiglio comunale per mafia. Il Collegio del Tar (Giorgio Giovannini, Presidente; Roberto Politi, Consigliere e Anna Bottiglieri, Consigliere, Estensore) ha, dunque, spiegato nei dettagli, prendendo spunto dalle relazioni dei carabinieri e della Commissione di Accesso, il perchè si poteva parlare di infiltrazioni mafiose in Comune a Bordighera. Ma non finisce qui.

Tra gli altri elementi che proverebbero la presenza di infiltrazioni, ci sarebbe “il ritardo maturato dall’amministrazione comunale nell’adozione dell’atto di sospensione dell’attività di un locale notturno di Bordighera, o meglio di un circolo privato, di proprietà di due persone legate ad una delle predette famiglie, destinatarie di altrettante ordinanze di custodia cautelare perché ritenute responsabili del reato di sfruttamento della prostituzione, consumato all’interno del locale”.

In particolare, si riferisce al riguardo che il Comune ha adottato l’ordinanza di sospensione solo in data 18 giugno 2010, a seguito dei ridetti arresti, mentre le forze dell’ordine ne avevano chiesto la chiusura fin dal giugno 2009, in considerazione della suddetta attività e della frequentazione del locale da parte di numerosi pregiudicati ritenuti contigui alle famiglie della ‘ndrangheta calabrese.

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