Carceri, esplodono i penitenziari della Liguria: quasi 1.750 detenuti e oltre 400 agenti in meno

19 aprile 2010 | 12:31
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Carceri, esplodono i penitenziari della Liguria: quasi 1.750 detenuti e oltre 400 agenti in meno

Tutte le carceri liguri sovraffollate: a Marassi oltre 760 detenuti presenti per 435 posti letto: preoccupazione del Sappe per periodo estivo

Liguria penitenziaria, record di detenuti presenti. E sono molte le preoccupazioni per quello che potrà accadere nelle carceri nei prossimi mesi estivi, se non si interverrà con urgenza per sanare le criticità del sistema. E’ quando denuncia il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, la prima e più rappresentativa Organizzazione di Categoria, che ha inviato a tutti i parlamentari eletti in Liguria ed ai ‘neo’ Consiglieri Regionali una nota con indicate le gravi problematiche operative dei Baschi Azzurri della Penitenziaria. "I numeri sono estremamente chiari ed allarmanti allo stesso tempo e impongono l’urgente necessità di assumere
provvedimenti, come lo sfollamento delle strutture sovraffollate e la diramazione di un interpello straordinario nazionale per disporre l’invio di personale di Polizia in missione provenienti da altre sedi penitenziarie, in analogia a quanto già avviene per sedi altrettanto carenti come quelli regionali. Ma a chiedere queste cose è solo il Sindacato. .", spiega Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto e commissario straordinario per la Liguria del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe. "Ogni giorno aumenta la presenza di detenuti, oggi arrivati ad essere quasi 1.750 stipati in strutture idonee ad ospitarne poco più di mille e 100, controllati da un Personale di Polizia Penitenziaria stanco e stressato che registra la carenza di ben 400 agenti rispetto alle piante organiche previste. I detenuti presenti sono complessivamente più imputati che condannati con sentenza definitiva, per un 60% sono stranieri ed in Liguria si registra anche la percentuale più alta a livello nazionale di detenuti tossicodipendenti (circa il 40% dei presenti rispetto ad una media nazionale del 25%). E se continua questo trend di ingressi in carcere, c’è il rischio che nei mesi estivi le carceri diventeranno roventi ed a rischio rivolte, con i soli poliziotti penitenziari – sempre più sotto organico – nella
prima linea delle sezioni detentive a gestire le tensioni e le situazioni di pericolo. Il nostro è dunque un grido d’allarme: muovetevi prima che la situazione diventi ingestibile!".
Martinelli, nel ricordare l’"apprezzamento" già espresso dal Sappe all’annunciato piano carceri del Governo, sottolinea che "se il carcere è in larga misura destinato a raccogliere il disagio sociale, è evidente come la società dei reclusi non possa che essere lo specchio della società degli uomini liberi. In altri termini, sembra che lo Stato badi solo ad assicurare il contenimento all’interno delle strutture penitenziarie. E’ giunta l’ora di ripensare la repressione penale mettendo da un lato i fatti ritenuti di un disvalore sociale di tale gravità da imporre una reazione dello Stato con la misura estrema che è il carcere, e dall’altro, anche
mantenendo la rilevanza penale, indicare le condotte per le quali non è necessario il carcere (ipotizzando sanzioni diverse). E’ chiaro che una opzione di questo tipo dovrebbe ridisegnare il sistema a partire dalle norme in materia di immigrazione e dalla individuazione delle risorse per affrontare il tema delle dipendenze e dei disturbi mentali fuori dal carcere. Rispetto ad una situazione così dirompente per l’organizzazione penitenziaria è necessario interrogarsi su che cosa fare e quali iniziative intraprendere. Riteniamo che la politica debba dare delle risposte certe ed immediate. Il piano carceri è una prima e importante risposta, ma bisogna fare ancora di più. Una attenta analisi consente di affermare che un numero rilevante di detenuti fa ingresso in carcere per fattispecie minori, di non particolare gravità e che non appaiono per nulla "allarmanti socialmente". Una riflessione equilibrata sulle norme penali che producono carcere e che non comportano un reale ritorno in termini di soddisfazione delle istanze di sicurezza potrebbe condurre ad interventi normativi, secondo valutazioni da fare caso per caso, che possono essere orientati verso forme di depenalizzazione, oppure verso l’introduzione di sanzioni o misure cautelari (obbligatoriamente) alternative al carcere. Il fenomeno implica, inoltre, una necessaria discussione sui tempi del processo (che certamente incidono
notevolmente sulle vicende della custodia) e sul rapporto tra la custodia cautelare e il dibattimento. In un momento in cui si riconoscono una situazione di emergenza e una condizione di detenzione che non garantisce la dignità della persona e l’umanità
della pena e si pensa alla costruzione di nuovi spazi detentivi, non si può non riflettere sui modelli di custodia e sui necessari interventi nella organizzazione della detenzione. Non è solo risolvendo il problema del sovraffollamento (se e quando si risolverà), che si migliorerà la qualità del tempo che le persone trascorrono in carcere".