Sanremo: commemorazione dell’eccidio dei Partigiani di Bajardo in località Villa Junia

6 marzo 2011 | 16:53
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Sanremo: commemorazione dell’eccidio dei Partigiani di Bajardo in località Villa Junia
Sanremo: commemorazione dell’eccidio dei Partigiani di Bajardo in località Villa Junia
Sanremo: commemorazione dell’eccidio dei Partigiani di Bajardo in località Villa Junia
Sanremo: commemorazione dell’eccidio dei Partigiani di Bajardo in località Villa Junia
Sanremo: commemorazione dell’eccidio dei Partigiani di Bajardo in località Villa Junia
Sanremo: commemorazione dell’eccidio dei Partigiani di Bajardo in località Villa Junia

Il momento e il luogo sono valsi anche a commemorare il sacrificio dei 14 partigiani che nei giardini del Castello Devachan, in Corso Inglesi a Sanremo, prigione e luogo di tortura per i partigiani, all’alba del 5 marzo 1945, vennero fucilati

Con la presenza del Gonfalone della città di Sanremo e del Consigliere comunale Giacomo Balestra, dei rappresentanti del Comune di Bajardo e della presidente della sezione ANPI di Sanremo Amelia Narciso si è svolta oggi, domenica 6 Marzo 2011, alle ore 10 in località Villa Junia (Corso Inglesi) a Sanremo si è svolta la commemorazione dell’eccidio dei Partigiani di Bajardo che, con altri prigionieri, vennero fucilati dai nazifascisti in quel luogo, dopo essere stati torturati e costretti a scavarsi la fossa.

Dopo la deposizione di fiori sulla lapide, Enzo Napolitano, Consigliere del Comitato Provinciale ANPI e del Direttivo della sezione di Sanremo, ha tenuto il discorso commemorativo.
Il momento e il luogo sono valsi anche a commemorare il sacrificio dei 14 partigiani che nei giardini del Castello Devachan, in Corso Inglesi a Sanremo, prigione e luogo di tortura per i partigiani, all’alba del 5 marzo 1945, vennero fucilati e poi scaricati con il camion della nettezza urbana in una fossa comune del cimitero di Sanremo.

Note storiche
I Partigiani caduti a Villa Junia vennero fucilati in due tempi, a due – tre mesi dalla Liberazione: il 24/gennaio /1945 e il 12/febbraio/1945.Il 24/01/1954 vennero fucilati: Laura Giobatta (Paolo), Laura Luigi (Gino), Laura Mario (Mario), Laura Silvio (Antonio), e una vittima civile, Polizzi Silvestro.
Il 12/02/1945 vennero fucilati, sempre nei pressi di Villa Junia, Borgogno Renato (Caminito), e Donchio Francesco (Franz).
Racconta il fratello di uno di essi che i quattro Partigiani dal medesimo cognome, tutti facenti parte della locale banda di Bajardo, vennero catturati insieme a lui dai bersaglieri repubblichini il 17 gennaio 1945 e accusati di aver trasportato da Bajardo – Passo Ghimbegna – Vignai della farina, per rifornire i distaccamenti Partigiani operanti in montagna.
Vennero portati a Sanremo a Villa Negri, presso la Chiesa Russa, dove vi erano delle piccole celle: il nostro testimone, allora diciottenne, camminava faticosamente con delle rudimentali grucce, essendo rimasto ferito a Carmo Langan, quindi la sorveglianza per lui era meno rigida che per gli altri.

Questo fu, in un certo senso, la sua fortuna, perché il giorno che venne portato nell’ufficio per essere interrogato suonò l’allarme e i suoi carcerieri fuggirono nei rifugi, ed egli, con la forza della disperazione, riuscì a fuggire e a salvarsi.
I suoi compagni vennero portati prima a Villa Oberg, poi, sanguinanti per le torture subìte, in una fascia presso la Villa Junia: qui i bersaglieri repubblichini, che tanta ferocia mostrarono nella zona di Ceriana – Castelvittorio – Bajardo, li fucilarono, dopo averli obbligati a scavarsi la fossa.

Per gli altri Caduti, fucilati successivamente, si sa che Donchio era privo di una mano: i suoi aguzzini gli strapparono i vestiti affinché quel moncherino fosse scoperto e, mentre li portavano sul luogo dell’esecuzione, (come raccontò una donna che li vide passare) infierirono su di esso con una frusta, quella o una come quella conservata nel Museo della Resistenza di Carpasio.
Caduti al castello Devachan all’alba del 5 marzo 1945: Riccardo Scarpari (Foca), Francesco Foca (Bà), Francesco Bergonzo (Italo), Renato Dardanelli (Lucia), Carmelo Genova (Radio), Luigi Anfossi (Lio), Enrico Poggi (Sparviero), Antonio Palmissano (Burba), Guido Bendinelli (Toscano), Francesco Lanteri (Cecò), Emilio Cesarone (Anguilla), Secondo Lanteri (Carlo), Luigi Recagno (Alba), Beniamino Milani (Miliano).

Di seguito la commemorazione di Enzo Napolitano
“La memoria si indebolisce se non la si esercita”, questo citava, in un latino che io non conosco, Cicerone.
Anche oggi la nostra associazione si onora di ricordare quegli eventi drammatici e tristi che segnarono tratti eroici della storia di questa città.
Purtroppo non vi è strada o quartiere o frazione di Sanremo e di questa provincia che non ci rimandi ai tanti caduti della barbarie nazifascista.
Ricordiamo oggi, quindi, i compagni partigiani : Laura Giobatta, Laura Luigi, Laura Mario,Laura Silvio, Polizzi Silvestro e  successivamente il 12 febbraio, sempre nei pressi di Villa Junia : Borgogno Renato e Donchio Francesco.
Partigiani appartenenti a formazioni garibaldine di Bajardo, accusati di aver rifornito di viveri distaccamenti partigiani, catturati dalla soldataglia asservita e repubblichina, torturati e fucilati da quei miliziani che tanta ferocia mostrarono nelle nostre orgogliose valli, le stesse vallate che risalirono in fuga in disordine con disonore nel festoso aprile del 1945!!!! Non dimentichiamo che bellissime ville, quali il castello Devachan, villa Ober ed altre,stabili architettonicamente stupendi, patrimonio culturale della nostra città, in quel periodo evocavano ben più tristi pensieri: esse erano, infatti, i comandi dell’invasore nazista e del servo fascista!
E’ nostro compito commemorare e mantenere viva questa memoria affinché anche le generazioni che non hanno vissuto quel triste periodo, possano trarre da quei sacrifici un rinnovato impegno e amore per quello che rappresenta il massimo bene al quale un uomo possa aspirare: La Libertà, e La Pace nella Democrazia!
Questi concetti così semplici, sui quali tutti, a parole, ci diciamo sempre concordi, nascono dal sacrificio di uomini che hanno fortemente creduto, di coloro che hanno combattuto l’oppressione, di coloro che quella primavera di libertà hanno potuto festeggiare, ma soprattutto di quelli, i tanti, che hanno pagato con la vita!
I valori della resistenza ci uniscono al di là delle idee che ognuno professa, dei sentimenti religiosi o laici, tengono uniti sotto un’unica bandiera tutti coloro che condividono l’amore per la libertà, l’uguaglianza nel rispetto dei propri simili. Nessuno, dunque, può e deve sentirsi più patriota di altri al di fuori di questi saldi principi di diritto democratico. Che cos’è in fondo la resistenza se non amore per la liberà, per la democrazia, quel sancire senza SE e senza MA i diritti inalienabili dell’uomo, se non quel sogno che non divide un popolo ma fortemente lo unisce sotto un’unica bandiera.
Festeggiamo, quest’anno, i 150 anni d’ITALIA UNITA, e come ha detto il nostro Presidente della Repubblica lo vogliamo fare con serietà, con la stessa serietà con la quale l’ANPI si trova ad ogni appuntamento, nelle strade e nelle piazze, con la nostra memoria. Perché il risorgimento non fu solo un fatto politico, ma soprattutto una grande affermazione di eterni valori: di Umanità.
Dal 1789 anno della rivoluzione francese durante la quale si ruppe l’equilibrio della vecchia società europea, il risorgimento, rappresentò l’affermazione dei principi di libertà individuale e personale ed un primo albeggiare di coscienza nazionale. Il risorgimento è la coscienza che non esisteva solo un Italia geografica, ma anche un Italia storica destinata a diventare una nuova unità politica, a divenire uno Stato: con la stessa espressione politica, di valori, di aspirazioni per costituire un popolo libero e unito!
La resistenza ha recuperato quel filo spezzato durante il fascismo al fine di consegnare, non solo, un Paese finalmente riunito sotto un unica repubblicana bandiera, in libere elezioni che non vedevano più differenze tra uomini e donne, e quel bene più grande che è la nostra COSTITUZIONE ancora oggi baluardo di garanzia!
Ho il piacere di citare il discorso di Giorgio Bo in occasione del 17°anniversario della strage delle fosse Ardeatine: “ Le ragioni che portarono l’ Italia all’unità sono le stesse che la condussero, quasi un secolo più tardi,alla Resistenza e alla Liberazione, perché se il Risorgimento aveva, dopo lunghi secoli, ridato agli italiani una dignità morale, facendo sentire, a gente che pareva affondata in un torpido e scettico egoismo, la bellezza di un ideale per il quale si deve lottare e, quando occorra, morire, il grande moto della resistenza ha ridato all’Italia, dopo il ripudio definitivo della dittatura, Dignità, Onore e Vita!”
Purtroppo non vi è nulla di definitivo, la cultura democratica va coltivata con amore. Difficoltà economiche, pregiudizi e un  decadimento di valori fanno emergere ancora nuove paure e i rischi di una reale tenuta democratica.
Ancora oggi un rinnovato impegno a resistere contro nuove derive: resistono così gli operai che lottano per mantenere un posto di lavoro, gli studenti che pacificamente sono nelle piazze per mantenere i propri diritti allo studio e alla cultura. Resistono le categorie più deboli che pagano, più di altri,il prezzo di una crisi economica che non hanno cercato e della quale certamente non sono responsabili. Resistono coloro che chiedono un fisco più giusto e non pensano che un evasore fiscale sia un “esempio” da imitare.
A tutti coloro che la parola “moralismo” non l’affiancano a quello che debba essere rispetto dei giusti valori morali. Coloro che pensano che essere un uomo politico o un pubblico amministratore non possa essere una professione, semmai l’essere responsabilmente a disposizione della comunità! Resistono coloro che non pensano la legalità sia solo un dovere degli altri! Ma che il rispetto della legge sia un atto dovuto…e anche di qualche legge non scritta che riguarda la nostra coscienza!
Quindi ricordiamo il sacrificio di questi caduti in quel terribile inverno 44/45, quella triste storia italiana di rastrellamenti e di eccidi, con la consapevolezza che tutto questo non sia da consegnare solo all’archivio della storia, …”Questa non è quella roba vecchia che qualcuno ci vorrebbe fare credere!”… ma deve servire ancora di monito a noi e alle generazioni future: perché i popoli che dimenticano la propria storia sono tristemente condannati a ripercorrerla!!!
E visto che tra poco ci sarà un momento musicale di chitarra e violino, vorrei concludere con le parole di una canzone:
“Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e parole “
(Chiamami ancora amore. Roberto Vecchioni)