Minacce in Riviera: parla la difesa dei Pellegrino. Bosio “mafiosità condiziona processo”
“La mafiosità compie una metamorfosi del fatto che si veste dell’abito del mafioso. E su questo si costruisce la paura delle persone” ha sottolineato l’avvocato Bosio
E’ con queste parole che, stamani, davanti al Collegio del tribunale di Sanremo (presidente Paolo luppi, giudici a latere: Vincenzo Purpura e Anna Bonsignorio), l’avvocato Marco Bosio ha inizio la sua arringa difensiva, al processo per minacce, tentata estorsione e favoreggiamento della prostituzione, che vede imputate 12 persone, soprattutto imprenditori del settore movimento terra del Ponente ligure. In questo caso, Bosio difende i fratelli: Giovanni, Roberto e Maurizio Pellegrino; Francesco Valenti e Francesco e Antonino Barilaro. Secondo il legale, la mafiosità è l’aspetto caratterizzante del processo. “Non abbiamo contestazione specifica, ma un connotato fortemente condizionante”. Il legale ha quindi parlato di “opera di disincrostazione per rimanere nell’essenzialità del processo”.
SALA GIOCHI BORDIGHERA E MINACCE AGLI ASSESSORI: La discussione dell’avvocato è entrata nel cuore del processo con la disamina della vicenda sull’apertura sala giochi a Bordighera, i rapporti della famiglia Pellegrino e l’amministrazione comunale di Bordighera, in particolare riferendosi all’episodio delle minacce agli ex assessori Marco Sferrazza e Ugo Ingenito.
“I Pellegrino – ha affermato Bosio – sanno che ci sono dei problemi e vanno a chiedere spiegazioni agli assessori che conoscono. Perché proprio da quelli? Perché con gli altri non hanno rapporti. Con Sferrazza si conoscono dal 2004, lavorano insieme e proseguiranno anche dopo. Ingenito è ginecologo della famiglia Barilaro, ha partecipato ai matrimoni. Quella di Pellegrino e Barilaro agli assessori non è una visita, ma un incontro”. Prosegue Bosio: “L’Atteggiamento di Sferrazza non arretra. Percependo l’atteggiamento minaccioso lui rimane nella sua posizione e non lo fa neppure, quando interviene un altro elemento”. Suggerisce l’avvocato, quello del presunto legame tra voti e mafia, sulla base della frase pronunciata da Barilaro “quando avete bisogno dei voti ci cercate”.
TENTATA ESTORSIONE IMPRENDITORE ANDREOTTI: Dopo la vicenda delle minacce agli assessori, Bosio si è concentrato sulla tentata estorsione ai danni dell’imprenditore Giovanni Andreotti all’agriturismo “Il Povero” di Seborga, per cui sono coinvolti oltre a Rocco De Marte, i suoi assistiti Francesco Valenti e Maurizio Pellegrino. All’origine dei fatti, un prestito richiesto da Andreotti a De Marte inizialmente di 2.000 euro e raddoppiato a 4.000 e la gestione dell’agriturismo “Il Povero”, poi degenerato in un episodio di violenza e di minaccia nei confronti dello stesso Andreotti.
PRESUNTE MINACCE (PUBBLICO UFFICIALE e GIORNALISTA): A seguire, l’arringa difensiva si è focalizzata sulle minaccerivolte ad alcuni esponenti delle forze dell’ordine (assistente Squadra Mobile Rocco Magliano, Maresciallo Carabinieri Aldo Cotterchio) e al giornalista Fabrizio Tenerelli. Fatti che vedono coinvolti, Roberto Pellegrino (schiaffo e minaccia a Rocco Magliano in occasione arresto dello stesso Pellegrino ) insieme al fratello Giovanni Pellegrino e Antonino Barilaro per minaccia di morte al Maresciallo Aldo Cotterchio.
Per quanto riguarda Giovanni Pellegrino, in particolare, Bosio si è soffermato sulla telefonata effettuata da quest’ultimo, in cui secondo l’accusa emerge minaccia indiretta a Magliano. “Si tratta – ha detto Bosio – di una telefonata pesante ma bisogna considerare lo stato d’animo di Giovanni Pellegrino, quello di chi ha timore che accada qualcosa al fratello. Invece di usare toni diversi si pone nell’ottica di conflittualità preoccupato per l’accanimento nei confronti del fratello”. Nella seconda telefonata l’assistente Magliano viene avvisato dalla zio di Pellegrino che Giovanni è arrabbiato. Magliano lo richiama e si chiariscono. È conversazione di chiarimento, avrebbe invece potuto minacciarlo. Una telefonata – sottolinea Bosio – esplicativa del fatto che le minacce erano limitate a quella circostanza”. secondo il difensore, non vi è prova che il Magliano abbia ricevuto dallo zio il contenuto delle minacce dei Pellegrino. Se è possibile la minaccia indiretta deve esserci però poi la percezione della minaccia".
Infine sulle minacce al giornalista Fabrizio Tenerelli (fatto del 5 novembre 2009. in occasione della sentenza a carico di Roberto Pellegrino in cui secondo l’accusa sarebbero stata mossa una minaccia di lesioni gravi, “taglio 3 dita se scrivi cose sbagliate), I’avvocato Bosio ha ricordato una divergenza tra le due versioni, quella del giornalista Tenerelli e il teste giornalista del Secolo XIX Fabio Pin. “Tenerelli – afferma Bosio – non denuncia questo episodio e nemmeno dopo. Si è equivocato il comportamento di Tenerelli: il Pm ne ha dato lettura di chi ha paura. Tenerelli fa cronaca giudiziaria e più di una volta mi è capitato nei processi di tenere a freno certi clienti che se la prendevano con i giornalisti. Caricare di altro questa vicenda non fa bene a nessuno e neanche al processo. Ha percepito minaccia in questo modo come da lui dichiarato “Modo poco garbato per dire “occhio a cosa scrivi, non scrivere stron…”. E’ Tenerelli che ci dice queste cose. Dopo la sentenza scrive il pezzoe non è intimorito. Rimane quella frase percepita in quel contesto.Non possiamo ritenerla una minaccia grave”.
Per quanto rgiarda l’assistitoAntonino Barilaro e la minaccia al Maresciallo Cotterchio: “Qua si reagisce in modo diverso – spiega Bosio – Cotterchio si sente minacciato e si costituisce parte civile nel processo. Dice che girava armato, aveva paura per la sua famiglia. La minaccia è arrivata al momento dell’arresto del fratello di Antonino Barilaro, Francesco , il 13 giugno 2010 davanti al Tribunale. Il Teste Uras dice che Barilaro si lamenta del comportamento di chi ha effettuato l’arresto a casa del fratello :“non fatelo venire di nuovo a casa altrimenti gli sparo in testa”. Il Maresciallo Cotterchio quella mattina non c’era ma era alla perquisizione del 31 ottobre 2008 a casa della figlia Mara, lui dice di non aver toccato la figlia e che era presente anche Antonio Barilaro, cosa che negli atti non risulta (presenza di Barilaro a casa). “Qualche dubbio sulla credibilità dei testi: perché Barilaro si arrabbia se Cotterchio non ha toccato Mara? Chi voleva minacciare Barilaro? Inoltre – ha aggiunto Bosio relativamente alla minaccia – vi è la prova che Barilaro Antonio volesse far arrivare questa minaccia al suo minacciato? la minaccia si è fermata davanti al piazzale del Tribunale, non è andata oltre: è vero che Cotterchio l’ha percepita ma il problema è la volontarietà di farla percepire, l’intenzione di fare arrivare la minaccia, quindiil fatto non sussiste e non costituisce reato".
CONCLUSIONI: Dopo quasi 6 ore di arringa, il difensore Bosio ha concluso così l’udienza riportando una frase di Michele Pellegrino “fino a 2 e 3 anni fa giravamo con 50 operai e facevamo turno di notte": Barilaro Francesco è un agricoltore, Valenti Francesco quasi incensurato ha sempre lavorato come i fratelli Pellegrino. Queste sono le persone che dovete giudicate, non per quello che sono, ma per quello che hanno fatto. Sicuramente voi non vi farete influenzare da nulla e rimarrete nel processo” In chiusura Bosio ha sottolineato l’estrema valenza del momento “che non è solo rituale ma un momento sostanziale di affermazione delle regole. Se si fanno dei buoni processi di migliora anche la società civile”.
L’intensa giornata di oggi ha concluso lo spazio dedicato alle difese, in attesa del 24 novembre giorno in cui è attesa la sentenza (Minacce in Riviera. Le richieste di pena del Pm Cavallone: quasi 50 anni di reclusione).