Mafia: stangata sui Pellegrino, ma ai dipendenti chi ci pensa? “Siamo sul lastrico”/ ESCLUSIVA






Da quando la ditta fu posta sotto sequestro e affidata all’amministratore giudiziario Dante Benzi, 14 lavoratori aspettano ancora l’ultima busta paga e le liquidazioni. La cifra totale si aggira intorno ai 70mila euro
Ci sono 14 persone che oramai da più di 6 mesi aspettano il loro stipendi e le loro liquidazioni. Sono i dipendenti della ditta di movimento terra "Fratelli Pellegrino Srl". L’azienda, il 26 maggio scorso fu posta sotto sequestro dall’autorità giudiziaria in forza alla legge del 1965 sui beni appartenti all’a criminalità organizzata e le redini passarono in mano ad un amministratore giudiziario, Dante Benzi di Genova. L’atto fu firmato dalla dottoressa Aicardi, presidente facente funzione, su proposta della Dia di Genova.
“C’è un totale di circa 70 mila euro tra ultime buste paghe e Tfr che al momento non sono stati erogati”, ci spiega l’avvocato Giacomo Sottocasa al quale si sono rivolti i dipendenti (una segretaria e vari aurtisti e escavatoristi) per far valere le proprie ragioni. Mediamente ognuno di loro deve percepire una cifra che si aggira intiorno ai 6 mila euro, che diventano più di 10 nel caso della segretaria, Grazia Raimondi, tenuta in carico dalla ditta per 2 mesi oltre il licenziamento dei suoi colleghi, proprio per preparare quelle famose buste paga che non sono mai state saldate, così come i tfr.
“Molti di noi sono tutt’ora disoccupati e hanno famiglie a carico, chi ha mutui da pagare o chi semplicemente come Andrea, un autista, è dovuto tornare a vivere a casa di sua madre perché non riesce più a mantenersi una casa in affitto” chi parla è Danilo di Vincenzo, escavatorista e rappresentante dei dipendenti” Io stesso – aggiunge Danilo – ho trovato lavoro, ma a tempo determinato come precario. All’epoca, il 31 maggio quando fummo tutti licenziati dall’amministratore straordinario ci fu promesso che saremmo stati pagati a breve ma ad oggi, passati più di 6 mesi, non abbiamo ancora visto un quattrino. E’ già assurdo che per avere dei soldi che ci spettano di diritto abbiamo dovuto rivolgerci ad un avvocato. Infatti, quello che chiediamo e solo di essere pagati per il nostro lavoro, cosa che, quando la ditta era dei fratelli Pellegrino, tra l’altro, avveniva regolarmente, nonostante la crisi in cui versa il settore del movimento terra.”
La decisione a non pagare, per ora, è stata motivata dall’attuale amministratore Benzi con il fatto che i fondi (presenti nell’azienda) potrebbero provenire da presunti proventi illeciti. “Ci sarebbero però i soldi derivanti dalla vendita dei camion – specifica l’avvocato Sottocasa, che poi aggiunge “più volte ho provato a contattare l’amministratore Benzi, quest’ultimo però non era mai disponibile e ho potuto parlare solo con dei collaboratori anonimi, dai quali, ad un certo punto, mi è stato consigliato di far fallire la ditta per poi accedere al fondo Inps per i lavoratori. L’ipotesi del fallimento però –continua il legale – non mi sembra percorribile, in quanto la ditta (una srl) non presenta gli estremi legali per attivare questa procedura. Inoltre ora c’è una sentenza di primo grado che assolve gli imputati dai reati di mafia, cosa che potrebbe cagionare il dissequestro dell’attività”
Conclude l’avvocato” Ritengo che un provvedimento restrittivo patrimoniale come quello applicato (sequestro preventivo) debba avere la funzione di tutelare il pubblico interesse e non di danneggiare i dipendenti dell’azienda che, incolpevoli, ne subiscono le gravissime conseguenze. Alla luce delle difficoltà di contatto con il Dottor Benzi (ho potuto parlare solo con collaboratori) e delle risposte poco soddisfacenti ottenute dagli stessi (mi veniva consigliato di richiedere il fallimento dell’azienda, senza che sussista lo stato di insolvenza), di concerto coi miei assistiti abbiamo deciso di richiedere il pagamento degli importi dovuti in maniera formale, a mezzo raccomandate e fax inviati nella giornata di lunedì 28.11. Siamo tutt’ora in attesa di un riscontro.
A mio avviso il custode sequestratario ha il potere/dovere (previa autorizzazione del Giudice) di pagare i dipendenti posto che tra i beni aziendali sequestrati vi sono depositi di consistenza sufficiente a far fronte al pagamento richiesto e che il privilegio del loro credito è secondo solo a quello per le spese di giustizia."
LA VIDEOINTERVISTA ESLCUSIVA PER RIVIERA24.IT E TELENORD