L’intervento del Vescovo, Mons. Alberto Maria Careggio, in occasione della Gmg Diocesana

“Signore Gesù, al termine di questa veglia di riflessione e di preghiera, ti diciamo grazie per l’amicizia che ci doni. Apparteniamo alla schiera di coloro che hai chiamato a seguirti, ponendo su ognuno di noi il tuo sguardo penetrante e suasivo”
Si è svolto, sabato scorso, 27 marzo, presso l’Oratorio don Bosco – Parrocchia di Maria Ausiliatrice a Vallecrosia, dai Salesiani, un Incontro – Preghiera per tutti i giovani della Diocesi di Ventimiglia – Sanremo. Ecco l’intervento di Sua Eccellenza, Mons. Vescovo, Albertro Maria Careggio:
Signore Gesù, al termine di questa veglia di riflessione e di preghiera, ti diciamo grazie per l’amicizia che ci doni. Apparteniamo alla schiera di coloro che hai chiamato a seguirti, ponendo su ognuno di noi il tuo sguardo penetrante e suasivo. Sì, ci hai voluto chiamare amici, perché sei buono. Tu solo sei Dio e fonte fresca, zampillante, della vita. Ce ne vuoi fare partecipi, come hai detto: «Io sono venuto perché abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).
Nel cuore di ognuno di noi, insopprimibile, alberga questa domanda: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?» (Mc 10,17): è la stessa che, anche questa sera, ci siamo posti. Forse a qualcuno non importa che sia “eterna”, ma che sia, soprattutto, “vera”. Tu ci dici che “vera” è soltanto quella eterna.
Abbiamo moltiplicato i nostri modi di essere ed i nostri atteggiamenti verso la vita: c’è una vita randagia, senza meta e senza senso, la cosiddetta “vita da cani”; c’è quella che diciamo “bella” o “beata” e, accanto, quella “inquieta”, la “malavita” o la “doppia vita”. Non dimentichiamo neppure che la vita può essere tanto “privata”, quanto “pubblica”; tanto “latente” e “apparente”, quanto “reale”. Accanto alla vita che definiamo “attiva”, vi è l’altra che chiamiamo “contemplativa”… A questo punto potrei anche tacere, oppure parlare davanti alla tua misericordia per dirti, come Sant’Agostino, che «ignoro donde venni qui, a questa, come chiamarla, vita mortale o morte vitale» (S. AGOSTINO, Le Confessioni, 1,6.7).
Anch’io, come il grande Santo, sono sempre più una domanda. Il nostro vero paradosso umano è ignorare chi siamo. Con la tua esistenza di amore mi fai capire che di vita vera ce n’è una sola ed è la tua che porta il sigillo del dono, della comunione, della partecipazione. In te, la mia diventa grande e irripetibile. Di questa tu sei soffio vitale: un soffio d’amore. Perché la possa avere e vivere in pienezza, non hai esitato a dare per me tutto te stesso, fino all’ultima goccia di sangue: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,14).
O Signore, ora conosco che quello che importa non è tanto divenire ciò che si è, quanto essere ciò che si è diventati. Tu hai posto il tuo sguardo su di me, meschino e peccatore, e mi hai chiamato per diventare “perfetto”. Lo sono, perché il mio desiderio è quello di accogliere il tuo invito, rispondere alla tua chiamata, riporre solo in te le ricchezze del tuo dono. Sono grande agli occhi tuoi!
In questa straordinaria avventura della vita, hai dato a tutti noi la forza di arrischiare, di mettere in campo le nostre più belle energie, di non cedere alla paura o alla vigliaccheria nel fare quelle cose grandi agli occhi tuoi. Solo il coraggio apre agli slanci verso straordinarie avventure di bene. In tal senso, Giovanni Paolo II poteva scrivere ai giovani: «Non accontentatevi di esperienze banali, non date credito a chi ve le propone. Abbiate fiducia nella vita ed aprite il cuore a Cristo, Vita che vince la morte! Gesù risuscitato si fa nostro cibo nell’Eucaristia e ci introduce fin d’ora nella vita immortale, fornendoci la garanzia di poterla un giorno realizzare in pienezza e per sempre. Da tale certezza deriva il coraggio di affrontare ogni difficoltà e di fare dell’esistenza un dono senza riserve per Iddio e per il prossimo. È questa una straordinaria avventura; non possiamo però condurla a termine da soli. Per questo Gesù ha voluto la Chiesa, suo Corpo mistico e popolo della Nuova Alleanza» (GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai giovani romani, 8 settembre 1997).
Ma che cosa di più bello e grande ci hai dato, o Signore, di un cuore capace di amare? Tra le tante definizioni che sono state date dell’uomo, una delle più profonde e felici mi pare questa: l’uomo è «una libertà chiamata a decidersi per l’amore» (A. VALLECCHI, Giudicare da sé, Torino 1973, p. 89). Amare è avere il senso dell’altro: è scoprire che la mia vita non è un universo verso cui tutto deve narcisisticamente convergere. Soltanto Tu, o Signore, che sei “Amore”, amore vero, ci fai scoprire che amare è donare ciò che si è, senza riserve, senza calcoli, senza pretese di essere ricambiati. Ti ringraziamo per averci fatto capire che solo l’amore fa crescere la vita e, se ne siamo innamorati, l’aridità ed il senso del nulla non avranno mai il sopravvento.
Anch’io, come il giovane S. Anselmo di Aosta, dico: «Mi sia concesso di guardare in alto la tua luce, anche solo da lontano, anche solo dall’abisso. Insegnami a cercarti e mostrati a chi ti cerca, perché non posso cercarti, se tu non me lo insegni, né trovarti, se tu non ti mostri. Che io ti cerchi desiderandoti e ti desideri cercandoti. Che io ti trovi amandoti e ti ami cercandoti» (S. ANSELMO, Proslogion,1).
Signore, io credo che sei presente non soltanto negli splendidi tabernacoli delle chiese, ma anche nel cuore dei credenti e soprattutto dei giovani come quelli che questa sera ti stanno di fronte. Sei visibile nella gioia di tutti coloro che ti hanno scoperto e, seppur tra mille difficoltà, ti testimoniano con la coerenza della propria vita e con il servizio della carità. Gesù, sei nel cuore delle nostre provvide mamme e dei saggi padri; sei accanto a quelle persone che soffrono nel loro corpo e nel loro spirito e non possono più godere di quegli spazi di libertà che la strada pur loro dava; sei accanto a tutte quelle persone che fuggono, assorbite dal loro lavoro e dai loro affari, distrutte forse da quel “lucro fangoso che a stringerlo insozza le mani” (S. AGOSTINO, Conf. 5,12,22); sei vicino a chi è lontano dalla fede, a chi non conosce la strada della Chiesa, ma s’interroga in mille modi sul senso della propria esistenza e sul destino dell’uomo; ti accompagni anche, in modo particolare, a quei giovani inquieti che sono alla ricerca di sensazioni e di amicizia, nell’inconscio desiderio di respirare – come confessava Sant’Agostino – l’aria limpida e pura della libertà e della verità (cfr. Ivi 5,11,21). Sulle nostre strade tu passi continuamente, prendendo su di te tutti i dubbi, le sofferenze, le angosce e le speranze di un’umanità che vive fra i tempi, quello di un passato che non possiede più, e quello di un futuro che ancora non conosce.
Signore, ho capito che tanto la vita, quanto la giovinezza, sono beni troppo preziosi per essere sciupati anche solo in minima parte. Tu hai bisogno di me e mi chiami per nome. Fa’ che, tra le mille voci del mondo, io sappia sempre riconoscere la tua che è quella del cuore e che mi dice: avanti, vieni e seguimi, se vuoi essere perfetto e cogliere la vita a piene mani.
+Alberto Maria Careggio