Miti e superstizioni in Liguria: la leggenda delle streghe di Triora nel racconto di Casalino

3 maggio 2010 | 05:24
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Miti e superstizioni in Liguria: la leggenda delle streghe di Triora nel racconto di Casalino

Nelle segrete dell’Inquisizione di Badalucco gli addetti alla tortura preparavano gli strumenti, mentre veniva allestito un grande tavolo al centro della sala, ricoperto di penne, di calamai e di carte.

All’alba del 19 settembre 1588 la mattina si annunciava limpida, come in genere sono le giornate del settembre ligure. Nelle segrete dell’Inquisizione di Badalucco gli addetti alla tortura preparavano gli strumenti, mentre veniva allestito un grande
tavolo al centro della sala, ricoperto di penne, di calamai e di carte. Una giornata triste, tuttavia, per Franca Borrello, strega in attesa di giudizio e accusata di infami rapporti con il Diavolo. Dopo lungo interrogatorio e atroci sofferenze, la povera donna fu riconosciuta colpevole e giustiziata.

Pur proclamandosi innocente nella disperazione dei suoi tormenti, fu infine vittima sacrificale della mentalità distorta dei suoi contemporanei. Alcune delle sue sventurate compagne in altre analoghe occasioni si lasciarono convincere a confessare, sotto la minaccia della forza, le loro scellerate gesta per sperare, invano, la salvezza della vita. Non fu così per le misere donne di Triora, che, come la Borrello, non ammisero le loro colpe e tentarono di sottrarsi al supplizio come Isotta Stella che si gettò da una finestra. Prima di morire per le ferite, la poveraccia finì per confessare in qualche modo e chiedere perdono a Dio. Storie crudeli e di superstizione che suscitano ancora oggi raccapriccio e vergogna.

La stregoneria in Liguria si sviluppò in montagna e lungo l’arco costiero delle due Riviere. Si trattò, peraltro, di un fenomeno più rurale che urbano. Non c’è dubbio che la stregoneria fosse figlia della miseria, la speranza di disperati e ribelli. Un frutto che nasce dove regnava la fame. Gli infelici contadini liguri, costretti a lavorare per gli aristocratici in condizioni di degrado e di difficoltà oggi inconcepibili, crearono nella loro coscienza ferita l’immaginario delle streghe.

Un’invenzione paradossale e grottesca, dunque, da spingere le genti della campagna a rivolgersi al tenebroso spirito del male, convinti di ricevere così quei benefici che non potevano speravano di ricevere dai santi. Dall’aumento della ricchezza sorgeva come un moto spontaneo l’invidia nei confronti dei vicini, dei compagni o dei parenti. Un atteggiamento fondato sulla convinzione ingiustificata e irrazionale che i più favoriti fossero aiutati dalle streghe, che facevano lavorare i loro terreni dai diavoli, provocando la mancanza di fertilità dei campi altrui.

La povertà dell’entroterra ligure era notevole: malattie e altre calamità eliminavano adulti e bambini e indeboliva le energie della forza lavoro, non più in grado di procurare cibo alla famiglia. La stregoneria divenne un male necessario. Streghe, maghi, diavoli, fate, ora buone ora malvagie, popolarono la fantasia dei miseri.

A Triora, ad esempio, in località Cabotino, si generò la credenza che le streghe giocassero a palla "con bambini in fasce, palleggiandoseli da un albero all’altro", mentre a Ventimiglia si riteneva che le oscure figlie del diavolo avessero costruito la "Pria Margunaira". Per preservarsi dai loro sortilegi ogni anno la gente di Triora, alla vigilia del 24 giugno, festa di San Giovanni Battista, era solita accendere falò sul monte Ceppo, per invocare la protezione del Santo contro Satana e le sue demoniache seguaci e porle in fuga. Il linguaggio magico evocava gli incantesimi e i malefici orditi delle streghe.

Se si esplora l’inconscio mondo delle leggende liguri sulle streghe, se ne coglie il significato più autentico. Nella tradizione ligure le fate cattive erano dette "Foé" o "Fa^je" e venivano raffigurate come donne piccine, simili ai folletti dei racconti popolari inglesi e tedeschi. Le"Foé" erano considerate possedute da spiriti maligni, proiettati dalla mente infantile, prima della maturazione dei caratteri della personalità adulti.

Quando tali tratti si saranno manifestati le donne-nano si trasformeranno in spiriti maligni. Presso le popolazioni liguri c’era, inoltre, la credenza che la lucertola a due code, ricca di simbologie femminili, portasse fortuna. La lucertola, considerata un "animale magico", ricordava la Sfinge, che custodiva tesori nascosti da elargire, anche suggerendo numeri al lotto e predicendo iniziative volte al guadagno di denaro.