Vito Mancuso e Roberto Vecchioni aprono la stagione invernale dei Martedì Letterari

8 gennaio 2010 | 10:08
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Vito Mancuso e Roberto Vecchioni aprono la stagione invernale dei Martedì Letterari

Martedì 19 Gennaio 2010 i Martedì letterari ospitano un importante convegno che riafferma la centralità dell’Istituto Internazionale di Diritto umanitario di Sanremo nel quadro della cooperazione tra stati

Il 12 Gennaio Vito Mancuso con il libro:”La vita autentica” Che cosa fa di un uomo un vero uomo” e Roberto Vecchioni  con l’opera “Scacco a Dio”. Le storie ribelli di chi vuole essere altro da sé”. apriranno la stagione invernale dei “Martedi’ letterari” nel Teatro dell’Opera del casinò di Sanremo alle ore 16.30. Introduce gli autori Ito Ruscigni.

Da il quotidiano “La Repubblica”

Breve guida alla vita autentica (Vito Mancuso)

È una dimensione dell´esistenza, uno dei rari concetti che può definire una persona
Ci si consegna a qualcosa più grande di sé acquisendo una peculiarità personale
Già con le opere d´arte l´autenticità è una questione complessa: quel crocifisso sarà veramente di Michelangelo? quei due brani saranno davvero inediti mozartiani? Spesso si accendono discussioni infuocate, ma quasi mai si riesce a stabilire chi ha ragione. Un´eccezione abbastanza spassosa si ebbe a metà degli anni Ottanta a proposito di alcune sculture a forma di teste umane ritrovate a Livorno e presto attribuite a Modigliani dai maggiori critici, e che invece poi si scoprì essere una burla ottimamente congegnata.
Ma se è complessa per gli oggetti, tanto più la questione dell´autenticità lo è per la vita, notoriamente ben poco oggettivabile. A questo proposito io mi chiedo se esista, e quale sia, il criterio dell´autenticità di una vita, e spiego ciò che intendo con una celebre pagina di Shakespeare. La battaglia di Filippi si è conclusa, i capi dei congiurati sono morti, l´assassinio di Cesare è finalmente vendicato. Nel vedere il cadavere di Bruto però, Antonio dichiara: «Gli elementi erano così composti in lui che la natura potrebbe levarsi e proclamare a tutto il mondo: Questo era un uomo!" (Giulio Cesare, 5, 5). Antonio aveva mosso guerra a Bruto fin dal primo istante, ma ora di fronte al suo cadavere sente salire dentro di sé un irresistibile senso di rispetto: «Questo era un uomo!». Io mi chiedo quale sia quella qualità che, persino di fronte a un nemico mortale, ci fa sentire in presenza di "un uomo", mentre in assenza della quale, anche con un amico o un alleato, avvertiamo di essere in presenza di uno spirito servile. Mi chiedo che cosa fa di un uomo "un vero uomo". È questo che intendo con "autenticità della vita", ed è questo l´oggetto che vado a indagare (…).
L´autenticità è una dimensione sintetica dell´esistenza, uno di quei rari concetti che può servire da sigla complessiva per definire un uomo per quello che veramente è, al di là di quello che possiede, di quello che sa, e anche al di là di quello che compie. Che un uomo non sia autentico grazie alle sue ricchezze o alla sua erudizione, penso non ci sia bisogno di rimarcare. Ma io aggiungo che non bastano neppure le azioni, perché persino dietro atti eroici e gesti sublimi di carità ci può essere solo narcisismo. Lo sottolineava già san Paolo: «Se anche dessi in cibo tutti i miei beni ma non avessi l´amore, a nulla mi servirebbe».
Io ritengo che nella pienezza del concetto di autenticità siano presenti due dimensioni, una soggettiva e una oggettiva. La prima riguarda il rapporto del soggetto con se stesso e si traduce in genuinità, spontaneità, schiettezza. La seconda riguarda il rapporto del soggetto con gli altri e si traduce in sincerità, onestà, fedeltà, giustizia. Mi soffermo anzitutto sul livello soggettivo dell´autenticità. Dato che ogni essere umano è in se stesso interiorità ed esteriorità, la situazione di autenticità soggettiva si ha quando tra l´esteriorità (le parole che uno dice, le azioni che uno compie) e l´interiorità (le intenzioni che lo animano, i sentimenti che prova davvero) c´è armonia. Un uomo così dice quello che pensa, compie quello che crede, sente davvero quello che manifesta. Ognuno di noi infatti è abitato da una duplice melodia: una melodia interiore che risuona da sé quasi in modo necessario («per l´uomo il carattere è il suo destino», diceva Eraclito) e una melodia esteriore che eseguiamo consapevolmente in relazione agli altri con le parole, le azioni, i sorrisi, i silenzi e le altre consuete cerimonie quotidiane. Ognuno contiene una sorta di polifonia: da un lato il canto fermo o basso continuo rappresentato dalla musica che scaturisce dal temperamento personale indipendentemente dalla volontà, e dall´altro il motivo dominante, più acuto, più elaborato, dato dalle azioni e dalle parole volontarie, che si sovrappone al basso continuo del temperamento. Quando tra i due motivi c´è armonia, siamo in presenza di una persona soggettivamente autentica, e questo è ciò che io definisco il primo livello dell´autenticità umana.
Esso però non basta perché esiste una seconda dimensione della vita autentica, che concerne la qualità oggettiva della prospettiva per la quale si vive. Un uomo infatti al proprio interno può essere del tutto autentico, ma tuttavia vivere per un ideale sbagliato. Il caso esemplare è il fanatismo, politico o religioso. Abbiamo a che fare con veri e propri asceti, nessun dubbio al riguardo, ma asceti dell´idiozia, talora persino del crimine. È probabile che Osama Bin Laden (una specie di Bruto alla potenza) sia soggettivamente del tutto autentico, così fedele al suo ideale da rischiare ogni giorno la vita, per di più senza festini, né ville, né escort, solo un mitra e una copia del Corano. Forse anche Hitler era così soggettivamente irreprensibile, forse anche Lenin e Stalin, forse anche i brigatisti rossi e neri. Forse anche Torquemada, il fondatore dell´Inquisizione spagnola, era soggettivamente autentico, e forse lo era anche san Roberto Bellarmino, cardinale e dottore della Chiesa, che fece bruciare vivo Giordano Bruno perché non aveva abiurato e anni dopo risparmiò l´anziano Galileo perché invece aveva abiurato, e forse lo è anche l´attuale vescovo di Recife in Brasile che ha scomunicato la madre di una bambina di 9 anni per aver autorizzato l´aborto sulla figlia in pericolo di vita perché incinta (di due gemelli) in seguito alle violenze del patrigno. Tutti uomini soggettivamente autentici. Ma l´ideale a cui un uomo è fedele può essere distruttivo per gli altri e una prigione per lui. Occorre quindi un secondo livello per una vita realmente autentica, il livello che concerne la qualità dell´ideale che attrae e modella l´energia vitale. A questo riguardo annotava Marco Aurelio: «Ognuno vale tanto quanto le cose a cui si interessa». Parole corrispondenti a quelle del suo quasi contemporaneo Gesù di Nazaret: «Dov´è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore».
A questo secondo livello il concetto di autenticità rimanda a una specie di permanente tensione di tutto noi stessi verso la verità o (che è lo stesso alla luce del concetto relazionale di verità) verso la giustizia. Si tratta di una tensione che conduce il soggetto a uscire da sé superando i suoi interessi immediati, compresi quelli del partito o movimento o chiesa in cui milita, a cui non sacrificherà mai la sua onestà intellettuale, a cui non venderà mai la sua anima. La fedeltà alla verità e alla giustizia è per lui l´unica stella polare. In questa uscita da sé il soggetto però non si perde, ma si ritrova a un livello più profondo, e si compie divenendo un vero uomo. È la vita autentica. Il vero uomo è colui che ha trovato qualcosa più grande di sé per cui vivere, ma che proprio per questo acquisisce un timbro personale inconfondibile. Si consegna a qualcosa più grande, ma lungi dall´alienarsi diviene veramente se stesso, acquisendo una peculiarità personale per descrivere la quale ricorro ancora una volta a Shakespeare: «Dammi quell´uomo che non è schiavo della passione, ed io lo porterò nell´intimo del mio cuore, sì, nel cuore del mio cuore» (Amleto, 3,2).
Vito Mancuso è docente di Teologia presso la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano ed editorialista de “La Repubblica”. Nato il 9 dicembre 1962 a Carate Brianza da genitori siciliani, è dottore in teologia sistematica. Dei tre gradi accademici del corso teologico, ha conseguito il Baccellierato presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale di Milano, la Licenza presso la Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale San Tommaso d’Aquino di Napoli, il Dottorato a Roma presso la Pontificia Università Lateranense.

Scacco a Dio  di Roberto Vecchioni

E se un giorno Dio, in piena crisi esistenziale, si travestisse da pittore del Rinascimento o da chitarrista rock, da trapezista o da cortigiana, per cercare di comprendere gli uomini, quelle sue creature ribelli che ormai gli sembra di non capire più?
Così infatti si presenta il Creatore davanti a Teliqalipukt, il «suo primo consigliere», una specie di angelo mandato sulla terra con lo scopo di seguire gli uomini per poterli poi raccontare ai «piccoli immortali, i suoi allievi». E proprio a lui Dio chiede di spiegarglieli, gli uomini, lui che li ha conosciuti da vicino.
Inizia così una sorta di «terapia» in cui Teliqalipukt (vecchia conoscenza dei lettori di Roberto Vecchioni), di seduta in seduta, si fa cantastorie per Dio. Da Catullo a JFK, passando per Shakespeare e Federico II, i protagonisti dei racconti – che danno forma a un unico romanzo – sono accomunati dalla volontà di ribellarsi a un destino che appare già segnato.
E così scopriamo che Oscar Wilde dopo anni di carcere vive sotto falso nome nel nord della Francia; che il matematico Évariste Galois muore in duello non a causa di una donna ma per il risultato sconvolgente delle sue ricerche; che sir Alec Guinness si converte dopo uno strano colloquio in una chiesa durante le riprese del film in cui veste i panni di padre Brown; che il campione del mondo di scacchi Capablanca non ha perso il suo titolo come credevamo.
Roberto Vecchioni torna a emozionarci con la sua affabulazione rapinosa e lieve, con le sue storie un po’ sghembe capaci di cogliere e svelare, d’incanto, gli abissi dell’animo umano.
"Sembra quasi che lo facciano per farmi dispetto, gli uomini: arrivati a un certo punto è come se s’incidessero un’altra linea della vita sulla mano. No, non parlo di peccati, quelli son minuzie: dico il corso del loro destino. È come se in un’immaginaria scacchiera non accettassero più le diagonali di un alfiere, i salti di un cavallo, le rette di una torre. E spacciano questa falsa libertà per uno scacco a me, uno scacco a Dio. Ecco cosa mi tormenta e cosa voglio capire: dove ho sbagliato"?

Roberto Vecchioni, cantautore e scrittore. In “Scacco a Dio” racconta attraverso i personaggi un pò di sè, interrogandosi sull’esistenza di Dio, sul valore della fede. Sul perchè qualcosa di così grande, non si vede e non si sente. Anche se sei disposto a barattare la tua stessa vita in cambio di un segno..
Francesco Rigatelli, giornalista di Repubblica, ha intervistato il Prof. Vecchioni per parlare del libro e del suo significato. E per parlare di lui:
Lei è stato assistente di Storia delle Religioni dopo la laurea nel ‘68 in Lettere alla Cattolica di Milano. Nasce lì la sua ricerca teologica? «Il mio Dio non è di quelle divinità create o ricercate dagli uomini per salvarsi la vita. Questo libro comicamente teologico è una ricerca personale sulle domande banali: Dio esiste? Cos’è la fede? C’è il libero arbitrio? Nel testo Dio risponde e dimostra di esistere tramite una sua distrazione, il caso, che permette agli uomini di dargli scacco liberamente».
Lei teorizza che Dio non merita solo l’anima ma la vita, che offrirgli la prima è da miserabili mentre dargli la seconda è tutta un’altra nobiltà. «Tra i personaggi che nel libro incontrano Dio, da Oscar Wilde a Kennedy, c’è il grande attore ateo Alec Guinness, che diventa cristiano quando in una chiesa gli rivelano che il figlio morente è guarito. Così lui non offre in cambio a Dio la sua anima, che non vale una goccia del nostro sudore e lacrime, ma la sua vita. Lo farei anch’io se mio figlio guarisse».
Che cos’ha? «Una malattia grave fin dai 13 anni. Ma tutto serve a porsi le grandi domande per cercare la fede con la ragione. Una prova dell’esistenza di Dio più grande».
L’uomo ha qualche motivo di ottimismo? «L’unica fonte di ottimismo è l’amore: significa esternazione di noi per tutto: i libri come la vita».
E’ compreso anche l’amore per le parole? «Sì, è l’espressione più alta dell’intelligenza e della spiritualità. Meglio scrivere un libro che una canzone, perché ogni parola è una scelta e dove ne stanno meno occorre più attenzione. Chi ci si vuole impegnare meglio lo faccia dignitosamente come secondo lavoro che rischiare di finire a X Factor, con canzoni costruite da altri per un breve successo di massa».
La salvezza sta nell’educazione del pubblico? «Nell’eccezione dell’educazione. Nel portare a riconoscere la bellezza attraverso la scuola. Ma bisognerebbe motivare gli insegnanti. Poi per me, sinceramente, non vanno bene né tv, né libri, né musica, né cinema, ma solo gradualmente si arriva al cambiamento. Quello che mi offende nella comunicazione è la banalità. Che un ragazzo di 16 anni debba apprezzare qualcosa solo perché lo sa già».
…futuro, dunque giovani. Nei concerti lei dedica ancora Sogna, ragazzo sogna ai ragazzi. Ma li accusa di «aver perso forza di volontà e di sacrificio. Senza sognare, diventano subito vecchi rincoglioniti». Pure dimostrano quella nostalgia del passato presente nelle sue canzoni. Che ne pensa? «Ne conosco tanti per cui il ricordo è più bello della realtà. Dicono “quella ragazza”, quasi l’avessero incontrata vent’anni fa. La conoscono da due mesi ed è già idealizzata, portata lassù, perfezionata. Succede ai giovani contemporanei, perché non c’é granché di bello nel presente. E qualche volta capita pure a me».

Martedì 19 Gennaio 2010 i Martedì letterari ospitano un importante convegno che riafferma la centralità dell’Istituto Internazionale di Diritto umanitario di Sanremo nel quadro della cooperazione tra stati. In collaborazione con l’Istituto internazionale di Diritto Umanitario e con l’Assessore al Turismo e alla Cultura del Comune di Sanremo si svolgerà, infatti,   l’incontro-dibattito “Leggi dell’umanità e diplomazia tra Ginevra e Sanremo. La cooperazione Italo – Svizzera alla villa Ormond.
Partecipano l’Ambasciatore Boris Biancheri, il magistrato Ugo Genesio, l’ambasciatore Maurizio Moreno, presidente dell’Istituto internazionale di Diritto Umanitario, membro del Comitato della Croce Rossa Arianne Reverdin, il presidente della Croce Rossa Italiana Cornelio Sommaruga,  la professoressa Maria Teresa Verda Scajola, storico dell’arte.
Verrà proiettato un documentario sull’attività dell’istituto e al termine della conferenza è stata organizzata una visita con rinfresco a villa Ormond, sede dell’Istituto Internazionale di Diritto Umanitario di Sanremo.