Minacce in Riviera: iniziata la discussione delle difese. Al centro il night “Grotta del Drago”
A prendere parola per primo, l’avvocato Alessandro Moroni, difensore di Attilio Bandiera, imputato accusato insieme ad altri, di favoreggiamento della prostituzione nel night club di Via Martiri a Sanremo la “Grotta del Drago”.
E’ tornato in aula, questa mattina, davanti al Collegio del tribunale di Sanremo (Paolo Luppi, presidente e giudici a latere: Lorenzo Purpura e Anna Bonsignorio) con la discussione delle difese il processo per minacce, tentata estorsione e favoreggiamento della prostituzione, che vede sul banco degli imputati 12 persone, soprattutto imprenditori del settore movimento terra della provincia di Imperia.
A prendere parola per primo, l’avvocato Alessandro Moroni, difensore di Attilio Bandiera, imputato accusato insieme ad altri, di favoreggiamento della prostituzione nel night club di Via Martiri a Sanremo “La Grotta del Drago”, nei confronti del quale l’accusa ha chiesto la condanna di 2 anni e 3 mesi di reclusione ed Euro 1200 di multa.
L’avvocato, citando alcune sentenze della Cassazione relativi a processi simili, ha cercato di contestare alcuni punti sostenuti nel corso della requisitoria del Pm Cavallone, sostenendo che all’interno del locale non si svolgesse alcuna forma di prostituzione, intesa nella norma richiamata (art.3 n.1) sostenendo quindi l’estraneità ai fatti del suo cliente. Riportando una serie di intercettazioni telefoniche, il difensore ha sostenuto che Bandiera, barista, svolgeva semplici mansioni annotando per esempio la retribuzione per il servizio svolto dai dipendenti, adempimenti di tipo materiali ch riguardano la gestione di un night e non una casa di appuntamento.
“La Grotta del Drago è una casa di prostituzione, o come sostengono i deputati "un luogo di intrattenimento notturno, per avere contatti umani. Oppure siamo di fronte ad una casa di prostituzione nei termini in cui la giurisprudenza intende? si tratta di capire se questa fenomeno è individuabile prima ancora di capire chi sia coinvolto. Non c’è un solo passaggio in cui qualcuno dica di aver fruito di una prestazione all’interno di quel locale.”
“Per quanto riguarda il concorso ipotetico dell’imputato all’attività di favoreggiamento della prostituzione – ha spiegato Moroni al Collegio – non mi pare che ci sia prova, al di là delle parole, che le ragazze al di fuori della struttura esercitassero attività di prostituzione o che ci sia la dimostrazione di un solo rapporto mercenario.
C’è prova che attesa che Bandiera fosse consapevole di quello che ancora oggi non è dimostrato e che le telefonate non dicono, e cioè che a livello di proposta potessero avere dei contatti esterni con i clienti del locale? Il Pm dimostra favoreggiamento alla prostituzione ma utilizza come elementi di prova intercettazioni relative partecipazione attività commerciale che però non dimostrano come all’interno si svolgesse attività di prostituzione”. Il difensore ha quindi chiesto l’assoluzione dell’imputato.
Dopo di lui, l’avvocato Vicenzo Icardi ha inziato il suo intevento a difesa degli imputati Paolo Staltari e Renato Bellicini (sempre nell’ambito del presunto reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione). L’avvocato ha ricordato le deposizioni e intercettazioni delle ragazze che lavoravano nel locale. "Il Pm ha sostenuto che si parlasse espressamente di denaro. Non vi è persona che parli di aver concretamente pagato e utilizzato in queste intercettazioni. Non troviamo alcuna ntercettazione di Staltari che attesta una pagamento alle ragazze per le attività svolte". Poi su Renato Bellicini: "non c’è stato un teste che ha parlato di lui. Solo 3 intercettazioni che lo riguardano e molto brevi". "Non sussistono elementi che possono portare a dichiariazione di colpevolezza di Bellicini e Staltari. Chiedo pertanto assoluzione perchè il fatto non sussiste".
L’Avvocato Fabrizio Spigarelli ha invece contestato la ricostruzione fatta dal Pm Cavallone rispetto alla sua assistita Maria Oltean, per la quale è stata richiesta la condanna ad anni 2 di reclusione ed E 1000 di multa sempre nell’ambito del favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione (in riferimento al night La Grotta del Drago).
“Ci sono degli aspetti che non corrispondono a quella che è stata la ricostruzione fatta dal Pm – ha esordito il difensore – Per l’accusa, la Oltean è una specie di “maitresse” e non una semplice barista”. Secondo la deposizione del capitano della Gdf Arianna Rovetto : “quando siamo entrati nel locale (la Grotta del Drago) abbiamo fatto riferimento alla Oltean perché era l’unica a cui fare riferimento in quel momento” quindi – ha sottolineato Spigarelli la Oltean era l’unica persona immediatamente individuabile dietro al bancone in quel momento”.
Dettagliata anche la disamina dell’avvocato Luca Ritzu per conto dell’assistito Giovanni Di Tano considerato dall’accusa il “direttore” del locale La Grotta del Drago per il quale è stata avanzata richiesta di pena di anni 2 e 1000 euro di multa. Ritzu ha sottolineato come nel materiale raccolto nei 4 mesi di indagine con oltre 9.000 telefonate trascritte, solo in 3 di queste (utilizzato dal Pm a sostegno della sua richiesta di condanna) riguardino Di Tano. L’avvocato ha ricordato l’estraneità dell’assistito alla gestione del locale, dal momento che l’assistito è titolare di una società di sicurezza all’interno dei locali, riportando alcune intercettazioni.
Nei documenti societari non risulterebbe il nome di Di Tano così come nell’attività di ispezione e perquisizione svolta dalla Guardia di Finanza. Di Tano dunque non si sarebbe occupato della gestione del locale. E ciò emergerebbe anche da una serie di telefonate trascritte: come quella tra Di Tano e Francesco Valenti, in cui lo stesso comunica all’amico di passare dal locale prima di andare a lavorare, oppure quando Di Tano suggerisce a Giovanni Pellegrino l’idea installare vasca idromassaggio all’interno del night ma come ha ribadito Ritzu "come variante o modo per differenziare una gestione ordinaria che nulla ricollega alla gestione di locale di prostituzione". Per Ritzu vi sarebbe quindi una scarsità di elementi probatori. Per questo l’avvocato ha chiesto l’assoluzione dell’assistito o il minimo della pena.