A sette aspiranti Diaconi della Diocesi è stato conferito il Ministero dell’Accolitato






Ieri pomeriggio alle 18.00, durante la Santa Messa nel Santuario Basilica della Madonna Miracolosa di Taggia, è stato conferito il Ministero dell’Accolitato agli Aspiranti Diaconi della Diocesi di Ventimiglia – San Remo
L’istituzione è stata conferita dal Vescovo. Il rito è consistito nella consegna della patena con il pane, mentre il Vescovo ha pronunciato le parole: "Ricevi il vassoio con il pane per la celebrazione dell’eucaristia, e la tua vita sia degna del servizio alla mensa del Signore e della Chiesa".
Compito fondamentale dell’accolito è quello di aiutare il sacerdote e il diacono all’altare. In casi particolari egli può preparare l’altare e i vasi sacri e distribuire come ministro straordinario l’eucaristia ai fedeli. Per il resto i suoi compiti sono di varia natura.
Questi i nomi degli Aspiranti Diaconi:
Marco Cantarini (Parrocchia di San Siro – Sanremo)
Sergio Coletta (Parrocchia di San Siro – Sanremo)
Moreno Destro (Parrocchia Natività di M.V. Villetta – Sanremo)
Gian Michele Gambino (Parrocchia San Giuseppe – Arma di Taggia)
Aldo Panizzi (Parrocchia Immacolata Concezione – Bordighera)
Riccardo Tomasella (Parrocchia Natività di M.V. Villetta – Sanremo)
Marino Vismara (Parrocchia Immacolata Concezione – Bordighera)
Questa è invece l’omelia che S.E. Mons. Alberto Maria Careggio ha proposto all’attenta assemblea.
Come vescovo di questa Diocesi, preoccupato per la scarsità di sacerdoti, deluso e amareggiato per un vuoto nel nostro seminario, salvo un’eccezione, sono lieto questa sera di poter conferire il ministero dell’Accolitato al bel gruppo di uomini, aspiranti diaconi permanenti. Saluto tutti con affetto; innanzitutto voi, candidati a questo ufficio, e quindi le vostre spose e le vostre famiglie.
Un ricordo a Eugenio Erbini, scomparso da poco.
La benedizione solenne che state per ricevere vi pone a servizio di quel ministerium altaris, ossia sempre più vicini all’altare tanto per aiutare il diacono, quanto per fare da ministro al sacerdote.
Conoscete, per averli studiati, quali saranno i vostri principali compiti, sia ordinari, sia straordinari. Per un fruttuoso esercizio del vostro ministero, la Chiesa vi chiede una pietà eucaristica sempre più ardente, la comunione frequente, quotidiana se possibile, un amore profondo a Gesù eucaristia, l’offerta di voi stessi a Dio senza riserve, ad essere di buon esempio a tutti e, infine, a nutrire un sincero amore verso la Chiesa, particolarmente verso i deboli e gli ammalati. A questi doveri di ordine spirituale, occorrre aggiungere la preparazione culturale e teologica che dovrà continuare sempre, anche dopo aver raggiunto il vostro traguardo desiderato.
State per ricevere l’Accolitato, illuminati dalla parola di Gesù che nel Vangelo odierno mette in particolare evidenza la "chiamata" a seguirlo, la cosidetta sequela Christi. E’ una pagina di singolare forza che, solo apparentemente, sembra essere rivolta agli apostoli chiamati per nome. Invero, Gesù chiama tutti a seguirlo, chiama tutti alla santità, chiama tutti a partecipare alla sua vita divina e alla gioia che proviene dalla presenza di Dio in noi.
Come sappiamo, in questa vocazione universale alla salvezza, alcuni ricevono una chiamata forte per lo sviluppo di una missione a servizio della Chiesa, per la diffusione del Vangelo e la santificazione delle anime.
Per tutti, indistintamente, valgono le parole forti di Gesù: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo". Se è vero che la misericordia di Dio è pronta ad accogliere ogni nostro sincero atto d’amore, per quanto limitato – Gesù non spegne la fiammella che fa più fumo che luce – è altrettanto vero che un grande amore esige la risposta di un grande amore. Possiamo forse dire che la nostra vita cristiana, i nostri cosiddetti fedeli, la nostra cultura e la nostra società, nata e cresciuta in un clima fecondato dal Vangelo, rispondano in maniera adeguata agli inviti del Signore? "Convertitevi" è l’accorato invito di Gesù; anzi, più che "invito" è un proprio comando per la nostra salvezza: la vita senza Dio è un inferno. "Passando oltre" Gesù vede alcuni uomini e li chiama. Ne chiamerà soprattutto dodici, gli apostoli, ma quanti altri inviti personali leggiamo nel Vangelo! Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini.
Non so quanti si siano siano mai domandati che cosa veramente significhi "seguire il Signore". La Sacra Scrittura non ci offre una riflessione speculativa e astratta su questo tema, ma fatti vissuti ed esperienze che ci sono proposti come modelli per costruire la propria identità e configurare il nostro agire da cristiani a servizio della Chiesa. Il verbo "seguire" nel Vangelo assume molti significati: dal semplice "andare dietro" al Signore, si passa al senso traslato di credere, diventare discepoli del Maestro, prenderlo come modello di vita, sino a condividerne la stessa sorte: Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io là sarà anche il mio servitore. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà (Gv 12,26)
Dal Vangelo vediamo come Gesù chiama con autorità divina: "subito" Simone e Andrea, abbandonate le reti, lo seguono.
Gesù indirizza all’imminente venuta del regno; non chiama ad un apprendimento secondo tradizione. Si tratta di una chiamata escatologica: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo (Mc,1,14).
La chiamata comporta la disponibilità alla sofferenza: Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua (Mc 8,34). La croce è sinonimo di sofferenza, condizione possibile dell’abnegazione, ossia dalla libertà nei confronti di se stessi e di abbandono a Dio senza condizioni.
Le caratteristiche che abbiamo ora richiamato delineano la strada della santità, quella che i Santi percorrono per giungere al possesso del Regno dei Cieli.
La "sequela" ( alla stregua della virtù della Speranza ) è l’aspetto dinamico della fede ed è quindi una caratteristica della vita cristiana. Come avviene in una scalata, in cui chi segue non deve mai perdere di vista la guida, così avviene nel cammino di fede che esclude di per sè l’inerzia che porterebbe a smarrire sia la guida, sia la strada da percorrere.
Seguire Cristo vuol, dunque, dire essere affascinati dalla sua persona, attratti cioè dal desiderio di diventare identici a lui, più che essere semplicemente presi dalla considerazione della sua dotrirna e delle sue opere, come, purtroppo fanno molti: Gesù sì, ma non parlarmi della Chiesa e dei preti… Rimanendo puri spettatori, non potranno mai comprendere la chiamata di Gesù.
Mi domando in conclusione: l’uomo contemporaneo, civile, europeo, dopo Copernico e Kant, può ancora avere la fede? Noi tutti ci muoviamo entro correnti filosofiche che sono fondamentalmente e coscientemente ristrette nel campo dell’esperienza sensibile, ignorando che restringersi ai soli dati naturali è effettivamente la cosa più innaturale, perchè prende in considerazione solo la più piccola parte della realtà e nega, o lascia in disparte, le radici più profonde di questa realtà, ossia i rapporti che legano il tangibile con l’invisibile, con il sopraterreno, con il divino.
Con quest’occhio atrofizzato, anche Gesù Cristo, il seguirlo e l’ascoltarlo, diventa un problema. Quale attitudine fondamentale è presupposta dalla fede vivente nel Cristo?
Il teologo Karl Adam fa notare che se sussiste la possibilità che in Cristo sia apparso Dio, se quindi il divino è richiesto in Cristo anche solo come un possibile oggetto d’indagine, ne segue che questo possibile divino dovrà riflettersi… anche nel metodo con cui noi cerchiamo di accostarci a questo divino.
La sola possibilità di aver a che fare proprio con Dio, impone all’uomo l’obbligo di mettersi in ascolto per apprendere se Dio veramente parla. Poichè, nel caso che Dio parli realmente, non parla già un essere qualsiasi, che può lasciarci lecitamente indifferenti, ma parla il Signore, il mio Signore, dal quale, s’Egli veramente esiste, io sono dominato fino nelle più intime fibre del mio essere (Carlo Adam, Gesù il Cristo, Ed. Morcelliana, 19580, pp 30-33).
In tal senso, ogni cristiano dovrebbe potersi rivolgere a Gesù con le stesse parole del profeta Geremia: Mi hai sedotto, Signore, e mi sono lasciato sedurre (Ger 20,7). Si tratta, ovviamente, della seduzione che anche il bene esercita sull’animo umano. Gesù Cristo coinvolge tutto l’uomo, con le sue doti e le sue facoltà, con il suo bisogno di salvezza e di felicità insito nel cuore di ogni persona. Per questa ragione, mente e cuore, corpo e anima, tutto vibra come la sollecitazione di uno sguardo di Gesù, di una sua parola, di un suo gesto, tanto da far dire a Sant’Agostino, folgorato al cuore dalla parola del Signore: Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai!… Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti e arsi di desiderio della tua pace (Conf. 10,27.38)
+ Alberto Maria Careggio