Credenze popolari liguri
Se i sanremesi erano convinti dell’esistenza della strega Maciucia (maire Maciucia), i rivieraschi di Porto Maurizio credevano che il diavolo, sul colle che dal passo di Vena termina in mare tra il torrente Prino e San Lorenzo, tentasse Santa Brigida
Se i sanremesi erano convinti dell’esistenza della strega Maciucia (maire Maciucia), i rivieraschi di Porto Maurizio credevano che il diavolo, sul colle che dal passo di Vena termina in mare tra il torrente Prino e San Lorenzo, tentasse Santa Brigida. Ci sono poi notizie di una famosa "stria" di Ventimiglia, al cui apparire, nel sobborgo di Sant’Agostino, la gente fuggisse gridando: "uh! A stria! Daghe a stria!". La donna, "vecchia, piccola, rugosa e brutta assai", aveva il potere di "spargere malie". La sventurata, peraltro incolpevole di tali sciagure, sarebbe stata uccisa da un oste, convinto che dipendesse da lei la morte del suo figlioletto. Gli abitanti di Albissola, a loro volta, immaginarono che alcuni diavoli, su ordine di Satana, avessero trasportato proprio dalle loro parti Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso Terrestre, mentre i cittadini di Ameglia (La Spezia) favoleggiavano che un dragone dimorasse in una grotta vicino a Punta Bianca. I liguri del XVI e XVII secolo ritenevano, inoltre. che medici, barbieri e becchini esercitassero arti magiche e che pure i preti fossero maghi. I medici, perché la loro arte era connessa con la magia, i barbieri perché erano in contatto con scarti del corpo umano, i becchini perché trattavano direttamente con la morte. Molte leggende, come quelle del finalese, lo attestano ancora ai giorni nostri. Del resto un aspetto dell’influenza della stregoneria e della magia nella vita ligure si rinviene persino nella pittura di taluni nostri grandi artisti del XVII e XVIII secolo, appartenenti al cosiddetto "filone magico" come, ad esempio, G.B. Castiglione, noto come il Grechetto, e Alessandro Magnasco, entrambi genovesi. La stessa vita popolare minuta ci riporta alla memoria certe imprecazioni che, se non sempre erano pronunciate con intenzioni cattive, tuttavia si avvicinavano molto alla forma maldicente. In primo luogo quelle specie di ammonimenti, altrove detti "guai", che risuonavano a maledizione verso certi paventati rovesciamenti del modo di vivere, che conservano uno strano e curioso sapore d’attualità.
Pierluigi Casalino.